Un esperimento di contro-challenge diventato virale
Gaetano Tizza, socio SITD Sicilia, psicologo della comunità terapeutica “Vivere” di Piazza Armerina, colpito favorevolmente da un video educativo della collega Valeria Marrella di Lentini, visto su Facebook, ci invia questo contributo che volentieri pubblichiamo.
’Esperimento’’ di contro-challenge diventato virale (Valeria Marrelli Psicologo-psicoterapeuta – Dir. istituto psicopedagogico il Bambino della Speranza – Lentini)
(trascrizione del video con 8000 visualizzazioni: https://www.facebook.com/1579445759/posts/10219660870223842/?d=n)
Con il lockdown gran parte della nostra vita si è trasferita online e i social sono l’unico strumento con cui restare in contatto con gli amici .Ha catturato la mia attenzione, in particolar modo la challenge delle “bevute” con relative nominations, una challenge, che in passato ha coinvolto solo una fascia d’età giovanile, in questi giorni impegna le home page dei nostri social, coinvolgendo anche con maggiore frequenza anche una fascia d’età adulta e padri e madri di famiglia.
Da anni mi occupo di disagio e per lavoro mi tengo aggiornata sulle ricerche relative all’abuso di alcool.
Mi sono posta il problema soprattutto sul piano educativo. A questo proposito Marco Nuara, pediatra di Humanitas, citando una recente ricerca sul consumo di alcool nei giovani nel Regno Unito, in un articolo apparso su Humanitasalute, afferma che “il ruolo di genitore, il fatto di costituire un modello di riferimento per i figli impone un comportamento responsabile sempre. Per questo occorre essere consapevoli che la quantità di alcol assunta o l’esibizione compiaciuta del gusto che dà il bere potrebbe incoraggiare i figli a consumare alcolici. ».
Mi è nata così l’idea di partecipare, con l’intenzione di veicolare un messaggio educativo, con lo stesso linguaggio e le stesse modalità comunicative del gioco social, dunque ne ho rispettato la struttura ma ho modificato il contenuto.
Ho usato la challenge, con l’intento di smontare col suo stesso linguaggio la valenza diseducativa, ma quello che nelle mie previsioni, era uno scherzo destinato ai miei pochi contatti si è trasformato in uno spunto di riflessione per un’intera comunità.
Ho bevuto tre bicchieri d’acqua procedendo alle mie nominations.
Nella Prima nomination presento i dati Istat, di recente pubblicati anche nel sito del ministero della salute:
in Italia 40.000 persone muoiono ogni anno a causa di problemi legati all’alcool, cirrosi epatica , infarto del miocardio, tumori, incidenti domestici, sul lavoro e incidenti stradali.
Tre milioni di consumatori a rischio, un milione di alcolisti.
La seconda e la terza nomination riguardano rispettivamente “fegato” e “cervello” volendo sensibilizzare sui potenziali danni relativi all’abuso che riguardano questi organi vitali.
Ho segnalato che si tratta di una sostanza piuttosto pericolosa, soprattutto per i giovani, infatti fino all’età di 20 anni circa, nel corpo umano non sono ancora presenti gli enzimi destinati alla metabolizzazione dell’alcol. E le aree neurologiche deputate alle funzioni di memoria e attenzione potrebbero riportare dall’abuso, conseguenze irreversibili.
Concludo il video con un invito alla riflessione da parte dei genitori. I nostri figli ci guardano, imparano da noi, cosa è pericoloso, su cosa si può scherzare e su cosa no. Sul piano educativo, “normalizzare” l’uso dell’alcool come gioco, come sfida e come elemento utile a favorire le relazioni sociali, anche se con buone intenzioni, può essere pericoloso. Nei ragazzi, tra 11 e 29 anni, il consumo di alcol è la prima causa di morte ed è spesso alla base di diversi incidenti stradali. I messaggi che veicoliamo sui social noi adulti devono essere responsabili. Bere responsabilmente, e anche usare social responsabilmente.
Certo è che l’ampia diffusione del video potrebbe indurre una metanalisisulla comunicazione.
