Alcol e idoneità alla guida: come non restare con il cerino in mano?

Alcol e idoneità alla guida: come non restare con il cerino in mano?

a cura del

Gruppo di Interesse SITD per la Responsabilità Professionale (Valeria Zavan, Lorenzo Somaini, Mariagrazia Fasoli, Pietro Casella)

(Questo articolo è in evoluzione sulla base delle osservazioni dei lettori e degli aggiornamenti scientifici e normativi)

Gli automobilisti inviati alle Commissioni Mediche Locali perchè colti al volante con alcolemia superiore al consentito sanno bene che gli accertamenti che vengono loro richiesti (e spesso anche le conclusioni che ne vengono tratte), possono essere molto diversi nei diversi territori. Tra questi accertamenti a volte c’è (e altre volte no) anche una valutazione da parte dei Servizi per le Dipendenze (SERD). Anche le procedure e le risposte dei SERD possono essere molto diverse. A volte il cittadino viene valutato da un servizio specifico per l’alcologia (anche se, per la verità, a questa area clinica non corrisponde nessuna disciplina o specialità legalmente riconosciuta). Altre volte no. In alcuni casi il malcapitato automobilista viene sottoposto a complesse valutazioni multidisciplinari, a numerosi esami tossicologici e viene costretto a seguire corsi di rieducazione socio-sanitaria prima di ottenere la relazione richiesta dalla Commissione. In altri no. E tutto ciò avviene totalmente a spese del cittadino – lavoratore. Non c’è quindi da stupirsi se l’intera organizzazione è frequentemente oggetto di perplessità, critiche, ricorsi e contenziosi, a volte anche violenti. Tali incongruenze, tuttavia, si spiegano facilmente con il fatto che il legislatore richiede alla Commissione (e la commissione, se lo ritiene utile, richiede al SERD) valutazioni di per sè molto complesse sul comportamento futuro dell’interessato e, per di più estremamente difficili da effettuare senza la sua collaborazione. Collaborazione che, dati i diversi obiettivi degli attori coinvolti (e posto che nessun tacchino può essere costretto a festeggiare il Natale), in molti casi manca del tutto

Recentemente la Società Scientifica dei Medici Legali delle Aziende Sanitarie del SSN (COMLAS )- in collaborazione con Ministero della Salute, SIBioC (Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica), SIML (Società Italiana di Medicina del Lavoro), PUBLIEDIT (Agenzia Formativa) e con la partecipazione di membri di altre Società Scientifiche (tra cui la SITD), ha prodotto le prime “Linee di Indirizzo per le CML in materia di uso / abuso di Alcol e Idoneità alla Guida” (1) .

In tale documento vengono proposti un modello di impegnativa per richiedere la valutazione del SERD (allegato 1) ed una traccia (allegato 2) per una risposta che contenga le informazioni e le valutazioni che sarebbero utili alla Commissione. In quella sede tuttavia non è stato possibile (ne sarebbe stato pertinente) fornire anche articolate indicazioni ai medici del SERD per rispondere adeguatamente ai quesiti posti dalle Commissioni.

In questo articolo ci proponiamo di offrire qualche spunto di discussione nella prospettiva di produrre, in collaborazione con le nostre società scientifiche, un documento che possa contenere linee di indirizzo specificamente rivolte ai colleghi del SERD al fine di supportarli nella redazione di relazioni pertinenti alla richiesta, rispettose di tutte le norme riguardanti gli aspetti medico-legali della assunzione di alcol, basate su dati oggettivi e su interpretazioni fondate sulla evidenza clinica e sulla conoscenza della letteratura scientifica in materia.

Definizione del problema: cosa chiede il legislatore (e perché lo chiede ai medici)

Il legislatore affronta la questione della guida sotto l’effetto di alcol in vari provvedimenti riassunti nella tavola 1.

Alcol e guida: le norme

D. Lgs. 285/1992, art. 186 e 186 bis : «è vietato guidare in stato di ebbrezza». Previste sanzioni con tasso alcolemico oltre 0,5 g/L. Per conducenti fino a 21 anni, con patente da meno di 3 anni o che esercitano alcune attività o guidano alcuni tipi di automezzi, tasso zero.

D. Lgs. 59/2011: (dir. 2006/126/CE e 2009/113/CE): patente negata a soggetto in “stato di dipendenza dall’alcool o che non possa dissociare la guida dal consumo di alcol”. Rilasciabile “al termine di un periodo constatato di astinenza” (punto E.1. Gruppo 1); dopo valutazione di “estrema severità” (E.2. Gruppo 2)

•Legge 125/2001, art. 6: commissioni mediche integrate da «un medico dei servizi» con facoltà per CML di richiedere consulenza specialistica

Tavola 1

In sintesi, il legislatore prende atto che l’assunzione di alcol può interferire negativamente con la guida e perciò prevede alcuni divieti. Dato che un certo numero di persone non li rispetta, prevede anche una serie di sanzioni, proprio come per altre violazioni del Codice della Strada per le quali, però, non è richiesta alcuna valutazione medica. Invece, in questo caso, il legislatore considera la possibilità che il comportamento pericoloso dell’automobilista possa essere dovuto ad indisciplina (e sia quindi condizionabile attraverso sanzioni amministrative e penali proporzionate alla gravità della violazione) ma possa anche essere attribuito ad uno stato psico-fisico, dovuto alla sostanza, tale da rendergli impossibile dissociare la guida dalla assunzione di alcol. Per questo motivo viene richiesta una valutazione medico legale cioè un giudizio tecnico professionale che risponda ad un preciso quesito ed abbia conseguenze legali. Tale quesito non riguarda “quanto” la persona sia solita assumere bevande alcoliche ma se sia o no in grado di astenersene quando guida. In questo caso, infatti, verrà considerato un “malato” inidoneo fino a documentata “guarigione”.

Il legislatore peraltro pare considerare rilevante la differenza tra intenso consumo di alcolici e consumo patologico in diverse altre norme riassunte nella tavola 2.

