Cristo ed altre bestemmie. I culti terapeutici per le dipendenze.

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      Se scrivessi che il Primate della Chiesa ortodossa italiana, Sua Beatitudine Alessandro I, è uno dei personaggi televisivi più noti al grande pubblico molti penserebbero ad un mio errore. I telespettatori, infatti, non conoscono eminenze religiose ospitate con frequenza nei salotti della TV. Infatti non è in quella veste che Alessandro Meluzzi si presenta nei luoghi del chiacchiericcio televisivo più voyeuristico a distillare opinioni su svariati ambiti dell’umano. Lo fa ora in quelle di psichiatra, ora in quelle di criminologo, ora non si sa bene di cosa. Benché i più lo conoscano quale un pontificante fustigatore televisivo, il personaggio presenta altri elementi di interesse. Politico ondivago, cui non è estranea alcuna visuale dell’emiciclo del Parlamento Italiano, Meluzzi è uomo che non teme i cambiamenti. Neppure sul piano spirituale. Infatti, già massone del Grande Oriente d’ Italia (GOI), diventa diacono della chiesa cattolica di rito bizantino, poi presbitero della Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala, quindi, alla morte del precedente arcivescovo e metropolita, nuovo Primate della stessa Chiesa. Il suo titolo per intero è ora Sua Beatitudine Alessandro I, Primate della Chiesa Ortodossa Italiana, Arcivescovo d’Italia, Eparca di Ravenna e Aquileia. Sua Beatitudine è uomo dalle bizzarre manifestazioni. In qualità di psichiatra, infatti, si è distinto per affermazioni controcorrente sull’omosessualità (“alla base c’è un disturbo psicologico”) e la pedofilia (“alcuni pedofili non sono colpevoli”) e in quella di Primate-Arcivescovo-Eparca ha dichiarato di voler santificare due discussi preti cattolici: Giovanni Baget Bozzo e Pierino Gelmini.
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      Poco importa che la Chiesa Ortodossa Autocefala sia nient’altro che un minuscolo gruppo scissionista non riconosciuto né della Sacra Arcidiocesi Ortodossa di Italia e Malta, né dal Patriarcato di Costantinopoli, per cui la quasi totalità degli ortodossi non si ritroverebbe sui propri altari le icone dei due preti sospesi a divinis. Ciò che conta è che uno dei due presunti santi, Don Pierino Gelmini, fu intimo amico di Sua Beatitudine, che fu il portavoce delle comunità per tossicodipendenti L’ Incontro gestite dal primo. I due scrissero anche insieme un libro sul singolare metodo di terapia per le dipendenze utilizzato nelle comunità di don Pierino come nella Comunità L’Agape fondata dallo stesso psichiatra.
Il metodo è la Cristoterapia. In che consista è presto detto: ci si affida a Cristo. Cosa lecita, ovviamente. Ognuno si affida a chi vuole a casa sua. Difficile, però, immaginare come del Cristo si possa sistematizzare l’uso, assimilare l’ affidamento e la cura – in qualche modo, malattia e peccato – , e pretendere di venderne il pacchetto specialistico per le dipendenze, magari al Servizio Sanitario Nazionale. E’ anche vero che prima di comprare una macchina usata è bene vedere chi sia il rivenditore e, nel caso del pacchetto cristoterapico, questo controllo preventivo potrebbe ingenerare qualche lecito dubbio. Infatti, non si corre il rischio di essere smentiti se si dice che don Gelmini fosse un pregiudicato. Aveva scontato quattro anni di carcere per emissione di assegni a vuoto negli anni settanta e quando la morte lo colse era in corso un processo a suo carico per l’accusa di abusi sessuali ai danni degli ospiti delle sue comunità.
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      Ora, aldilà degli elementi di contorno e dei personaggi pittoreschi che riguardano questo specifico caso, quello della Cristoterapia è esempio emblematico di un modo di intendere la cura delle dipendenze niente affatto isolato. Si fa qui riferimento a tutto un filone predominante in ambito comunitario, ma dotato di cittadinanza anche nei servizi territoriali per le dipendenze, che produce una lettura moralistica dell’ addiction slegandola dai propri connotati biologici.
In definitiva, molte sono le proposte di “recupero” (si noti il termine) del “tossicodipendente” basate su “percorsi” (verso l’illuminazione, I suppose…) che vedono il proprio perno nella spiritualità, non necessariamente connotata nel senso di una religiosità istituzionale. Basti pensare all’affidamento da un “Potere Superiore” a cui, come al “Grande Architetto dell’ Universo” (GADU) della tradizione massonica, si può dare il senso che si vuole, negli Alcolisti Anonimi (AA).
Non è un caso se proprio dagli AA prende le mosse il prototipo di tutti i sistemi di terapia spirituale per le dipendenze: Synanon.
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      Charles Dederich, un ex membro di AA, aveva fondato Synanon sulla base di un presupposto continuamente ribadito: “il tossicodipendente è stupido, a Synanon viene trattata la dipendenza da stupidità”.
A Synanon erano bandite tutte le terapie mediche e principale strumento terapeutico era The Game. In questo “gioco” i partecipanti erano disposti in cerchio e un giocatore decideva di prendere di mira un altro utente con un attacco verbale violentissimo. Gli altri dovevano “sostenere l’accusa” . Questo significava che, se qualcuno era accusato di qualcosa, anche se assurda, tutti gli altri dovevano sostenere l’accusatore e aggiungere nuove accuse, a costo di inventarsele. L’attacco terminava solo quando tutti i tentativi di difesa da parte della vittima erano annientati, e questi ammetteva e riconosceva tutte le accuse, anche le più insopportabili, che gli erano state rivolte. Una vera e propria ordalia, l’antica pratica di valutare la buona intenzione, il valore o l’innocenza di qualcuno sottoponendolo ad una prova dolorosa dalla quale doveva uscire indenne.
