Le psicosi associate al consumo di cannabis. Parte quinta: intermezzo clinico. Reazioni psicotico-mimetiche e psicosi
SINTOMI PSICOTICI CHE SI PRESENTANO SUBITO DOPO ASSUNZIONE DI CANNABIS
Nella letteratura esaminata fino a questo momento non è quasi mai specificato quale tipo di sintomi presentavano i pazienti osservati ed arruolati nei vari studi nè viene mai fatta distinzione fra psicosi insorte subito dopo assunzione di cannabis oppure a distanza di tempo, che pertanto vengono considerate assieme. L’attenzione degli psichiatri sembra essere focalizzata solo sul riscontro di sintomi classificabili come ‘psicotici’, senza alcuna altra distinzione di tipo qualitativo, descrittivo o fenomenologico. Pertanto, è molto probabile (come obiettato da alcuni autori, presi in esame nella precedente trattazione) che fra le diagnosi di psicosi siano state inserite anche tutte le reazioni psicotico-mimetiche che possono presentarsi subito dopo l’assunzione di cannabis e questo potrebbe costituire un ulteriore bias metodologico.
Molti psichiatri, a dire il vero, negano l’esistenza di tali reazioni e tendono comunque a comprenderle fra le psicosi, ma esistono importantissime differenze distintive fra queste due situazioni e, soprattutto, esse richiederebbero un approccio clinico totalmente diverso. L’esistenza delle cosiddette reazioni psicotico-mimetiche, invece, non è negata dai consumatori, per i quali esse costituiscono semplicemente un possibile effetto acuto avverso della cannabis (indicato, da sempre, con il termine di “bad trip” oppure “gli ha preso male“) da gestire, secondo gli stessi, al di fuori di qualsiasi contesto medicalizzato.
La prima caratteristica clinica distintiva importante delle reazioni psicotico-mimetiche è che esse si presentano subito dopo l’assunzione di cannabis, ovvero entro i primi minuti (o le prime due ore se ingerita) e vengono attribuite all’assunzione della sostanza anche da parte della persona stessa.
Il secondo aspetto distintivo (e assolutamente da non trascurare) è che questo tipo di evento può verificarsi anche in soggetti sani e senza alcuna evidente compromissione psichica nè sintomi psicotici pre-esistenti. Queste reazioni, per alcuni, pur presentando sintomi che possono essere definiti psicotici, sembrano avere più una genesi psicogena ed originare da un pensiero disfunzionale e dalla percezione soggettiva dell’inadeguatezza delle proprie condizioni mentale al momento ed alla situazione, da cui può scaturire la sensazione angosciante dell’incapacità a controllare la propria mente.
Il terzo aspetto da tenere presente è che le reazioni psicoticomimetiche, oltre che presentarsi in persone normali, possono aggiungersi ad una sintomatologia subclinica e complicare sintomi psicotici pre-esistenti.
L’esperienza clinica insegna che, nei soggetti sani, le crisi psicotico-mimetiche sono seguite da restitutio ad integrum o comunque non presentano strascichi clinici rilevanti. Rimane invece da comprendere il possibile ruolo di queste reazioni in coloro che già presentavano sintomi psicotici. E’ anche da prendere in considerazione che l’uso di cannabis possa aggravare direttamente i sintomi psicotici, ma non è escluso che questo aggravamento sia solo il frutto della situazione disfunzionale, che li svela e li rende maggiormante evidenti.
PRESENTAZIONE CLINICA DELLE REAZIONI PSICOTICO-MIMETICHE
Nella letteratura scientifica sono presenti numerosi lavori (alcuni dei quali citati negli articoli prededenti), che tentano di caratterizzare sul piano clinico e sintomatologico le reazioni psicotico-mimetiche che possono seguire subito dopo l’assunzione di cannabis. Integrando le informazioni presenti in letteratura con l’esperienza clinica, è possibile tracciare un profilo abbastanza preciso delle crisi simil-psicotiche nell’intossicazione acuta da cannabis.
