Sui quindici decessi in carcere per overdose da metadone e farmaci (forse uno da eroina)

L'infermeria devastata del carcere S.Anna a Modena

 

A vantaggio di tutti quelli che ci seguono e riordinando le informazioni sparse qua e là nei post, non possiamo non commentare quanto è appena avvenuto nel carcere S.Anna di Modena, ma anche a Rieti ed a San Vittore, se pure con conseguenze meno gravi. E’ importante che si comprenda quanto è probabilmente avvenuto e che se ne tenga conto per il futuro, perchè questo è un episodio di una gravità tale che non ha precedenti al mondo, a quanto mi risulti,
A di là dei sospetti, delle speculazioni e delle dietrologie, in questa vicenda ci sono dei punti certi, che conviene ribadire. Altri sono in corso di valutazione da parte degli inquirenti e quindi coperti da segreto istruttorio, ma bastano quelli già noti e certi, divulgati dai giornali, per fare alcune valutazioni.
1) la cassaforte dell’infermeria, dove il metadone e gli altri farmaci erano correttamente custoditi sotto chiave, è stata forzata in malo modo e gli operatori sanitari che si trovavano in infermeria fatti oggetto di violenza;
2) Pare che non si sia trattato di un comportamento diffuso dei rivoltosi, ma dell’iniziativa di un gruppetto;
3) L’abuso di farmaci e di tutto quanto possa essere potenzialmente psicoattivo in carcere è una realtà ed è un problema grave e decennale, malgrado vada migliorando lentamente col tempo (in carcere qualsiasi processo è inevitabilmente lento);
4) L’associazione di Metadone e psicofarmaci aumenta la letalità potenziale del primo;
5) Il metadone è un farmaco assai sicuro quando utilizzato nei tossicodipendenti, ma può diventare facilmente letale se viene assunto da persone prive di tolleranza agli oppioidi. Per una persona priva di tolleranza anche 30-40 mg di metadone, ovvero la dose minima utilizzata in un dipendente, possono risultare letali. Con le concentarzioni oggi utilizzate, questo corrisponde grosso modo al volume contenuto in un cucchiaio. Quindi è facilissimo assumerne troppo;
6) Dopo l’assunzione, il livello plasmatico del metadone aumenta molto lentamente ed il picco plasmatico, corrispondente al massimo effetto farmacologico, viene in genere raggiunto almeno 4 ore dopo poi rimane elevato per molte ore;
7) La situazione in genere precipita quando le persone si addormentano. Durante il sonno l’attività respiratoria normalmente si modifica ed i centri respiratori diventano più sensibili all’effetto farmacologico del metadone. Col metadone si muore classicamente nel sonno, a distanza di ore dall’assunzione e per insufficienza respiratoria. I tempi in cui si sono resi evidenti i decessi sono compatibili con questa dinamica;
E allora, cosa può essere successo? Sicuramente l’apertura della cassaforte ha richiesto del tempo. Quelle in dotazione, in genere, sono robuste e pesanti e le modalità rozze con cui questa è stata aperta ne sono la riprova, quindi facile che questo sia avvenuto poco prima dell’irruzione. Le persone che hanno assunto il metadone ed i farmaci, probabilmente, erano poliabusatori e non avevano una tolleranza agli oppioisi. Dopo rivolte e sommosse solitamente si effettuano numerosi trasferimenti immediati verso altre carceri ed i motivi sono facilmente intuibili (dispersione del gruppo). Molti detenuti (solitamente si scelgono i più esagitati) probabilmente sono stati subito caricati sui cellulari per essere portati in altri luoghi di reclusiione. Non essendo trascorso ancora abbastanza tempo, queste persone probabilmente non presentavano in quel momento sintomi preoccupanti. Giunti a destinazione hanno iniziato a stare male, in qualche caso sono morti nel sonno (favorito dall’effetto del metadone stesso), in qualche caso (come ad Ascoli) se ne sono accorti. Dalla stampa risulta anche se ne siano accorti gli agenti che stavano trasferendo due detenuti a Trento, che proprio per questo si sono fermati a Verona. Questa è la dinamica che si può ricostruire mettendo assieme le conoscenze  ele notizie che sono state diffuse.
Per questi motivi questo episodio deve essere tenuto distinto dalle rivendicazioni dei detenuti: nei penitenziari la maggior parte di loro è rimasta nelle celle o magari ha protestato solo facendo rumore. Per gli stessi motivi vi invito ad abbandonare altre ipotesi per spiegare questi decessi.
Quello che è avvenuto è comunque un fatto grave, che non porta ossigeno alla riflessione sull’emergenza sanitaria coronavirus nelle carceri italiane sovraffollate e che rischia di pregiudicare i passi avanti che si sono fatti nei trattamenti farmacologici in carcere. Oggi in quasi tutti gli Istituti penitenziari i trattamenti farmacologici sono disponibili, in passato si assisteva a crisi di astinenza drammatiche, corredate di autolesionismi, tentativi di suicidio e suicidi. Il metadone in carcere è stato una conquista di civiltà e speriamo che questo orribile episodio non ne cambi le sorti ‘per motivi di sicurezza’.

Di seguito articolo aggiornato sul tema, Gazzetta di Modena del 12-3-2020

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