Altri problemi e altre soluzioni del legislatore…

«Assenza di condizioni di alcoldipendenza» per la sorveglianza sanitaria di alcuni lavoratori (art. 41 D.Lgs. 81/2008)

«Stato di alcoldipendenza» per la concessione degli arresti domiciliari in alternativa alla custodia cautelare, per l’affidamento speciale del condannato, per la sospensione della pena dopo aver «concluso positivamente il programma terapeutico» (artt. 89, 94, 90 DPR 309/1990)

«Ubriachezza» da caso fortuito o forza maggiore per escludere o ridurre imputabilità (art. 91 CP)

«Ubriachezza» preordinata a commettere reato o a precostituire una scusa, come aggravante della pena (art. 92 CP)

«Ubriachezza abituale» come aggravante della pena (art. 94 CP)

«Cronica intossicazione» da alcol per diminuzione o esclusione della imputabilità (art. 95 CP)

«Alcolisti» tra i destinatari di inserimento lavorativo ex lege 381/1991 come «persone svantaggiate»

Tavola 2

In sintesi, il legislatore sembra pensare che esistano:

  • uno «stato di dipendenza da alcool» ed una «cronica intossicazione» che sono una malattia, caratterizzata dalla impossibilità di controllo, ma che possono (o no) «passare» od esitare in «positivo recupero»;
  • «stati» di «ubriachezza volontaria» o «abituale» che non sono malattie ma aggravanti di reati.
  • un «alcolismo» condizione di svantaggio sociale che dà diritto ad inserimento lavorativo facilitato, a prescindere da eventuale «cura».

Non solo il Codice della Strada ma l’intero corpo normativo, quindi, non equipara mai automaticamente la forte assunzione di alcolici ad una condizione patologica ma chiede ai medici di distinguere i “malati” dagli ubriachi occasionali o abituali perché ciò comporta conseguenze legali opposte.

Cosa chiede al SERD la CML

Come si è detto, la CML dovrebbe, in primo luogo, distinguere i soggetti che, guidando con tassi alcolemici oltre i limiti consentiti, hanno violato la legge per i più vari motivi da coloro che lo hanno fatto perché “impossibilitati” a comportarsi diversamente a causa di una patologia indotta dall’alcol o per qualsiasi altra causa all’alcol correlata e tecnicamente valutabile dal punto di vista medico.

Alla commissione spetta anche stabilire se e quando tale dipendenza o condizione sia “passata” o “non più attuale” e, in questo caso, se ci sia o no un rischio concreto di recidiva.

Si tratta quindi di un giudizio medico-legale che, a differenza del giudizio clinico (che può anche basarsi sulla sola anamnesi e può essere modulato nel tempo), deve essere riferito ad un tempo definito e quindi prodotto in tempi precisi e deve essere “motivato in base all’accertamento di fatti verificabili attraverso riscontri clinici e di laboratorio oggettivi e deve contenere una previsione sulla evoluzione futura della condizione psico-fisica e del comportamento del cittadino”. (1)

Il modello di impegnativa (allegato 1) per la valutazione SERD, allegato alle citate linee di indirizzo COMLAS, cerca definire nel modo più chiaro possibile le richieste della Commissione allo scopo di facilitare la collaborazione con gli specialisti (ma, in mancanza di specifica specialità e disciplina, sarebbe meglio dire esperti) dei nostri servizi.

Come si vede, in particolare, il modello proposto impegnerebbe le Commissioni a:

  • esplicitare gli obbiettivi della richiesta (inquadramento del caso, monitoraggio, intervento educativo, altro);
  • fornire informazioni che aiutino a capirne il senso (tipologia patente, motivo di accesso alla commissione dell’interessato, tempi)

Inquadrare il caso: il problema della diagnosi

Chi proviene da una formazione medica prevalentemente clinica tende a identificare l’inquadramento di un caso con l’assegnazione al paziente di una diagnosi in base alla presenza o assenza di determinati criteri, previsti da un sistema nosologico di riferimento. Tende inoltre a considerare la diagnosi un fatto ed un fatto certificabile. Ma, se così fosse, una diagnosi errata contenuta in una certificazione coinciderebbe con un falso. Fortunatamente per noi medici così non è. La diagnosi infatti è “solo” una interpretazione di fatti, rilevati o riferiti, che consentono di riportare un singolo caso ad un sistema di classificazione generale al fine di adottare, con la minor probabilità di errore, decisioni terapeutiche basate sui risultati di studi condotti su casi analoghi.

Mentre i fatti, una volta avvenuti, sono immutabili, quindi, il sistema diagnostico scelto dovrebbero variare non solo secondo le ipotesi patogenetiche sottostanti ma anche in base agli obbiettivi clinici, statistici, assistenziali o medico-legali di chi li utilizza. Ad esempio, una diagnosi medica di carcinoma del colon non ha, di per sé, grande utilità per programmare, per quello stesso soggetto, i piani di assistenza infermieristica o psicologica per i quali sono invece necessarie, per l’appunto, una diagnosi infermieristica ed una diagnosi psicologica basate su altri criteri.

Per quanto riguarda i sistemi diagnostici nel tempo proposti per inquadrare l’assunzione “patologica” di alcol, si è passati da definizioni basate sulla quantità assunta giornalmente alla considerazione delle modalità di assunzione. Attualmente i due sistemi nosologici più utilizzati in Italia sono l’ICD 10 e il DSM 5 (tavola 3).

DSM 5 «disturbo da uso di alcol» (ultimi 12 mesi)

1) Assunzione oltre le intenzioni;

2) Desiderio/sforzi infruttuosi di ridurre uso;

3) Molto tempo perso in attività correlate;

4) Craving (smania);

5) Compromessi importanti obblighi di lavoro, scuola, casa;

6) Uso nonostante danni sociali;

7) Compromesse importanti attività sociali, lavorative, ricreative.

8) Uso quando è pericoloso;

9) Uso non ostante danni riconosciuti;

10-11) Tolleranza o sindrome d’astinenza;

Almeno 2 item contemporanei. Disturbo lieve con 2-3; moderato con 4-5; grave oltre 5.

ICD 10 «sindrome da dipendenza», F10.2

a) Forte desiderio o compulsione;

b) Difficoltà a controllare assunzione (in termini di inizio, cessazione o quantità);

c/d) Sindrome d’astinenza / tolleranza;

e) Trascuratezza piaceri o interessi alternativi, crescente quantità di tempo necessaria per ottenere, assumere, o riprendersi dagli effetti della sostanza;

f) Persistenza nell’uso a dispetto di conseguenze pericolose (fisiche, psichiche, cognitive) di cui si è pienamente coscienti

Tre o più criteri presenti contemporaneamente negli ultimi 12 mesi

Uso dannoso (F10.1)

Chiara evidenza che l’uso di una o più sostanze è stato responsabile degli attuali danni fisici o psichici dell’utilizzatore.

