Il qāt, l’eccitante africano

di Salvatore Giancane

Il qāt (Catha edulis) o khat  in inglese è una pianta originata probabilmente in Etiopia e la cui coltivazione è assai diffusa in tutta la penisola arabica ed in modo particolare nello Yemen. Il qāt é presente anche in altri paesi dell’Africa orientale come Sudan, Madagascar, Somalia, Kenya, Tanzania e Uganda. Nella forma in cui viene coltivato, il qāt si presenta come un arbusto che nel portamento e nella forma delle foglie ricorda vagamente il corbezzolo, con un’altezza compresa fra  gli 1 e i 3 metri. In natura il qāt può assumere la forma di un albero e superare  i 20 metri. Il qāt cresce ad altitudini superiori ai 1500 mt s.l.m. e sopporta le basse temperature fino allo zero termico.

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Le foglie della pianta sono lunghe fra i 3 ed i 10 cm, di forma lanceolata, con margine dentellato e di colore verde scuro lucido sul lato dorsale e verde pallido su quello ventrale. I fiori sono molto piccoli, e composti da 5 petali di colore bianco-sporco con sfumature verdastre. I frutti hanno un colorito brunastro ed un diametro di circa 1 cm, di forma trilobata e contengono tre semi (uno per lobo).

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Chimica

Il profilo chimico delle sostanze contenute nel qāt può variare in base alle condizioni climatiche ed ambientali. Nel solo Yemen sono stati censiti 44 ceppi differenti della pianta, in relazione ad altrettante aree geografiche diverse di quel paese. Il sapore delle foglie può variare e dipende in gran parte dal contenuto in acido tannico della pianta, ma è in genere acre accompagnato da un forte odore aromatico. Le foglie giovani sono in genere più dolci.[1], [2]

Nel qāt sono presenti numerosi composti chimici: alcaloidi, terpenoidi, flavonoidi, steroli, glicosidi, tannini, aminoacidi, vitamine e minerali. [3] Gli alcaloidi più importanti sono le cateduline (ne sono state identificate più di 60)[4] e le fenilalchilamine. Le fenilachilamine principali contenute nel qāt sono il catinone ed i due diasteroisomeri catina e norefedrina, tutte sostanze strutturalmente simili all’amfetamina ed alla noradrenalina.[5]

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Il catinone è presente soprattutto nelle foglie e nella vegetazione più giovane. Inoltre esso è instabile e tende ad andare incontro a reazioni di decomposizione: a seguito del processo di essiccazione il catinone si trasforma in catina. Per questo motivo le foglie ed i getti di vegetazione più giovane vengono preferiti e vengono tenute fresche con varie procedure, come il  trasportarle avvolte in foglie di banano.[6] Il contenuto in catinone del materiale vegetale pronto per essere masticato può variare oltre che per la freschezza anche in ragione della varietà della pianta o della regione di provenienza.[7]

Farmacologia generale

La pianta ha un profilo farmacologico complesso, anche in virtù dei processi di decomposizione, che danno luogo ad altri composti che mostrano a loro volta attività psicoattiva. Gli effetti più significativi, però, sono quelli provocati dal catinone e dalla catina e pertanto su queste due sostanze si sono focalizzati gli studi. Gli effetti farmacologici della pianta nel suo insieme, però, andrebbero sempre distinti da quelli isolati dei due catinoni.

Il catinone stimola la liberazione di dopamina nel Sistema Nervoso Centrale e inibisce la ricaptazione di adrenalina, noradrenalina e serotonina. I suoi metaboliti catina e norefedrina hanno lo stesso effetto, ma assi più debole.

Gli effetti farmacologici del qāt possono essere suddivisi in due categorie principali: quelli mediati dal sistema nervoso autononomo (o di tipo simpatico-mimetico) e quelli dovuti all’azione sul sistema nervoso centrale.

