Roger Scruton, cosa pensava un filosofo conservatore di cannabis e tabacco
Nel suo discorso programmatico alla Camera Giorgia Meloni ha citato Roger Scruton come “uno dei grandi maestri del pensiero conservatore europeo”, mentre alcuni giorni fa La Stampa ha pubblicato la prefazione di Giuliano Ferrara ad un libro del filosofo inglese, esaltandone il pensiero conservatore.
In questa sede viene spontaneo chiedersi se il filosofo inglese potrà essere un punto di riferimento nell’indirizzare la politica del nuovo governo nel campo del consumo di sostanze psicotrope. Nel mio piccolo vorrei segnalarvi alcune cose in cui mi sono imbattuto e che riguardano come Scruton considerava tale consumo.
La prima concerne il suo libro “Bevo dunque sono. Guida filosofica al vino” (Raffello Cortina 2010) che non ho trovato altrimenti memorabile se non per un passo che vi riporto: “La cannabis ha effetti che persistono per giorni, dà più dipendenza [dell’alcol] ed è più radicale, perché non produce solo alterazioni mentali temporanee ma anche trasformazioni della personalità permanenti o semipermanenti, e in particolare una perdita, osservata spesso, del senso morale (la perdita del senso morale si osserva anche negli alcolizzati, ma non si può spiegare solo con la dipendenza)” (p.143).
Da dove abbia tratto il materiale per formulare affermazioni così perentorie non è dato sapere e sarebbe stato anche molto interessante capire cosa il filosofo abbia inteso dire con “perdita di senso morale” indotta dalla cannabis. Se fosse davvero così sarebbe un bel guaio, visto che oltre 22 milioni di europei adulti ne hanno segnalato il consumo nell’ultimo anno (Relazione europea sulla droga 2022: tendenze e sviluppi). Comunque sia, nel suo discorso alla Camera la neo Presidente del Consiglio ha lasciato chiaramente intendere la sua consonanza con il pensiero di Scruton anche su questo punto quando, parlando di come la pandemia abbia aggravato “la crescente emergenza [giovanile] delle devianze, fatte di droga, alcolismo, criminalità”, ha affermato che “la risposta di certa politica è stata promettere a tutti la cannabis libera. Perché era la risposta più facile.” Staremo a vedere.
Ciò che è auspicabile è che il nuovo governo non segua invece la linea libertaria ripetutamente espressa dal filosofo inglese per quanto riguarda il fumo del tabacco. Una linea espressa in maniera particolarmente chiara in un suo articolo pubblicato dal Wall Street Journal il 9 febbraio del 1998. Dopo aver affermato che “Il processo ai giganti del tabacco e l’instancabile persecuzione del loro commercio lo induce a chiedersi che ne è stato del ragionamento razionale”, prosegue notando che una delle poche crociate morali “costantemente sostenute dai governi moderni è diretta contro una fonte di piacere sensoriale che non alimenta direttamente, come fanno droghe e pornografia, il fiume sempre più gonfio della delinquenza. Ovviamente il tabacco, usato in eccesso, può danneggiare la salute. Ma lo stesso è vero per la carne, il sapone, l’alcol, le automobili e i computer. Inoltre, cosa intendiamo per salute? Dalla sua abitudine l fumatore medio ne ricava rilassamento mentale, fiducia sociale e una facile forma di socialità: non sono queste parte della salute? E non abbiamo forse ragione nell’ottenere questi benefici a spese di un qualche anno in più di vita, quando in ogni caso i più di noi vivono troppo a lungo?” Fino a venire al punto che gli interessa: polemizzare con il provvedimento di bando della pubblicità del tabacco emesso dalla Comunità Europea: “Come avviene spesso a Bruxelles, un burocrate non eletto decide di ignorare le ragionevoli osservazioni del mondo degli affari, dei consumatori e dei governi, per portare avanti misure per le quali non c’è altra giustificazione che il folle pregiudizio che pone il fumo del tabacco nella stessa luce nella quale i Vittoriani ponevano la masturbazione.”
Un paio d’anni dopo Scruton rivolge una forte critica al documento quadro della WHO sul controllo del tabacco (Framework Convention for Tobacco Control) e qui riporto quanto lo storico americano Allan Brandt cita nel suo “The Cigarette Century” (Basic Books 2007): “Attraverso un trucco semantico, Mrs Brundtland [direttore generale del WHO] e il suo gruppo di lavoro sono stati capaci di classificare come una malattia pericolosa quanto in realtà è una attività volontaria e una fonte di piacere, il cui rischio ricade interamente sul fumatore … Big Tobacco è un avversario facile da demonizzare, uno attualmente indifeso come un orso incatenato e tormentato.”
Così commenta Brandt: “L’attacco di Scruton al FCTC non poteva essere più potente se avesse lavorato per la stessa industria del tabacco. E presto venne alla luce che questo intellettuale ritenuto indipendente era alle dipendenze della Japan Tobacco, uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali. In una e-mail ai suoi datori di lavoro, trapelata al Guardian, Scruton aveva richiesto un aumento di stipendio: ‘penso di fornire un buon rapporto prezzo-qualità in un business condotto in gran parte da squali e imbroglioni’. Non v’è dubbio, continua Brandt, che Scruton era il miglior filosofo che Big Tobacco potesse comprare, concludendo che del resto “Le compagnie del tabacco avevano una lunga storia di acquisto dei servizi di intellettuali ed élite culturali come parte della loro strategia sul lungo termine di esercizio dell’influenza sul dibattito pubblico.” (pp. 483-484).
Alla luce di questi fatti, v’è allora da chiedersi se il recente ingresso delle multinazionali nel business della cannabis non sia in grado di ammorbidire certe posizioni ora inflessibilmente proibizioniste.
Paolo Nencini
(paolo.nencini@unitelma.it)
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Per la cronaca il professor Scruton è deceduto per tumore al polmone il 12 gennaio 2020. Qui il necrologio del Guardian https://www.theguardian.com/books/2020/jan/14/sir-roger-scruton-obituary