Tavola 3

Come si vede, entrambi i sistemi, oltre a non fare alcun accenno alla quantità di alcol assunta, valorizzano soprattutto la incapacità di autocontrollo (anche se non riferita specificamente alla guida). Teoricamente, quindi, il medico del SERT potrebbe ben identificare lo “stato di dipendenza da alcol” citato dal legislatore con la presenza dei criteri di una delle due diagnosi. A questo proposito, tuttavia, sorgono due ordini di problemi.

In primo luogo, in entrambi i sistemi (con l’eccezione dell’improbabile riscontro oggettivo di sindrome di astinenza o di misurabile tolleranza), la diagnosi si basa su item che solo l’interessato può confermare. Per esempio, solo l’interessato può dirci quali siano per lui “importanti” obblighi di lavoro o se sia o no pienamente cosciente delle conseguenze pericolose del consumo di alcol o quanto forti siano il desiderio o la compulsione. Anche i numerosissimi test proposti per dare maggiore oggettività alla diagnosi (tavola 4) si basano tutti sulla collaborazione del paziente. Considerato che, specie in carenza di mezzi pubblici, la patente è spesso indispensabile per importantissime attività, come il lavoro, l’accompagnamento a scuola dei figli, la cura di genitori anziani e molto altro, è improbabile che l’interessato collabori ad una diagnosi che gli creerebbe considerevoli danni.

Strumenti diagnostici?

MAST (Michigan Alcoholism Screening Test)

•CAGE (Cut-Annoyed-Guilty-Eye)

•AUI (Alcohol Use Inventory)

•LDQ (Leeds Dependence Questionnaire)

•IAI (Index of Alcohol Involvement)

•A.U.D.I.T. (Alcohol Use Disorders Identification Test)

•A.S.I. (Addition Severity Index)

(…) e varie altre decine, tutti basati su ciò che l’interessato ritiene di dichiarare.

Tavola 4

In secondo luogo, anche con la piena collaborazione degli interessati, la concordanza tra i sistemi diagnostici fin qui utilizzati sembra essere troppo bassa e troppo instabile per un utilizzo a fini medico-legali che dovrebbero garantire una ragionevole certezza del diritto.

Ad esempio uno studio svedese, pubblicato nel 2021 (2), ha reclutato, dal 1969 al 2015, un campione rappresentativo di 1614 donne intervistate su problemi alcologici al tempo zero e a 5 e 10 anni di distanza. I dati dimostrano che, al tempo zero, con i criteri ICD 11 la diagnosi sarebbe stata posta nel 10,6% dei casi; con ICD-10 nel 4.0%; con DSM-5 nel 14.3%; con DSM-IV nel 4.3%; con DSM-III-R nel 7.5%; con DSM-III nel 12.3%.

Varie critiche sono state inoltre avanzate sulla arbitrarietà di alcuni criteri e sulla loro scarsa predittività, anche a breve termine, della evoluzione del problema. Ad esempio, dai dati della National Epidemiologic Survey on Alcohol (USA) pubblicati nel 2021 (3) emerge che alcuni criteri (come: desiderio o sforzo di smettere; bere nonostante problemi) sono meno persistenti e meno predittivi del decorso di altri, con il rischio di falsi positivi (3)

In un altro studio di corte su giovani australiani la prevalenza del disturbo da uso di alcol secondo DSM 5 risultava del 18.4% mentre sulla stessa popolazione la sindrome da dipendenza secondo ICD 11 era del 16.8%. Tuttavia, togliendo dai criteri la tolleranza, la prevalenza si riduceva, rispettivamente, all’11% e al 7% (4).

Per quando riguarda l’Italia, uno studio retrospettivo del 2020 ha rilevato che, su 979 soggetti valutati da CML italiane ed inviati ad un servizio di alcologia, il 4,1% era stato definito a consumo rischioso al primo appuntamento ma al secondo, dopo 3 mesi, solo l’1,7% presentava i criteri DSM 5 per disturbo da uso di alcol (5).

Diverso è il caso della categoria di “Uso Dannoso” prevista dall’ICD 10. La “chiara evidenza” che l’alcol sia stato “responsabile degli attuali danni fisici o psichici dell’utilizzatore” è infatti più facilmente documentabile anche senza la completa collaborazione dell’interessato

In conclusione, gli attuali sistemi diagnostici, oltre a basarsi prevalentemente su informazioni riferibili solo dal soggetto stesso, si prestano a critiche rispetto alla arbitrarietà dei criteri utilizzati, al potere prognostico, alla reciproca concordanza. Non sembrano quindi fondati sulla solida base scientifica auspicabile per un utilizzo a scopi medico legali. Tra i due sistemi citati, l’ICD 10 presenta tuttavia il doppio vantaggio dell’utilizzo delle stesso termine (“dipendenza”) citato dal legislatore e della possibilità di porre anche una diagnosi basata su dati oggettivi come l’Uso Dannoso.

Un ulteriore problema potrebbe teoricamente presentarsi con soggetti in carico al SERD che hanno tutti i criteri per la diagnosi, (tanto che, a fini medico-legali potrebbero, per esempio, chiedere benefici di legge ai sensi degli artt. 89 e 94 del DPR 309/1990) ma sono astinenti da mesi o anni perché in trattamento professionale o perché frequentano gruppi di autoaiuto, eseguendo i controlli tossicologici presso il servizio. Ciò può essere rilevante per la restituzione della patente dopo un periodo di sospensione ma non nel caso di invio per guida con tasso alcolico superiore ai limiti consentiti dato che tale pericoloso comportamento non può che considerarsi una rottura dell’astinenza.

Inquadrare il caso: e se la diagnosi non c’è?

Come si è detto, il legislatore non utilizza mai il termine “diagnosi”. In questo caso cita lo “stato” di dipendenza o il caso di persona “che non possa dissociare la guida dal consumo di alcol”. Ciò non è dovuto, a distrazione o al caso ma al fatto che, ormai da un paio di secoli, diversi studi in diverse discipline scientifiche, caratterizzate da diversi metodi (quali neurobiologia, psicologia, sociologia, criminologia, economia…) hanno portato ad interpretazioni totalmente contrastanti del consumo di alcol ritenuto “eccessivo” dalla medicina o dalla società perché riprovevole, inappropriato o oggettivamente dannoso. Tutte queste interpretazioni (una delle quali è la visione di questi comportamenti come “malattia del cervello”) hanno continuato a convivere, anche in area scientifica, fino ai giorni nostri, pur se alterna fortuna dell’una o dell’altra. La legge, tuttavia, è il frutto di un dibattito parlamentare che prevede il confronto e la sintesi di varie posizioni che portino ad un risultato di ragionevole certezza e stabilità del diritto senza mettere il cittadino in balia di correnti scientifiche per loro natura in continua evoluzione. Da ciò, in questa ed in altre norme, la definizione descrittiva di ciò che, di volta in volta, il legislatore intende normare. In questo caso, ci chiede di verificare se il soggetto che ha violato il Codice della Strada lo ha fatto per noncuranza della norma (nel qual caso verrà sanzionato) oppure perché non in grado di comportarsi diversamente, quali che ne siano le cause.