Effetti mediati sul sistema nervoso autonomo Effetti sul sistema nervoso centrale
 

·         Effetti sul sistema cardiovascolare

·         Effetti sul sistema urinario

·         Effetti sulla funzione adrenocorticale

·         Loquacità

·         Eccitazione

·         Aumentata allerta

·         Accelerazione dell’ideazione

·         Ridotta capacità di concentrazione

 

Effetti sul sistema cardiovascolare: una sessione di qāt ai dosaggi utilizzati nell’uso tradizionale prevede la masticazione di 2-2,5g di materiale vegetale fresco per chilogrammo di peso corporeo (solitamente vengono masticati 150-200 grammi per sessione). Gli studi sull’uomo sono stati condotti con dosaggi inferiori (0,6g per kg di peso corporeo). A queste dosi il qāt induce un modesto  aumento transitorio della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, che inizia già prima che si raggiungano livelli plasmatici efficaci e che quindi potrebbe essere in parte dovuto alla partecipazione all’esperimento. Questi effetti possono essere bloccati con il beta1-bloccante atenololo, ma non dagli alfa-bloccanti e ciò indicherebbe una mediazione attraverso i recettori beta1-adrenergici. La modificazione transitoria dei parametri cardiovascolari insorge 60 minuti dopo l’inizio della masticazione e perdura per circa 3 ore.[8]

Effetti sul sistema urinario: il qāt induce una riduzione del flusso urinario medio e massimo. Gli effetti urinari sono dovuti ad una stimolazione alfa adrenergica, come indicato da un completo blocco di questo effetto tramite indoramina, un antagonista selettivo dei recettori alpha-1 adrenergici.[9]

Effetti sulla funzione adrenocorticale: l’assunzione di qāt aumenta i livelli di ACTH negli esseri umani.[10]

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Effetti sul sistema nervoso centrale: la masticazione del qāt indice uno stato che viene generalmente descritto come di euforia e di esaltazione, con sensazione di aumentata allerta, di eccitazione ed energia. Segue solitamente uno stato caratterizzato da loquacità, discussione vivida ed eccitazione dell’umore. Il pensiero è caratterizzato da un’ideazione veloce, ma con ridotta capacità di concentrazione. Alla fine della sessione possono comparire alterazioni del tono dell’umore in senso depressivo, irritabilità, anoressia ed insonnia. In ultimo subentra letargia, con tendenza a svegliarsi più presto il  mattino successivo e ridotta efficienza lavorativa.[11]

Effetti sulla sessualità: la masticazione del qāt avrebbe effetti anche sulla sfera sessuale. Secondo molti consumatori maschi, il qāt avrebbe un effetto potentemente afrodisiaco e consenterebbe performance sessuali energiche e prolungate. Il massimo effetto lo si avrebbe dopo 1-2 ore dalla masticazione. Ad apparente conferma di questa convinzione, i soggetti di sesso maschile utilizzatori abituali di qāt vengono etichettati dalla popolazione ugandese come ‘maniaci sessuali’.[12] Fra le donne ugandesi e somale, invece, il consumo della droga da parte degli uomini viene associato all’impotenza e alla scarsa capacità lavorativa, per cui è convinzione comune che per fare un buon matrimonio bisogna evitare di scegliere un consumatore di qāt. Le donne inoltre lamentano che gli uomini sarebbero più interessati al  qāt che a loro stesse.[13] In tutta l’Africa orientale il consumo di qāt è associato ad effetti sulla libido e sulla performance sessuale, ma questi non sono riportati in modo univoco. Un’indagine effettuata in Uganda nel 2004 tramite questionario ha prodotto risposte assai discordanti.[14] Di seguito alcune risposte: “Induce vigore sessuale negli uomini, specie in quelli sposati”, in totale contrapposizione con la risposta di un altro uomo che afferma ”Mi rende sessualmente debole e faccio fatica ad organizzarmi”. Sulla stessa falsariga la risposta di un altro uomo “Rende molti uomini impotenti. Sotto effetto di qāt non sento il bisogno di una donna”. Una donna intervitata, però, descrive così il rapporto fra la droga e la libido “Fa aumentare l’appetito sessuale. Dopo aver masticato hai bisogno di un uomo”. Al di là del tipo di effetto prodotto dalla masticazione, tutti sembrano comunque concordare sul fatto che essa abbia una ricaduta sulle prestazioni sessuali, aumentandole secondo alcuni, riducendole secondo altri. In molti paesi africani, le donne che fanno uso di qāt  vengono giudicate immorali[15] e ‘facili’ ed esiste la convinzione che la masticazione favorisca la pratica dello stupro e la violenza in genere.[16] Molti ricercatori africani, infine, considerano la pratica della masticazione come un fattore di rischio per l’infezione da HIV.

