“Disintossicazione” e raddoppio della mortalità

cameron-nhsIn Inghilterra e nel Galles, a quanto possiamo apprendere dal British Medical Journal del 17 ottobre 2016, si è svolto negli ultimi anni un esperimento socio-sanitario che ha avuto conseguenze mortali.

Spiega infatti John Middleton (presidente della Faculty of Public Health, organismo di coordinamento degli specialisti in Sanità Pubblica del Regno Unito), come nel 2010 il nuovo governo a guida Cameron abbia modificato gli obiettivi del sistema sanitario per le dipendenze patologiche. Fino al 2010, infatti, si erano perseguite la riduzione del danno e la terapia “sostitutiva” con i farmaci oppioidi. Dal 2010 in avanti, invece, è stato imposto l’obiettivo dell’astinenza, non solo dalle droghe illegali, ma anche dalle terapie farmacologiche sostitutive.

Per spostare le strutture sanitarie in questa direzione, si è introdotto come indicatore di esito positivo il numero di pazienti che venivano dimessi senza terapia e che per almeno sei mesi non rientravano in trattamento; e si sono vincolati i finanziamenti delle strutture sanitarie per le dipendenze patologiche a questo indicatore.

In altre parole, è stato premiato economicamente e nella carriera chi si liberava il più velocemente possibile dei propri pazienti, e poneva ostacoli alla loro riammissione.

Inoltre, il sistema dei servizi per le dipendenze patologiche è stato espulso dal NHS (il sistema sanitario nazionale del Regno Unito) ed è stato trasferito alle amministrazioni locali, con un conseguente scadimento del governo clinico, dell’interazione con i restanti servizi sanitari, e della pianificazione e monitoraggio degli interventi, favorendo le grosse organizzazioni private.

Le Associazioni avevano già avvisato il Governo nel 2012, ma sono rimaste inascoltate.

Oggi, tirando le somme degli effetti di questo radicale cambio di metodi ed obiettivi, ci si ritrova con un numero di abbandoni del trattamento che ha raggiunto quello delle dimissioni programmate, e, cosa che ha spinto il British Medical Journal a definire la situazione come “emergenza nella sanità pubblica e nelle cure primarie”, un aumento del 107% (più che un raddoppio, quindi) delle morti per overdose da oppiacei, e del 65.7% delle morti da droga in genere. Numeri che escludono i decessi dovuti alle patologie correlate, come epatiti ed infezione da hiv, e quindi potrebbero essere ancora maggiori. Più della metà dei decessi sono di soggetti dipendenti da oppiacei che non hanno più avuto contatti recenti con i servizi sanitari specifici.

La soluzione secondo gli Autori sarebbe il ritorno alle corrette pratiche di prescrizione farmacologica, ad una maggiore disponibilità del naloxone, al ritorno agli interventi di riduzione del danno e l’aggiunta della morte per droga come esito negativo computato nella valutazione di servizi e politiche sanitarie.

L’articolo originale è in http://www.bmj.com/content/355/bmj.i5259

Un commento personale: negli anni in cui ho lavorato come medico del SerT, ho incontrato più volte persone e autorità sanitarie e amministrative che proponevano, e a volte avrebbero anche voluto imporre, obiettivi e forme di trattamento analoghe a quelle che hanno condotto l’Inghilterra a questi infelici risultati. Per resistere a queste pressioni ci vuole – tra l’altro e non solo – la conoscenza della Letteratura scientifica e la presenza di spirito di rammentarla e citarla. Di fronte alle evidenze scientifiche, finora per quel che ho visto l’ideologia (e la politica) sono costrette frenare. Ecco perché secondo me è importante scovare, divulgare e discutere le evidenze di realtà, come cerchiamo di fare su questo blog, e di persona negli eventi SITD.

Se no va bene tutto, le scelte sanitarie si fanno per compiacere l’una o l’altra parte politica, o per trattenere o dirigere le spese dove più conviene, e il risultato non è più funzionale alla qualità ed alla durata della vita dei nostri pazienti. 

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