Sappiamo che, per tutta la seconda metà del ventesimo secolo, ha prevalso il paradigma neurobiologico che vede nella dedizione all’alcol una malattia malattia del cervello. I risultati deludenti di questa impostazione, che pure è supportata anche da dati neuroradiologici e da modelli animali, hanno però portato, nel ventunesimo secolo, sempre più studiosi e clinici a metterla in dubbio (6, 7) sostanzialmente perché “People cannot decide to give up pneumonia or decide not to be diabetic. They can and do, however, decide to give up their addictions to drinking, smoking and taking drugs, in large numbers”: le persone non possono decidere di non avere più la polmonite o di non essere più diabetiche. Possono decidere, tuttavia, e lo fanno in tanti, di cessare di essere dediti all’alcol, tabacco, droghe. (8)

Ultimamente, una rete di 38 università di tutto il mondo (9-10) ha così rilanciato, tramite una serie di ricerche, una teoria alternativa che interpreta la dedizione come una distorsione della scelta (11), un disordine della motivazione o anche un comportamento razionale, e non patologico, in cui, per il soggetto, i costi sono inferiori ai benefici. Rimandiamo per un approfondimento della questione ad un articolo del collega Stefano Canali disponibile on line (12). Possiamo a questo punto chiederci quale sia la competenza del medico del SERD quando non sono rilevabili i criteri per uno dei sistemi diagnostici in uso o perché il soggetto non fornisce dati sufficienti o perché il contesto sconsiglia l’interpretazione del caso in termini clinici. Dobbiamo in primo luogo osservare che le valutazioni mediche non riguardano necessariamente la presenza o assenza di malattie. Anzi, molte delle valutazioni medico legali (per esempio epoca della gravidanza per richiesta di interruzione volontaria, presenza di requisiti minimi di peso e statura per l’arruolamento militare, test di paternità) non hanno a che fare con stati patologici. Per quanto riguarda la assunzione disfunzionale di alcol, in particolare, il legislatore stabilisce all’art. 120 del DPR 309/1990, senza riferimenti a patologie, che “chiunque fa uso di (…) sostanze sostanze stupefacenti o psicotrope” (tra cui, si evince da altri articoli del provvedimento, rientra l’alcol) possa rivolgersi al SERD o ad uno SMI (Servizio Multidisciplinare Integrato ex art. 116). Nella visione del legislatore, quindi, questi servizi sono chiamati ad occuparsi di qualsiasi tipo di consumo non salubre o disfunzionale (tavola 5), indipendentemente da criteri diagnostici che, come si è visto, possono anche rivelarsi instabili, poco oggettivi o addirittura scientificamente discutibili.

Tavola 5

Peraltro alcuni programmi riabilitativi che dovrebbero essere disponibili presso i servizi, come la terapia cognitiva (13) o i Club Alcolisti in Trattamento prescindono dalla diagnosi medica tradizionale e prevedono invece una analisi del comportamento indesiderato in termini di credenze disfunzionali (tra cui quella della malattia cronica), di catena di eventi o di condizionamento ambientale. Una descrizione dei problemi che l’interessato incontra nel suo rapporto con l’alcol non solo è quindi possibile anche in questi casi ma è, per esempio, alla base della cartella clinica orientata per problemi e centrata sul paziente più che sulla malattia, utilizzata anche in altri ambiti della medicina come le cure palliative o la terapia del dolore.

Relazioni a scopo clinico e relazioni a scopo medico legale

La esistenza di studi spesso contraddittori e la carenza di certezze scientifiche dovuta a diverse ed incostanti definizioni di consumo problematico, “recupero” e recidiva non hanno impedito lo sviluppo di interventi professionali efficaci per conseguire l’astinenza o anche il ritorno a modelli di consumo accettabili per l’interessato e per il suo contesto sociale. Nelle relazioni a fini clinici, quindi, ciò che più importa è dar conto di come l’intervento, professionale od informale (per esempio partecipazione a gruppi di auto aiuto), abbia influito o potrebbe influire sul raggiungimento degli obbiettivi dell’interessato rispetto alla soluzione o alla riduzione di problemi medici, psicologici o sociali correlabili al suo consumo di alcolici. Tutto ciò non comporta necessariamente l’espressione di giudizi ma ha piuttosto il carattere di una ricostruzione anamnestica che conduce a conclusioni più o meno condivise da altri colleghi senza che per questo si possano definire errate o inadeguate e perciò contestabili.

Al contrario, i giudizi medico-legali, non solo devono fondarsi su dati di carattere tecnico e su nozioni scientifiche, ma “devono essere adeguatamente motivati in modo da far comprendere agli interessati quali concreti elementi abbiano orientato le relative conclusioni, consentendo tra l’altro l’eventuale ricorso nei modi consentiti dall’ordinamento.” (1)

In questo caso, il DPR 54/2019 impone la motivazione del giudizio, qualora si ritenga che non sussistano i requisiti di idoneità per il rilascio o la conferma di validità della patente di guida o nel caso tale idoneità sia riconosciuta per un termine inferiore a quello previsto dall’articolo 126 del Codice della Strada.

Fermo restando che il giudizio di idoneità compete alla CML, e non al medico del SERD, è tuttavia evidente che la relazione rilasciata a questo fine dovrebbe tener conto dell’obbiettivo per cui viene richiesta. Ciò significa che dovrà contenere nulla di più, e nulla di meno, di ciò che è pertinente alla capacità di astenersi dalla guida sotto effetto di alcol, che, soprattutto, dovrà riferirsi, per quanto possibile, a fatti e dati oggettivi e che dovrà evitare la citazione di informazioni ed interpretazioni eccedenti lo scopo.