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Modalità di assunzione

Le foglie ed i getti giovani di qāt vengono assunti masticando il materiale vegetale e trattenendolo in bocca. Le foglie vengono introdotte in bocca 2-3 per volta: dopo essere state finemente triturate, la poltiglia viene spostata con la lingua nel vestibolo orale, fra la guancia e l’arcata dentale. A differenza di quanto accade con le foglie di coca, non è necessario aggiungere bicarbonato o altri attivanti. Ogni volta che la manovra viene ripetuta, le dimensioni del bolo aumentano, fino a deformare vistosamente la faccia. La saliva nel frattempo contribuisce alla digestione delle foglie ed i principi attivi che si liberano vengono lentamente assorbiti attraverso la mucosa orale. Maggiore è la capacità del masticatore di ritenere un bolo di grosse dimensioni, senza sputarlo, maggiore è l’effetto. Ad ogni modo esso insorge lentamente e necessità della masticazione di almeno 150 grammi di vegetale in un soggetto di peso medio per un effetto pieno. Il rito della masticazione viene effettuato solitamente in una particolare posizione semi-distesa del corpo, generalmente indicata come la posizione del qāt.

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 Potenziale additivo

La masticazione del qāt non sembra avere un elevato potenziale additivo, anche se il suo consumo continuativo condiziona la vita sociale ed economica dei suoi utilizzatori. La dipendenza indotta da qāt è moderata e compare solo nell’uso quotidiano prolungato. Possono esistere un moderato craving ed una leggera tolleranza, ma non vi è una sindrome da astinenza da qāt chiaramente identificabile. La sospensione brusca della droga in un consumatore cronico può provocare qualche fine tremore, letargia, tono dell’umore orientato in senso depressivo: si tratta in genere di sintomi lievi che si risolvono in pochissimi giorni.[17] Lo scarso potenziale additivo del vegetale rispetto a quello del catinone isolato è probabilmente legato alle modalità autolimitanti di assunzione durante una sessione di qāt.[18]

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Reazioni avverse

Le reazioni avverse da qāt sono dovute soprattutto all’abuso cronico, ma si possono presentare anche per abuso acuto di enormi quantità di vegetale. Le modalità di assunzione sembrano limitare significativamente quest’ultimo rischio.

Crisi psicotiche: l’assunzione della droga vegetale può provocare due tipi di crisi psicotica: a) manifestazioni di tipo maniacale, con delirio di grandezza; [19] b) manifestazioni di tipo paranoideo o schizoide associate a delirio persecutorio con ansia, paura ed in qualche caso allucinazioni uditive.[20] Entrambe queste reazioni sono eccezionali ed in relazione con l’assunzione di grandi quantità della droga.[21] . I sintomi regrediscono spontaneamente sospendendo l’uso della sostanza e non è necessaria la terapia con antipsicotici per ottenere una completa remissione della sintomatologia. [22]

Allucinazioni ipnagogiche: possono comparire nell’uso cronico di grandi quantità e presentarsi da svegli o in concomitanza con l’addormentamento, associate o  meno a paralisi ipnagogiche.[23] Possono consistere in allucinazioni/visioni che coincidono con l’inizio del sonno ed in cui riesce difficile distinguere l’allucinazione dal sonno e dalla realtà stessa o da visioni oniriche che si materializzano da svegli. Solitamente non disturbano la persona e pertanto non vengono valorizzate.