Uno dei sintomi più frequenti nelle reazioni psicotico-mimetiche è la derealizzazione, ovvero la sensazione di percepire in maniera distorta il mondo esterno e di percepire le persone conosciute come estranee (può capitare che la persona chieda continua conferme sull’identità dei presenti). Nella derealizzazione, gli oggetti e l’ambiente familiare possono essere avvertiti come inusuali o estranei. La persona con derealizzazione non riesce a descrivere le proprie sensazioni nè il modo in cui percepisce le cose e tentando di farlo utilizza spesso l’espressione ‘come se‘. La realtà può essere vissuta ‘come in un film‘ e può coesistere un calo del visus, più che altro come offuscamento della vista.
La derealizzazione può essere aggravata dalla contemporanea presenza di depersonalizzazione. La depersonalizzazione è una sensazione soggettiva di dissociazione dal senso di sè fino ad arrivare, nei casi più gravi, a chiedere conferma agli altri sulla propria identità. La persona può non riconoscersi ed avvertire il proprio pensiero, il proprio corpo ed il proprio modo di essere come estraneo oppure sforzarsi per mantenere la consapevolezza del sè.
Molto dipende anche da come la persona vive questi sintomi: la derealizzazione e la depersonalizzazione possono essere avvertiti da qualcuno come angoscianti. In particolare a creare angoscia è la sensazione di mancanza di controllo sulla propria mente e questo può scatenare una crisi di panico, aggravata spesso dalla paura che questo tipo di effetto non finisca mai, ma perduri nel tempo o sia definitivo.
Un altro sintomo che può essere presente è la paranoia, come ad esempio la certezza di avere un chip impiantato sotto pelle.
Possono infine coesistere dispercezioni o allucinazioni, soprattutto visive.
Questa particolare situazione clinica è più frequente in caso di ingestione di cannabis ed ha una durata in genere limitata, che coincide con quella degli effetti della sostanza (poche ore se fumata, 8-12 ore se ingerita). Possono essere presenti strascichi il giorno dopo (after effects), come la sensazione di camminare a 10 centimetri da terra o quella di testa vuota o anche soltanto stanchezza fisica. Non sono state evidenziate conseguenze clinicamente apprezzabili o rilevanti di questo tipo di reazione nei soggetti senza una condizione premorbosa.
Quasi trenta anni di esperienza professionale hanno insegnato che questo tipo di reazione in alcuni può presentarsi frequentemente, in altri essere episodica e presentarsi anche con dosi basse di cannabis, risentendo piuttosto di fattori individuali (anche temporanei) che ne abbassano la soglia, più che della dose assunta.
I sintomi delle reazioni psicotico-mimetiche possono essere certamente classificati come psicotici, ma questa situazione clinica per molti (compreso chi scrive) andrebbe invece compresa fra i possibili effetti acuti avversi della cannabis con espressività clinica psicotiforme, perchè si esaurisce con la fine degli effetti della soistanza e pertanto non andrebbe confusa con le crisi psicotiche.
REAZIONI PSICOTICO-MIMETICHE: CHE FARE?
I “bad trip” da cannabis solitamente sono gestiti in autonomia dai consumatori stessi, attraverso presidi che, quando adottati, si dimostrano efficaci nel ridurre significativamente il livello di sofferenza. Qualcuno, intelligentemente, ha traslato questi criteri nella pratica clinica:
- Ridurre gli stimoli ambientali e sensoriali: la persona dovrebbe essere condotta in un luogo appartato e silenzioso, non molto luminoso e sistemata distesa o in posizione comoda;
- Ridurre il numero delle persone presenti: assieme al soggetto dovrebbero restare pochissime persone, preferibilemte quelle di cui questi si fida di più o con cui ha il rapporto meno conflittuale;
- Stabilire un contatto, anche fisico (ad esempio stringere la sua mano): comunicare con la persona usando un tono di voce calmo e non allarmato. Invitarlo a spiegare il proprio malessere e rispondere alle sue domande utilizzando riferimenti reali, concreti e verificabili. Aiutarlo nell’interpretazione e nella rappresentazione della realtà e fornire risposta a tutti i suoi dubbi;
- Rassicurare la persona: soprattutto sul fatto che i sintomi che avverte dipendono dagli effetti della cannabis e sono destinati a risolversi in breve tempo (e soprattutto che dopo tutto tornerà come prima).