Ciò anche tenendo conto del fatto che l’utenza inviata dalle CML presenta in genere caratteristiche ben diverse da quelle dei pazienti che ai servizi si rivolgono per finalità riabilitative e richiede, di regola, una valutazione per riavere la patente e non certo per rimettere in discussione tutto il proprio stile di vita, come avviene in altri casi.

In base al documento COMLAS la consulenza del Servizio per le Dipendenze dovrebbe essere richiesta per soggetti classificati nelle classi di rischio 3 o 4 descritte al punto 2.3 del medesimo.

Si tratterebbe dunque di soggetti che presentavano, al momento dell’accertamento, un tasso alcolico maggiore o uguale a 1,5 g/L oppure tassi inferiori ma presenza di altre sostanze, o che abbiano rifiutato l’accertamento o abbiano già avuto sospensione di patente negli ultimi 5 anni o più di una in vita loro o siano stati coinvolti in incidenti con morti o feriti; che abbiano documentata recidiva in corso di monitoraggio o entro 6 mesi dal termine dello stesso, che abbiano dichiarato consumo giornaliero rischioso per la salute o abbiano una danno fisico correlato, che abbiano diagnosi di dipendenza in atto o in remissione iniziale, o poliabuso nei precedenti 5 anni o patologie alcol correlate o aggravate dall’alcol o CDT maggiore o uguale ad 1,9 % o ETG cheratina maggiore o uguale a 20 pg/mg.

Come si evince dal modello di impegnativa proposto nelle Linee di Indirizzo le richieste che la CML può rivolgere ai colleghi del SERT sono essenzialmente tre:

a) valutazione diagnostica

b) monitoraggio valutativo per un determinato periodo

c) intervento informativo educativo mirato ad acquisire maggiore consapevolezza sugli effetti del consumo di alcool alla guida

In tutti questi casi il soggetto può trovarsi sia in condizioni di patente sospesa sia con idoneità alla guida con scadenza ridotta. Tutti gli interventi dovrebbero quindi essere svolti in tempo utile ad essere presentati alla successiva visita alla CML.

Il diritto alla riservatezza e al segreto professionale presuppongono, sia per norma di legge che per norma deontologica, la autorizzazione dell’interessato alla trasmissione di dati clinici anche tra sanitari. In questo caso il consenso alla trasmissione di informazioni e al trattamento dei dati soggetti a maggior tutela (come quelli riguardanti il consumo di alcol) è implicito nel fatto che il soggetto si sia presentato al SERD con il preciso scopo di ottenere una relazione per la CML. L’informativa sulle modalità di trattamento dovrebbe, in ogni caso, essere per lo meno esposta in tutte le sedi delle aziende sanitarie. Ricordiamo tuttavia che numerose sono state le violazioni riscontrate dalla competente Autorità Garante proprio in area sanitaria e che non sempre l’informativa risulta chiara. E’ quindi importante che ci si accerti preventivamente che il soggetto abbia capito l’obbiettivo degli accertamenti e che sia consapevole del fatto che tutto quanto risultasse rilevante per la richiesta della CML sarà inserito nella relazione. Gli verrà anche spiegato che la richiesta della Commissione di ricevere direttamente dal SERD la relazione (che verrà consegnata in copia anche all’interessato) è dovuta alla necessità di escludere a possibilità di eventuali alterazioni che si sono in qualche caso verificate. La relazione dovrà poi essere inviata in busta chiusa o tramite allegato a posta certificata. Riteniamo che non debba invece essere inserita nel Fascicolo Sanitario Elettronico, tuttora normato dal DPCM 29 settembre 2015, n. 178. L’art 5 di tale provvedimento dispone infatti che “i dati e i documenti sanitari e socio-sanitari disciplinati dalle disposizioni normative a tutela delle persone (…) che fanno uso di sostanze stupefacenti, di sostanze psicotrope e di alcool (…), sono resi visibili solo previo esplicito consenso dell’assistito, fermo restando che, nel caso l’assistito scelga di ricorrere alle prestazioni in anonimato, non è ammessa l’alimentazione del FSE da parte dei soggetti che erogano le prestazioni” e che, in questi casi, “è responsabilità dei professionisti o degli operatori sanitari che erogano la prestazione acquisire l’esplicito consenso dell’assistito.” L’art. 13, comma 2, punto b stabilisce inoltre che, in ogni caso, “le informazioni da trattare sono esclusivamente quelle pertinenti al processo di cura in atto” mentre già con le “Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario” del 16 luglio 2009 il Garante aveva chiarito che il trattamento dei dati contenuti in FSE/dossier è riservato al personale sanitario che ha in cura il paziente con esclusione quindi di “periti, compagnie di assicurazione, datori di lavoro, associazioni o organizzazioni scientifiche e organismi amministrativi anche operanti in ambito sanitario” e di “personale medico nell’esercizio di attività medico-legale (es. visite per l’accertamento dell’idoneità lavorativa o alla guida)”.

Considerato quindi il dettato di tutto il corpo legislativo, riteniamo che per queste persone non debba essere aperta una cartella SERD a meno che non ci sia una esplicita richiesta di presa in carico per trattamento. Sarà invece opportuno predisporre separati fascicoli dedicati ai casi che accedono ai servizi solo per accertamenti (per esempio anche quelli di “non alcolismo e non tossicodipendenza” richiesti per l’arruolamento in alcuni corpi militari o in alcuni paesi per l’adozione) che conterranno solo ciò che è strettamente necessario a rispondere al quesito medico-legale.

La relazione per la richiesta della “valutazione diagnostica”

Da tutto quanto sopra illustrato si deduce che, in presenza di una richiesta di “valutazione diagnostica” da parte della CML inoltrata al SERD al fine di concedere, verificare o prolungare l’idoneità alla guida, la risposta del medico potrà limitarsi a confermare la presenza di una diagnosi secondo i criteri DSM 5 o ICD 10 solo se il quesito riguardasse un paziente già in carico con quella stessa diagnosi. In questo caso si dovrà anche sinteticamente specificare quale programma il paziente stia seguendo, come ne venga monitorato l’effetto e, considerando che dovrebbero giungere al SERT solo pazienti per cui la CML ha individuato profili di rischio elevati, come eventualmente ne sia stata concordata la modifica per migliorare gli esiti e in quali tempi.

