L’epidemia da eroina negli USA (7): le overdose da metadone

Metadone

A partire dalla fine del secolo scorso, negli Stati Uniti il metadone ha iniziato ad essere utilizzato anche per la terapia del dolore, in formulazioni in compresse e cialde idrosolubili, distribuite attraverso le farmacie. Il metadone per il trattamento degli stati di dipendenza, invece, ha continuato ad essere quasi esclusivamente liquido e distribuito solo in ambulatori specializzati. E’ da rilevare che la prescrizione di metadone per la terapia del dolore negli Stati Uniti è soggetta a norme molto meno restrittive di quelle previste qualora il farmaco venga prescritto per il trattamento degli stati di dipendenza. La differenza più importante riguarda proprio la modalità di dispensazione: quando il metadone viene utilizzato come analgesico è disponibile tramite le farmacie mentre quando viene utilizzato per il trattamento della dipendenza viene distribuito solo in centri specializzati.

A partire dal 2002 sono iniziati ad apparire sulla stampa americana numerosi articoli circa la sempre maggiore diffusione del metadone come farmaco d’abuso negli Stati Uniti, accompagnati da altrettante segnalazioni di casi mortali fra le persone in cui questo farmaco era stato regolarmente prescritto. Queste notizie allarmarono il SAMHSA (Substance Abuse and Mental Health Services Administration), l’agenzia federale che su mandato della FDA (Food and Drugs Administration) supervisiona i programmi di mantenimento con metadone negli stati di dipendenza da oppioidi. Per cercare di comprendere quanto stava accadendo, nel maggio del 2003 il SAMHSA convocò un gruppo interdisciplinare di esperti. Il mandato del gruppo era fare il punto su quella che venne definita ‘mortalità associata al metadone’, ovvero tutti quei casi in cui il metadone era presente negli esami tossicologici effettuati post-mortem, da solo o associato ad altre sostanze con effetto depressivo sul sistema nervoso centrale e sui centri del respiro. La mortalità associata al metadone, così definita, non prendeva in esame il possibile ruolo del metadone nel provocare il decesso (molto difficile da determinare in quanto dipendente da numerosissimi fattori, non ultimo la tolleranza),  ma la semplice presenza di metadone negli esami tossicologici effettuati post-mortem.

Al momento dello studio, i decessi associati al metadone negli USA erano stati complessivamente 1.114 a partire dal 1970. Quello che però apparve subito oltremodo evidente era che nel solo 2001 vi erano stati più decessi di questo tipo che in tutto il decennio precedente e che questo numero era addirittura raddoppiato nel 2002. L’ulteriore dato oltremodo evidente era che l’aumento del numero di decessi associati al metadone si accompagnava ad un aumento, nello stesso periodo, di morti associate agli analgesici oppioidi, in particolare ossicodone ed idrocodone. Un altro dato degno di rilievo riguardava i sequestri di metadone sul mercato illegale, aumentati del 133% fra il 2001 ed il 2002 per la formulazione in compresse (utilizzate nella terapia del dolore) e di solo l’11% per la soluzione liquida, utilizzata nel trattamento degli stati di dipendenza. Per quanto attiene la geografia dei decessi, essi apparivano significativamente più alti rispetto alla media federale nel Maine, in Florida ed in North Carolina, ovvero gli stessi stati in cui la distribuzione delle compresse di metadone come analgesico era significativamente superiore alla media. Questi rilievi iniziarono a suggerire l’ipotesi che l’incremento della mortalità associata al metadone fosse dovuto soprattutto al suo uso come analgesico dispensato attraverso le farmacie. A conferma di ciò, nello stato di Washington la curva della mortalità associata al metadone dal 1993 al 2002 era in significativo aumento e perfettamente sovrapponibile alle curve che descrivevano l’aumento della mortalità associata all’ossicodone ed all’idrocodone. Le conclusioni del gruppo di studio furono innanzitutto che l’aumento delle prescrizioni di metadone nel territorio degli USA era dovuto soprattutto al suo utilizzo nella terapia del dolore, come testimoniato dall’aumento della vendita soprattutto della formulazione in compresse, distribuite soprattutto attraverso le farmacie. Il metadone distribuito attraverso le farmacie, infatti, era aumentato di 5 volte fra il 1998 ed il 2002, mentre quello distribuito in centri specializzati per la dipendenza di sole 1,7 volte nello stesso periodo. Le prescrizioni di metadone distribuito attraverso le farmacie (e quindi riservato soprattutto alla terapia del dolore) erano aumentate contemporaneamente a quelle degli altri analgesici oppioidi, ma in modo ancora più sensibile rispetto a queste ultime. I dati dimostravano in modo incontrovertibile una relazione stretta fra l’aumento della quantità di metadone distribuita attraverso le farmacie e l’aumento della mortalità associata al metadone e pertanto la conclusione del gruppo di lavoro fu che l’aumento della mortalità associata al metadone era da mettere in relazione con il suo sempre maggior utilizzo nella terapia del dolore. Di converso, lo stesso studio concludeva che il metadone utilizzato per il trattamento degli stati di dipendenza contribuiva in maniera assai modesta, se non irrilevante, alla mortalità associata al metadone.