Per esperienza, questo approccio riduce in modo significativo la sofferenza nelle maggior parte delle persone con reazioni psicotico-mimetiche, in particolare quelle i cui sintomi svaniscono all’esaurirsi degli effetti della cannabis. In alcuni casi persiste la crisi di panico, che in genere risponde al diazepam.
C’è però da chiedersi: può questo tipo di approccio essere messo in atto nel Pronto Soccorso di un Ospedale? Vi è il tempo per fare ciò? Vi sono i luoghi idonei? Vi sono le persone disponibili? Oppure vi è il rischio fondato della somministrazione, in prima battuta, di farmaci antipsicotici, con la possibilità di ulteriori complicazioni, sia sul piano neurobiologico, che nella costruzione di un percorso di medicalizzazione?
In base a queste osservazioni, forse non è peregrino (e neanche irresponsabile) affermare che le persone sane che presentano sintomi simil-psicotici subito dopo assunzione di cannabis andrebbero avviate al Pronto Soccorso solo se questi sintomi persistono dopo l’esaurimento degli effetti della sostanza, oppure se questi sintomi sono gravi e mettono a rischio l’incolumità della persona o di altri (evento raro). Le cronache giornalistiche sono piene di cronache di ricoveri (forse non necessari) effettuati in persone che avevano mangiato una torta alla marijuana ed erano particolarmente agitate e che non hanno richiesto alcuna altra cura particolare, se non l’attesa dell’esaurimento degli effetti. Ciò non significa che queste persone vadano lasciate sole e senza assistenza, tutt’altro, ma solo che l’Ospedale non è forse il posto più idoneo cui avviarli perchè è affollato, rumoroso con troppi stimoli luminosi, sensoriali ed i medici non hanno molto tempo da perdere con questo tipo di situazioni.
IL RUOLO DEI PARI
L’importanza della costruzione di una conoscenza scientifica condivisa con i consumatori è particolarmente evidente quando si affronta il rapporto fra cannabis e psicosi ai fini della prevenzione. Come già fatto notare da Hall (vedi articoli precedenti), il sospetto da parte dei consumatori che l’enfasi che viene posta sul ruolo nella cannabis nella psicosi (e la ricerca ossessiva di un nesso causale) riconosca motivazioni ideologiche, chiude le porte a qualsiasi strategia preventiva.
I consumatori di cannabis non negano l’esistenza delle reazioni psicoticomimetiche, le indicano soltanto in un altro modo. E’ pertanto possibile definire una visione condivisa (da parte della comunità scientifica e di chi la cannabis la consuma), che potenzialmente può avere effetti positivi in termini di prevenzione.
I possibili effetti positivi di questo tipo di approccio sono vari e vale la pena elencarli:
- sensibilizzazione sull’inopportunità di un’ospedalizzazione precoce (molti si spaventano ed accompagnano al Pronto Soccorso l’amico e questo può diventare il primo atto di un percorso, forse inopportuno, di medicalizzazione)
- comunicazione ai consumatori del comportamento, nonchè delle modalità relazionali e comunicative da adottare in acuto, per ridurre il livello di sofferenza di queste persone e favorire il loro ritorno alla normalità
- sensibilizzazione dei consumatori sull’opportunità di scoraggiare il consumo da parte di amici e conoscenti in cui questi sintomi si presentino in modo frequente o con particolare gravità. Molti studi hanno riconosciuto un ruolo negativo dei pari nel favorire in qualche modo il consumo da parte di persone con problemi clinici evidenti ed in cui l’assunzione di cannabis peggiora il decorso: una conoscenza condivisa potrebbe trasformarli da gruppo di pressione in alleati.
Questo non esaurisce il dibattito scientifico su cosa in realtà rappresentino queste manifestazioni, neppure quello sul rapporto fra cannabis e malattia mentale (che appare assai complesso) e neanche quello sulle complicazioni cliniche (o sui miglioramenti) che ne possono derivare, ma potrebbe contribuire a migliorare la vita e la cura di molte persone. Per fare ciò, però, è necessario innanzitutto che la buona volontà (anche scientifica) si sostituisca all’ideologia.
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