In tutti gli altri casi, compreso quello di soggetti dimessi e non più in controllo catamnestico, andrà in primo luogo stabilita una corretta relazione con il cittadino. Adottare un atteggiamento non moralistico, spiegare chiaramente in cosa consiste il ruolo di consulente della CML e come si differenzia da una normale visita medica, chiedere all’interessato in primo luogo la sua spiegazione dei fatti, dar conto dei motivi per cui le sue dichiarazioni, pur non venendo messe in dubbio, dovranno essere supportate da dati oggettivi sono tutti aspetti che potrebbero facilitare la collaborazione o, almeno, evitare inutili conflitti. Verrà poi raccolta una dettagliata anamnesi fisiologica, patologica e tossicologica centrata però sulla possibile presenza di patologie correlabili alla assunzione di alcol e dei criteri previsti dal sistema diagnostico prescelto. Non riteniamo invece congruente all’obbiettivo della valutazione indagare su stati patologici non pertinenti (per esempio malattie sessualmente trasmesse) o sull’anamnesi famigliare che, tra l’altro, comporterebbe il trattamento di dati sensibili di soggetti terzi, irrilevanti per un giudizio di idoneità. Dovrà anche essere effettuato un esame obbiettivo di tipo internistico che guiderà eventuali accertamenti di laboratorio, se indispensabili per documentare eventuali patologie alcol-correlate. Per gli accertamenti tossicologici relativi al consumo di alcol il medico SERT verificherà, in base alla anamnesi, la necessità (con opportuna tempistica) di ripetere o no quelli già richiesti dalla CML. Qualora dall’anamnesi riferita o documentata, dall’esame obbiettivo o da altri elementi emergesse la possibilità di utilizzo di altre sostanze gli esami tossicologici dovrebbero estendersi anche a queste, come in qualsiasi altro inquadramento diagnostico in medicina delle dipendenze. Come esplicitato nelle considerazioni sopra espresse sui sistemi diagnostici, il sistema ICD appare, in questo caso, il più funzionale in quanto:

a) utilizza il termine “dipendenza” contenuto nella norma;

b) prevede il caso di “uso dannoso” che prescinde da elementi soggettivi e consente di includere soggetti meno collaboranti, per i quali sia comunque documentabile un utilizzo nocivo di sostanze alcoliche;

c) prevede che chi non presenta i criteri previsti per la diagnosi da oltre un anno non riceva la diagnosi anziché ricevere la diagnosi con la specifica di “remissione protratta” che può creare equivoci in ambito non specialistico.

Qualora le informazioni fornite dal soggetto non consentissero la diagnosi di dipendenza o di disturbo da uso di alcol andranno approfonditi i motivi che egli potrà esporre per spiegare il suo comportamento. In caso di esame obbiettivo negativo ed indici di laboratorio alterati gli si potrà quindi proporre la totale astinenza per il periodo minimo indispensabile alla normalizzazione degli indicatori spiegando che si tratta dell’unico modo di dimostrare la capacità di controllo sull’assunzione di alcol e quindi la possibilità di dissociarla dalla guida. Rimandiamo all’allegato alle Linee di Indirizzo per la scelta di indicatori di uso acuto o cronico. Sottolineiamo che tutti gli accertamenti di tipo tossicologico dovrebbero essere svolti con procedura medico legale, garantendo cioè 1) il consenso informato dell’interessato, 2) la registrazione delle sue dichiarazioni rispetto alla assunzione di farmaci, integratori, prodotti di erboristeria od alimenti o di patologie potenzialmente interferenti con gli esiti, 3) la catena di custodia, 4) la raccolta di un campione per eventuale controanalisi.

Salvo che per i soggetti già seguiti, tutti i dati rilevati dovranno essere riportati in un fascicolo intestato all’interessato che solo nel caso di successiva presa in carico verrà allegato alla nuova cartella clinica.

Un problema potrebbe porsi nella situazione in cui si presentasse al SERD un soggetto in carico al servizio ma che abbia usufruito del diritto all’anonimato (cioè a che la propria cartella “non contenga le generalità né altri dati che valgano alla identificazione” come da art. 120, comma 6 del DPR 309/1990). In realtà il DPR 309/1990 prevede all’art. 116 “quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, la liberta’ di scelta di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze” senza necessità di fornire giustificazioni di sorta sia per l’accesso al SERD che per la CML. Pertanto, il cittadino che decide liberamente di rivolgersi al servizio a cui è in carico in anonimato per chiedere una relazione dovrebbe con ciò stesso aver liberamente deciso di rinunciare all’anonimato, anche considerato quanto il legislatore ha stabilito rispetto al FSE. Sfortunatamente, però, “prassi” di fatto difformi dal dettato legislativo non sono rare e può pertanto succedere che il cittadino che precedentemente si sia rivolto in anonimato al servizio più vicino si veda negare l’accesso ad altri servizi in nome della cosiddetta “competenza territoriale”. Riteniamo che, in questo caso, se il medico riconosce nella persona che si presenta un paziente già visto in anonimato, non possa non tener conto delle informazioni già in suo possesso. Il paziente potrà quindi decidere di passare ad una presa in carico nominativa oppure di mantenere anonima la cartella. Nella relazione andranno però ugualmente citate in anamnesi le informazioni rilevanti in essa contenute.

Tutto ciò considerato, suggeriamo di sviluppare la relazione in 4 sintetiche sezioni che di seguito dettagliamo.

  • Motivo e circostanze dell’accesso: andranno indicati, almeno, oltre alla data dell’inizio degli accertamenti, la data della violazione, il motivo dell’invio da parte della CML con le circostanze che lo hanno determinato (recidiva, tasso alcolemico superiore ad 1,5, ecc), la versione dei fatti fornita dal cittadino.
  • Dati anamnestici riferiti e documentati, esame obbiettivo e riscontri laboratoristici disponibili dopo la prima visita: si raccomanda di dar conto separatamente dei dati riferiti (ciò che l’interessato racconta) e di quelli documentati (per esempio esibizione di precedenti referti o cartelle cliniche o schede di dimissione o terapie farmacologiche in corso indicative di patologie chiaramente correlabili ad effetti dell’alcol). Si dovrà inoltre specificare anche la eventuale negazione dei criteri soggettivi previsti dal sistema diagnostico scelto.
  • Eventuali ulteriori accertamenti proposti e loro esito: la richiesta di ulteriori accertamenti dovrà riguardare, in base all’opportunità e a quanto dichiarato dal soggetto, la immediata ripetizione di esami di laboratorio già effettuati su richiesta della CML (per esempio nel caso che il cittadino dichiari di non avere più assunto alcolici da un tempo sufficiente alla negativizzazione) oppure la proposta di un monitoraggio laboratoristico che possa indicare l’assenza di ulteriori intossicazioni acute o di consumo abituale per un periodo concordato spiegando all’interessato che lo scopo è quello di dimostrare la sua capacità di autocontrollo.
  • Conclusioni: nelle conclusioni il medico dovrà dichiarare se sia stato o no possibile in base ai dati anamnestici ed ai riscontri oggettivi porre una diagnosi alcol-correlata indicando eventualmente, il sistema diagnostico e specificando quali item sono risultati positivi. In tutti i casi si riferirà l’esito dell’eventuale monitoraggio esprimendo, in base al risultato, una valutazione sulla capacità del soggetto di astenersi da bevande alcoliche per propria decisione e quindi di dissociare dalla guida il consumo di alcol. Qualora sia emerso anche il consumo di sostanze psicotrope illegali ciò andrà segnalato come tale, indipendentemente da eventuale diagnosi. Andrà segnalato anche l’eventuale uso terapeutico di sostanze per cui sia nota la possibile interferenza con le capacità di guida (per esempio metadone, neurolettici, benzodiazepine, cannabis, eccetera) lasciando alla CML la decisione sulla necessità di ulteriori valutazioni.