Un’analisi indipendente condotta da Paulozzi ed altri nel 2006 confermò l’impostazione dell’indagine del SAMHSA, attribuendo la responsabilità dell’aumento della mortalità associata al metadone al suo sempre maggior utilizzo nella terapia del dolore.

Overdose da metadone negli USA

La situazione negli anni successivi ha continuato a peggiorare (fig. 1), fino a registrare 5.420 decessi associati al metadone nel 2006 (nel 1999 erano stati 790). Per verificare ed eventualmente aggiornare le conclusioni dello studio effettuato quattro anni prima, nel 2007 il SAMHSA promosse un convegno, che si tenne a Washington il 20 luglio 2007. Le conclusioni del convegno costituiscono un utile aggiornamento e restituiscono suggerimenti importanti ma, allo stesso tempo, risentono in modo evidente delle problematiche connesse alla sempre maggiore diffusione dell’uso non medico degli analgesici oppioidi negli USA. Malgrado questa nuova complessità, anche in questa revisione venne rimarcata la correlazione fra mortalità associata al metadone e la sua distribuzione attraverso le farmacie per la terapia del dolore mentre quello utilizzato per il trattamento degli stati di dipendenza e dispensato in centri specializzati appariva enormemente meno problematico. Un dato interessante di questo nuovo assessment fu che, malgrado i rischi teorici connessi con l’affidamento del farmaco, la ‘take home therapy’ del metadone non sembrava contribuire significativamente all’aumento della mortalità associata al metadone

Nel 2008 la casa farmaceutica che produceva le cialde idrosolubili da 40mg di metadone, su base volontaria, ritirò il proprio prodotto dalla distribuzione in farmacia, rendendolo disponibile solo per gli ospedali e per i centri specializzati nel trattamento degli stati di tossicodipendenza.

Nel 2009, Il National Center for Health Statistic (NCHS), facente capo ai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) pubblicarono un report sulla mortalità per analgesici oppioidi, in cui venne preso in esame il periodo 1999-2006. Dal report emergeva che la mortalità per analgesici oppioidi era triplicata nel periodo di tempo considerato, passando da 4.000 casi nel 1999 a 13.800 casi nel 2006, di cui 5.420 dovuti al metadone. L’aumento della mortalità associata al metadone, dunque, era parte del più vasto problema dei decessi associati agli analgesici oppioidi. Secondo i dati  del National Center for Health Statistics (NCHS), inoltre, al 17% dei pazienti deceduti per overdose da metadone erano state prescritte anche delle benzodiazepine. Secondo il rapporto, la prescrizione di benzodiazepine a pazienti che potrebbero abusare di metadone aumenta significativamente il rischio di overdose. La mortalità associata al metadone, anche secondo l’analisi del NCHS, si presentava soprattutto nei pazienti cui il farmaco era stato prescritto come antidolorifico e che si approvvigionavano in farmacia. Rilevante anche la quota di coloro che si erano procurati il farmaco sul mercato nero e cui il farmaco non era stato regolarmente prescritto.

Un report pubblicato nel 2009 dal  Government Accountability Office concludeva che la mancanza di conoscenze circa le proprietà molto particolari del metadone da parte dei medici che lo prescrivono come analgesico e degli stessi pazienti era il maggior responsabile dell’aumento della mortalità per metadone registrata negli USA.

L’analisi effettuata successivamente dalla Drugs Enforcement Administration (DEA) dimostrò, in maniera inequivocabile, il nesso fra la prescrizione ambulatoriale di metadone per la terapia del dolore con approvvigionamento in farmacia e rischio di morte. Questo nesso si apprezza ancor meglio graficamente, al punto da rendere superfluo l’effettuazione di qualsiasi test di conferma statistica.  La curva della mortalità per overdose da metadone negli anni dal 1999 al 2010 aumenta progressivamente (da poco più di 0,2 casi per 100.000 abitanti ogni anno nel 2009 a 1,8 casi nel 2007, per poi decrescere leggermente) seguendo fedelmente quella del consumo di metadone pro/capite per la terapia del dolore.

Overdose da metadone e analgesici negli USA

Nel 2010 l’FDA rilevò che non solo il metadone era prescritto molto più del dovuto per la terapia del dolore, ma che i motivi più comuni erano addirittura il mal di schiena ed i disturbi osteo-articolari (49%), seguiti dalla cefalea (19%) mentre solo all’11% dei pazienti il farmaco veniva prescritto per il dolore neoplastico.