Soprattutto su quanto sia difficile informare e sensibilizzare usando il rigore comunicativo di una comunicazione scientifica tradizionale, e come invece sia stato semplice realizzarlo attraverso un registro comunicativo ludico e scherzoso.
Challenge – bisogno di like e alternative edoniche (Gaetano Tizza Psicologo-psicoterapeuta – Direttore scientifico Comunità terapeutica Vivere – Piazza Armerina)
La moda del challenge (sfida), abusando di alcol, ma come di altri giochi pericolosi, è una dipendenza da like, dal bisogno di apparire, di adolescenti e giovani iperconnessi al web, specie in questo periodo di quarantena, spinti dal “piacere prodotto dall’adrenalina che sostiene la sfida” (Giuseppe Maiolo: www.officina-benessere.it)
Parliamo di dipendenze comportamentali e le challenge fanno parte della macro area delle dipende tecnologiche e più nello specifico delle dipendenze da social netwok.
A parte la rilevanza dei danni fisici, a breve e a lungo termine anche irreversibili, ben definiti dalla collega, questi comportamenti rischiano di amplificarsi e peggiorare nel tempo. Il brio della sfida e dei like soddisfano la dimensione del piacere e del sentirsi vivi e “visibili” ma rischiano di portare ad una svalutazione dei rischi che implicano sfide talvolta pericolose. Oltre alle challenge con alcol (necknominate), ne sono un esempio tante altre, nei quali si sfida in azioni pericolose e autolesionistiche che possono portare anche alla morte: la blue whale challenge (si trovano sul web decine di sfide a farsi del male); bird box challenge (bendarsi e camminare in casa, per strada o guidando l’auto); fire challenge (darsi fuoco e vedere quanto si resiste); eraser challenge (sfregare una gomma da cancellare su una parte del corpo fino a creare abrasioni); tide pods (masticare capsule di detersivo); salt and ice challenge (provocarsi ustioni con sale e ghiaccio); e tante altre (www.adolescienza.it).
Si rischia cioè di sviluppare un’attitudine ad esibire comportamenti estremi e trasgressivi per sentirsi vivi e popolari sul web, bypassando l’esperienza, ma anche banalizzando di conseguenza tanti altri modi attraverso i quali godere di soddisfazioni in ambito sociale, romantico, familiare, progettuale e del piacere verso l’infinità di stimoli che il mondo offre. Ho creato anni fa, a tale scopo, un elenco con ben 200 attività piacevoli per esercitarsi ad esplorare, sperimentare e maturare, attraverso tutti e 5 i sensi, un sano coinvolgimento ed una passione verso lo sport, l’arte e la musica.
Purtroppo una quota di giovani e adolescenti, oltre a trasformare il piacere in bisogno di approvazione, di like, di essere al centro dell’attenzione a tutti i costi attraverso le sfide nel web, subisce una forma di apatia ed anedonia che si traduce in una difficoltà di provare piacere verso stimoli solitamente gratificanti. La ricerca di forti sensazioni trascurando i rischi che queste comportano è spesso dovuta ad un background privo di “alternative sane”.
Oltre a sviluppare nel tempo croniche e gravi dipendenze, questi comportamenti favoriscono lo sviluppo di disturbi psicologici associati: ansia, panico, insonnia, depressione, difficoltà relazionali, abbassamento del senso di autoefficacia e del valore personale, …
Come adulti e professionisti dobbiamo essere di esempio e sensibilizzare i giovani a riconoscere non solo i rischi e i danni fisici e psicologici, ma anche la motivazione che li spinge in questa direzione. Affrontare il malessere che sottende questa condizione significa da un lato aiutarli a capirne le cause e dall’altro, promuovere sane esperienze edoniche (piacevoli).
I genitori dovrebbero essere più presenti, attenti, disponibili al confronto, ma anche autorevoli, capaci di sapere dire di no e di esercitare l’adeguato controllo sull’uso e abuso dei social network.
Al giovane attratto da challenge pericolosi e disfunzionali dico: se vuoi provare belle e anche forti emozioni cercali nella musica, sport, cultura, cinema, amore, viaggi … nella straordinaria bellezza della natura!