La relazione richiesta per “monitoraggio clinico”

Le Linee di Indirizzo prevedono la richiesta al SERD di un monitoraggio clinico con eventuale presa in carico per riabilitazione per una serie non esaustiva di casi indicati al punto 2.2.4.2. Si tratta, in genere ma non esclusivamente, di soggetti per i quali, in base a riscontri di laboratorio, permane la diagnosi di consumo dannoso secondo ICD 10, oppure di recidivi, o di persone giudicate idonee ma con storia di poliabuso. Viene inoltre considerato necessario il coinvolgimento del Servizio per le Dipendenze per episodi di guida in condizione di accertato o presunto “Binge drinking”. In questo caso la richiesta è di verificare l’assunzione acuta di alcol (ad esempio con rilevazione seriale il giorno successivo al fine settimana).

Riteniamo che questi casi, essendo già accertata nei fatti la non episodicità della violazione, rientrino pienamente nella tipologia di persone a cui l’art. 120 del DPR 309/1990 garantisce il diritto alla presa in carico da parte del SERD. Con il consenso degli interessati, si potrà quindi aprire una cartella sociosanitaria ed effettuare tutte le valutazioni multidisciplinari e laboratoristiche ritenute necessarie senza accollarne il costo al cittadino. Il programma di appuntamenti dovrà essere predisposto non solo, come impone l’art. 122 del DPR 309/1990, “tenendo conto in ogni caso delle esigenze di lavoro e di studio e delle condizioni di vita familiare e sociale dell’assuntore.” Dovrà anche considerare le difficoltà di accesso al servizio per lavoratori privi di patente che spesso non possono nemmeno disporre di mezzi pubblici affidabili per i percorsi casa-lavoro-SERD. E’ anche evidente la inopportunità per molti di costoro di chiedere permessi che poi dovrebbero essere giustificati con una dichiarazione del Servizio Dipendenze. In molti casi, quindi, gli accessi al servizio dovranno essere limitati al minimo indispensabile e previsti o nei fine settimana o nelle ore serali. Poiché, nonostante permanga l’obbligo di legge (art 118 del DPR 309/1990) di mantenere attivi questi servizi 365 giorni all’anno e “nell’arco completo delle ventiquattro ore”, di fatto molti SERD coprono a malapena l’orario d’ufficio, sarà necessario sviluppare tutte le possibilità offerte dalla telemedicina e utilizzare al massimo le reti territoriali compresi i gruppi di autoaiuto che in genere si riuniscono nelle ore serali o nei giorni festivi.

Ciò premesso, qualora il soggetto possa accettare la presa in carico, andranno preventivamente concordati e registrati gli obbiettivi, i tempi, la tipologia, le modalità di esecuzione del programma e di verifica della efficacia, i tempi minimi e massimi entro cui inviare la relazione alla CML. I controlli laboratoristici andranno effettuati con procedura medico-legale. La relazione, infine, dovrà contenere solo ciò che è di stretto interesse per la CML cioè gli obbiettivi concordati che siano anche pertinenti alla ripresa del controllo e le modalità con cui se ne è verificato o meno il raggiungimento.

E la prognosi?

Non raramente la CML chiede al medico del SERT una previsione sul futuro comportamento cioè una prognosi, peraltro espressamente richiesta dal legislatore stesso. Come si osserva nelle citate Linee di Indirizzo (1), “accertare l’assenza di elementi di comportamento rischioso (agito o presunto), prima ancora che verificare la presenza di patologia alcool correlata o di un consumo dannoso di alcool, considerando la capacità di dissociare la guida dall’uso di alcool, appare compito per la maggior parte dei casi quasi impossibile”. Purtroppo i numerosi studi disponibili hanno sì accertato la possibilità di completo recupero, con o senza interventi professionali, ma restano carenti sui fattori prognostici nel singolo caso. Una recente revisione sistematica della letteratura (14) ha individuato 321 studi eleggibili per requisiti minimi di qualità su 2689 pubblicazioni. L’eterogeneità per fattori considerati e per definizione della recidiva non ha consentito però una meta-analisi. Si è tuttavia documentata una remissione stabile in circa la metà dei casi. Un rischio minore sarebbe associato alla anzianità, all’ambiente sociale favorevole, alla presenza di obbiettivi esistenziali e alla durata della remissione. Un rischio maggiore, invece, sarebbe indicato dalla presenza di altre dipendenze, eventi stressanti, comorbilità organica o psichiatrica, disturbi del sonno e da bassa autoefficacia. Non risultano invece rilevanti sesso e personalità. Tentativi di tradurre questi dati in una scala a punti sono stati attuati soprattutto per prevedere la recidiva nei candidati a trapianto del fegato per cirrosi etanolica. Una recente revisione sistematica del letteratura in merito non ha però dato risultati definitivi né, tanto meno, estendibili ad altre tipologie di pazienti (15).

La definizione della recidiva, inoltre, è il punto cruciale nella affidabilità degli studi. A questo proposito, una revisione sistematica del 2021 (16) ha dimostrato che il 32% degli studi catamnestici con i requisiti metodologici richiesti non ne danno alcuna definizione. Dei 16 studi con catamnesi fino a due anni solo uno contiene la definizione di astinenza a lungo termine. Dei 64 studi con catamnesi oltre i due anni solo 4 definiscono la recidiva ed uno solo contiene la definizione di recidiva precoce e tardiva. Gli autori concludono perciò che non c’è consenso sui concetti di ricaduta e di ricaduta precoce e tardiva e che l’utilità clinica delle attuali interpretazioni del problema sembra bassa e puo’ compromettere l’accumulo di conoscenza sulle recidive e la attendibilità delle ricerche sul trattamento.