Negli anni successivi la mortalità associata al metadone si è ridotta significativamente in contemporanea al suo minor utilizzo nella terapia del dolore, anche se ancora oggi rimane comunque elevata e non ha pari con quella registrata nel resto del mondo. Tutti gli studi, le indagini e le revisioni effettuate negli anni successivi hanno confermato a stretta associazione fra mortalità associata al metadone negli USA e l’utilizzo del farmaco nella terapia del dolore, con approvvigionamento in farmacia. Il metadone utilizzato per il trattamento degli stati di dipendenza da oppioidi e somministrato presso ambulatori specializzati, invece, si dimostrava enormemente più sicuro, anche in caso di affidamento domiciliare del farmaco e contribuiva in modo significativo alla riduzione della mortalità fra i tossicodipendenti da oppioidi, come tutti gli studi precedenti (e anche successivi) indicavano. Come farmaco per la terapia dl dolore, invece, oltre che essere meno efficace il metadone si dimostrava molto problematico, con elevato rischio di overdose, anche a bassi dosaggi.

Secondo uno studio retrospettivo recente su un campione ampio e per un arco temporale assai significativo, il rischio di overdose qualora si utilizzi il metadone come analgesico nel dolore non neoplastico è di circa il 50% superiore a quello della stessa morfina.

L’aumento delle overdose associate al metadone ha procurato un notevole allarme negli Stati Uniti e la reazione indignata di una parte dell’opinione pubblica, con inevitabili ripercussioni sull’immagine del trattamento farmacologico per la dipendenza da oppioidi che, ancora oggi, rimane il gold standard per la maggior parte dei professionisti dell’addiction in tutto il mondo.

“L’aumento della mortalità per metadone è chiaramente correlato al suo sempre maggiore utilizzo come farmaco analgesico”. Non ha dubbi Nicholas Reuter, epidemiologo, che ha studiato la mortalità per metadone per conto del SAMHSA. “Nel 2008 negli Stati Uniti vi erano 250.000 tossicodipendenti da eroina in trattamento con metadone e 750.000 persone cui il metadone era stato prescritto per la terapia del dolore”.  Secondo Reuter, il problema è in gran parte legato alle caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche del metadone, che lo rendono poco adatto al trattamento ambulatoriale del dolore cronico (malgrado le compagnie assicurative americane spingano per il suo utilizzo, in quanto molto più economico rispetto agli altri oppiodi). Il metadone, infatti, qualora venga utilizzato nella terapia della tossicodipendenza da eroina, è in grado di provocare una remissione completa dei sintomi dell’astinenza  della durata di 24-36 ore, ma se utilizzato come analgesico concentra la sua efficacia in un periodo molto più breve, che va dalle 4 alle 8 ore. Il paziente, quindi, è portato ad assumere una nuova dose. Il metadone, però, viene eliminato molto lentamente e può permanere nell’organismo fino a più di 50 ore dopo la sua assunzione e pertanto, se vengono assunte dosi superiori a quelle prescritte dal medico e troppo ravvicinate fra loro, può raggiungere velocemente un livello tossico. “Molte delle persone decedute per metadone nei casi che ho studiato, sono semplicemente andati a letto la sera e non si sono più risvegliati al mattino”.

Della stessa opinione è Thomas Frieden, direttore dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), intervistato in proposito nel 2012 da US News. “Ci sono circa 4 milioni di prescrizioni di metadone l’anno e circa 5,000 americani muoiono ogni anno per overdose da questo farmaco. Il metadone può essere più problematico degli altri analgesici oppioidi a causa della sua lunga durata d’azione. Fin dagli anni sessanta il farmaco è stato utilizzato con sicurezza nel trattamento della dipendenza da oppioidi ed il suo uso come antidolorifico ha cominciato a crescere a partire dagli anni novanta. Attualmente il farmaco è certamente sovrautilizzato per la terapia del dolore”.  Continua Frieden “Tutte le evidenze suggeriscono come  l’aumento della mortalità associata al metadone sia dovuta al suo aumentato utilizzo come farmaco analgesico. Negli Stati Uniti la nella stragrande maggioranza dei casi il metadone viene prescritto per la terapia del dolore. Il motivo è il suo basso costo. E’ molto più economico degli altri analgesici oppioidi e per questo molte compagnie di assicurazione lo impongono come farmaco di prima scelta per la terapia del dolore. Il metadone non dovrebbe essere utilizzato per il dolore lieve, moderato o occasionale e non ci sono studi che confermino l’efficacia del farmaco nel dolore non neoplastico”.

Mark Parrino, presidente dell’American Association for the Treatment of Opioid Dependance è convinto che la sovra prescrizione del metadone come analgesico abbia causato altri danni, oltre ai decessi. “Sono fermamente convinto che la prescrizione di metadone per la terapia del dolore in così grandi quantità e per un periodo così lungo abbia provocato un danno gravissimo all’immagine del farmaco ed alla percezione di come questo venga utilizzato nel trattamento delle dipendenze da oppioidi. E nessuno vuole assumersi la responsabilità di questo disastro!”.

 

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