Deterioramento cognitivo: secondo alcuni studi, l’uso cronico di qāt provocherebbe una riduzione della flessibilità cognitiva (ovvero della capacità di adeguare il proprio comportamento alla situazione in modo rapido e flessibile) ed una riduzione della memoria di lavoro, che possono avere ripercussioni negative sulle comuni attività quotidiane e sulle relazioni sociali.[24]

Complicanze cardiovascolari: il riscontro di una aumentata incidenza di infarto miocardico nei paesi produttori nel corso della seconda metà della giornata (le ore del qāt) ha fatto ipotizzare un’associazione fra consumo della droga ed aumentato rischio di infarto miocardico.[25] Coloro che consumano grandi quantità di qāt avrebbero un rischio di infarto 39 volte maggiore.[26] Fra i masticatori cronici, infine, vi sarebbe una maggiore prevalenza di ipertensione arteriosa2 e di emorroidi.[27]

Complicazioni orali e gastrointestinali: i consumatori di qāt presentano spesso peridontiti, ma questo potrebbe essere dovuto ad una scarsa igiene orale.[28] L’elevato contenuto in tannino delle foglie può provocare una gastrite erosiva.[29] Alcuni studi hanno riportato una maggiore prevalenza di carcinoma orale fra i masticatosi di qāt: il ruolo della droga nell’indurre la neoplasia non è mai stato dimostrato e rimane controverso, così come non è possibile escludere il ruolo delle sostanze chimiche utilizzate per trattare le piantagioni.[30]

Interazioni con farmaci: uno studio recente ha dimostrato una riduzione significativa dei livelli plasmatici di clorochina nei soggetti che effettuano la profilassi o la terapia antimalarica e masticano qāt. I pazienti dovrebbero essere avvisati di non assumere la droga durante il trattamento con clorochina.[31]

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Il qāt nello Yemen

La masticazione del qāt è diffusissima nello Yemen e condiziona profondamente l’economia e la vita sociale di quel paese. In Yemen masticano quotidianamente qāt il 90% degli uomini, il 50% delle donne ed il 20% dei bambini sotto i 12 anni.  Ogni famiglia investe dal 30 al 50% dei suoi introiti per l’acquisto della droga vegetale. Più del 40% delle risorse idriche del lo Yemen vengono utilizzate per la coltivazione del qāt (la produzione di una dose giornaliera richiede oltre 600 litri di acqua). Masticare le foglie ed i getti giovani dell’arbusto non è vietato dalla religione islamica e pertanto gli entusiasti del qāt in Yemen lo considerano ‘l’alcol dell’Islam’, sostenendo che l’effetto del qāt non impedisce di pregare e lo considerano un rituale sociale, al pari di quello del tè in altre culture.

La giornata nello Yemen è divisa in due parti: al mattino gli abitanti sono impegnati nelle normali attività quotidiane e lavorative, ma a metà giornata si recano al mercato ad acquistare il materiale vegetale fresco, che iniziano a consumare all’ora di pranzo. Alle quattro del pomeriggio la maggior parte della popolazione yemenita che si può incontrare per strada è sotto l’effetto della droga. Durante le ore passate a masticare la gente non lavora, ma si intrattiene conversando loquacemente, in casa o all’aperto, radunata in gruppi in cui spesso masticano anche i bambini. Le piantagioni di caffè pregiato, un tempo principale voce di esportazione del Paese, son state quasi completamente sostituite da colture di qāt, le quali rischiano a loro volta di esaurire le riserve idriche dello Yemen.

Il qāt ormai si identifica con lo stesso Yemen e costituisce il collante sociale dell’unità del paese. Un collante che finisce però per cristallizzare un’intera nazione ed impedire qualsiasi evoluzione.

 

[1] Geisshusler S, Brenneisen R. The content of psychoactive phenylpropyl and phenylpentenyl khatamines in Catha edulis Forsk. of different origin. J Ethnopharmacol 1987;19:269-277.

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[4]Kite GC, Ismail M, Simmonds MS, Houghton PJ. Use of doubly protonated molecules in the analysis of cathedulins in crude extracts of khat (Catha edulis) by liquid chromatography/serial mass spectrometry. Rapid Commun Mass Spectrom 2003;17:1553-1564

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