In conclusione, nonostante la mole di ricerche pubblicate, il rischio di recidiva nel singolo caso non puo’ essere previsto o escluso con precisione. Si ribadisce tuttavia che ciò che interessa alla Commissione non é tanto la ricaduta nell’uso di alcool ma le recidiva della guida sotto il suo effetto. Nella relazione del SERD un motivato giudizio di basso rischio quindi si potrebbe e dovrebbe formulare valorizzando (possibilmente con i riferimenti bibliografici aggiornati) la presenza di fattori statisticamente associati ad una prognosi favorevole quali la durata della remissione, l’età matura, il cambiamento delle condizioni sociali presenti al momento della violazione (per esempio per il conseguimento di un lavoro stabile oppure per la cessazione di un lavoro stressante o per un matrimonio o per la nascita di figli) ma anche la assenza di altri comportamenti antisociali per un motivato giudizio di bassa probabilità. Mentre situazioni opposte o precedenti recidive dovrebbero comportare un giudizio di insufficienza di elementi per ritenere bassa la probabilità di recidive a breve termine. In entrambi i casi è fondamentale esporre ordinatamente gli elementi su cui ci si è basati per giungere alla conclusione.

La attestazione di partecipazione a programmi info-educativi

Alcuni servizi concordano con le CML l’offerta ai soggetti a cui è stata temporaneamente negata l’idoneità di programmi info-educativi gratuiti, individuali o di gruppo, come pre-condizione per riottenrela. Il progetto europeo DRUID (Driving Under the Influence of Drugs, Alcohol and Medicines in Europe, 17) ha infatti dimostrato che la associazione della sospensione della patente per un periodo contenuto tra 3 e 12 mesi con interventi riabilitativi anche brevi e con controlli medici può fornire i migliori risultati in termini di prevenzione della recidiva per molti automobilisti. Tale approccio non ha però dimostrato significativi benefici per coloro che avevano, al momento del fatto, un tasso alcolemico maggiore o uguale a 1,6 g/L, per i recidivi entro 5 anni, per coloro abituati ad un forte consumo e con una spiccata tolleranza all’alcol anche se in grado di astenersene nel periodo del controllo, per chi non vive in coppia, per chi è stato valutato ad alto rischio di recidiva da un esperto psicologo del traffico, per chi non ammette il problema o è indifferente ai problemi di salute e per chi non percepisce i rischi. Osserviamo che per le ultime tre categorie potrebbe essere utile un preliminare counselling motivazionale. Valgono per questi programmi le stesse considerazioni già espresse rispetto alla accessibilità dei servizi e alla opportunità di prevedere anche l’utilizzo di piattaforme on line, con le opportune cautele riguardanti la riservatezza.

Riferimenti bibliografici

  1. COMLAS, SIBioC, SIML, “Linee di Indirizzo per le CML in materia di uso / abuso di Alcol e Idoneità alla Guida” reperibile in http://www.publieditweb.it/CONDIVISA/COMLAS/Linee-guida-alcol-3-12-21.pdf
  2. Lundin, A., et al. “Towards ICD-11 for alcohol dependence: Diagnostic agreement with ICD-10, DSM-5, DSM-IV, DSM-III-R and DSM-III diagnoses in a Swedish general population of women.” Drug and Alcohol Dependence 227 (2021): 108925.
  3. Vergés, Alvaro, et al. “Not all symptoms of alcohol dependence are developmentally equivalent: Implications for the false-positives problem.” Psychology of Addictive Behaviors (2021).
  4. Slade, Tim, et al. “DSM-5 and ICD-11 alcohol use disorder criteria in young adult regular drinkers: Lifetime prevalence and age of onset.” Drug and alcohol dependence 229 (2021): 109184.
  5. Caputo, F., et al. “Identification of harmful drinking in subjects who have had their driving license suspended due to alcohol use: a retrospective Italian study.” (2020): 10720-10728.
  6. Hall, Wayne, Adrian Carter, and Cynthia Forlini. “The brain disease model of addiction: is it supported by the evidence and has it delivered on its promises?.” The Lancet Psychiatry 2.1 (2015): 105-110.
  7. Barnett, Anthony I., et al. “Drug and alcohol treatment providers’ views about the disease model of addiction and its impact on clinical practice: A systematic review.” Drug and alcohol review 37.6 (2018): 697-720.
  8. Davies, John. “Addiction is not a brain disease.” Addiction Research & Theory 26.1 (2018): 1-2.
  9. https://addictiontheorynetwork.org/
  10. Heather, Nick, et al. “Challenging the brain disease model of addiction: European launch of the addiction theory network.” Addiction Research & Theory 26.4 (2018): 249-255.
  11. Verschure, Paul FMJ, and Reinout W. Wiers. “Addiction Biases Choice in the Mind, Brain, and Behavior Systems: Beyond the brain disease model.” Evaluating the Brain Disease Model of Addiction. Routledge, 2022. 384-404
  12. Canali, Stefano. “Dimmi cosa pensi della dipendenza e ti dirò se guarirai. Le credenze sulle dipendenze ei loro effetti sull’autocontrollo.” da https://www.psicoattivo.com/le-credenze-sulle-dipendenze-e-i-loro-effetti-sullautocontrollo/
  13. Aaron T. Beck, Fred D. Wright, Cory F. Newman, Bruce S. Liese, “Cognitive Therapy of Substance Abuse”, Guildford Press 2001
  14. Sliedrecht, Wilco, et al. “Alcohol use disorder relapse factors: A systematic review.” Psychiatry Research 278 (2019): 97-115.
  15. Shenoy, Akhil, et al. “Scoring systems to assess relapse risk in alcohol use disorder presenting for early liver transplantation: A systematic review.” General hospital psychiatry 72 (2021): 23-30.
  16. Moe, Fredrik D., et al. “Is the relapse concept in studies of substance use disorders a “one size fits all” concept? A systematic review of relapse operationalisations.” Drug and alcohol review (2021).
  17. Driving Under the Influence of Drugs, Alcohol and Medicines in Europe (DRUID), “How effective are driver rehabilitation schemes?”, pp. 43-45, edito da EMCDDA, (2012)

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