In definitiva, un atteggiamento moralistico alla malattia ed un “recupero” inteso come guarigione spirituale (in senso lato), comportano che il lavoro che ci si propone affrontando le dipendenze sia quello di una “conversione” . Si sa che quando si tratta di convertire chi è nell’errore pochi sono gli scrupoli che il portatore del Bene è abilitato a porsi. Non si sfugge, allora, alla deriva settaria, cioè al conformarsi del metodo quale culto che pone netti confini fra sé ed il mondo esterno, fonte di patologia. Un processo in cui il limite fra l’ eticamente lecito e l’illecito perde di nitidezza e definizione. Il fatto che a Synanon, ad esempio, venisse praticata una forma di “lavaggio del cervello” è un dato che non è mai stato negato dallo stesso Dederich, il quale sosteneva che “se la mente è sporca va lavata”. Nel suo caso, la cosa sfuggì un po’ di mano, perché una mattina del 1978 l’avvocato Paul Morantz aprì la sua cassetta della posta e vi trovò un serpente a sonagli che lo morse. Si salvò grazie al tempestivo lavoro dei medici. Del tentato omicidio furono accusati due esponenti di Synanon, contro cui Moratz aveva vinto una causa per “rapimento e lavaggio del cervello” di un utente a cui la comunità dovette pagare un risarcimento di 300.000 dollari.
Non che ai nostri praticanti la Cristoterapia manchino problemi con la giustizia. Nel 2015 sono infatti stati rinviati a giudizio 42 operatori della comunità Shalom in Lombardia per maltrattamenti e sequestro di persona. Tra le persone a giudizio anche la responsabile suor Rosalina Ravasio.
Nulla da stupirsi, allora, se il noto programma Narconon, probabilmente ispirato dal Synanon, sia diretta emanazione di un discusso culto, la Chiesa di Scientology. Anche qui una controllatina preventiva al venditore sarebbe opportuna…
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Il “programma”, aldilà di saune e beveroni, si concretizza nello studio dei testi della “chiesa” e di esercizi di derivazione scientologica (in particolare i cosiddetti “TRs” cioè “training routines”), il più noto dei quali è il TR8, che si concretizza in comandi apparentemente afinalistici (“alzati” e “siediti”) che l’individuo deve rivolgere a un portacenere ringraziandolo, poi, per avere eseguito l’ordine. Gli scientologisti affermano che lo scopo dell’esercizio è quello di “inviare” la propria “intenzione” al posacenere al fine di farlo muovere. Benché molti scettici possano ironizzare sulla scientificità di questa tecnica, sono leciti dei dubbi circa la maggior evidenza scientifica ed il maggior rigore delle tecniche cristoterapeutiche.
Non tutti, però, davanti al desolante quadro delle “sette” terapeutiche sono abilitati a scagliare la prima pietra. In tutto ciò, una certa cultura che innerva anche la medicina istituzionale non è senza colpa. Il distintivo di un anti-biologismo post-moderno – cui non è estranea l’ egemonia psicodinamica in ambito psicoterapico-, che alcuni operatori delle dipendenze appongono sul bavero a mostra del proprio “progressismo” rischia di essere un marchio molto meno lusinghiero per chi lo porta. Infatti, all’ antibiologismo è legato a stretto nodo il moralismo. In altri termini, se la biologia è “costrizione”, perché pone dei limiti e pretende perfino di imporsi con l’autorità dei fatti, ciò contrasta con la teoria della libertà di migliorare illimitatamente. Teoria, questa della perfettibilità umana, che accomuna paradossalmente l’idealismo post-sessantottino al misticismo religioso. Nel magnifico mondo in cui se i fatti non si adeguano alla teoria è tanto peggio per i fatti, succede che quando il miglioramento atteso non avviene, la colpa sarà del soggetto stesso che non ha mobilitato tutte le sue risorse per la propria espansione. Fa notare Giovanni Jervis che così “ricompare in forme laiche l’idea della conversione”. Terreno privilegiato per vedere all’opera questo moralismo è proprio quello della medicina delle dipendenze. Qui una pletora di operatori ha rifiutato e rifiuta, per ragioni morali e non scientifiche, di dare prevalenza al trattamento con farmaci sostitutivi dell’eroina. Come se la dipendenza fosse un problema esclusivamente “spirituale” dal quale uscire tramite un dimostrato “impegno” che è una moderna ordalia. L’eroinomane sembra dover scontare la propria perversa ricerca del piacere con una disintossicazione rapida e quanto mai dolorosa, che lo espone necessariamente alla ricaduta, una ricaduta che, pratica ordalica fallita, si attribuisce a debolezza di carattere, a ostilità nei confronti del terapeuta e altre prove della non avvenuta “conversione”.
      Insomma, i culti possono annidarsi ovunque e, benché le sacre icone possano variare da Cristo a Hubbard a Lacan, molti sono quelli che si atteggiano a preti innanzi alla sofferenza degli altri. A onore di Meluzzi va detto che almeno lui si fa riconoscere.

Un pensiero riguardo “Cristo ed altre bestemmie. I culti terapeutici per le dipendenze.

  1. Gaetano Deruvo ha detto:

    Leggendo il testo di Luigi CORVAGLIA, molto interessante e ben articolato, mi è venuto in mente che il Prof. ODIFREDDI, noto matematico “impertinente”, utilizza un neologismo formidabile per definire questo tipo di pratiche pseudo-o meta-o ultra scientifiche: SCIENZAGGINI (l’etimologia è facilmente riconoscibile).

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