Trattamenti agonisti oppioidi in gravidanza

Condivido una presentazione che ho tenuto ieri al 5° forum Addictus di Riva del Garda.

Lo lascio introdurre all’intelligenza artificiale 🙂

La dipendenza da sostanze nelle donne presenta specificità legate al genere, all’interazione con gli ormoni sessuali e allo stato riproduttivo. In gravidanza, la dipendenza da oppioidi come eroina o antidolorifici senza prescrizione medica espone la donna e il feto a gravi rischi quali sofferenza fetale, parto prematuro, aborto spontaneo e morte per overdose materna.

L’approccio a queste pazienti deve essere improntato a empatia, evitando stigma e giudizi. È necessaria un’anamnesi accurata, per identificare altre dipendenze, comorbidità psichiatriche e disagi sociali che possono ostacolare l’aderenza al trattamento. La terapia farmacologica con metadone o buprenorfina è raccomandata per stabilizzare il quadro clinico materno, programmare il parto ed evitare effetti dannosi sul feto legati all’intossicazione o ai sintomi d’astinenza.

Le dosi e la frequenza di somministrazione dei farmaci oppiacei vanno adattate per compensare l’aumento del catabolismo e del volume di distribuzione in gravidanza. La titolazione è delicata: occorre partire da dosi basse, valutare spesso ed evitare aumenti troppo rapidi, che espongono al rischio di overdose. Entrambi i farmaci attraversano la placenta, ma a dosaggi terapeutici sono considerati sicuri per il feto.

Circa la metà dei neonati va incontro a sindrome astinenziale, con irritabilità, disturbi motori e vegetativi, efficacemente trattabile con oppioidi a basso dosaggio. L’allattamento materno è raccomandato, dati i bassi livelli di farmaco nel latte e i benefici per contenere i sintomi d’astinenza.

Sono riportati effetti del trattamento farmacologico sul neurosviluppo del bambino, ma studi recenti indicano che, controllando per l’esposizione prenatale al fumo di sigaretta, questi effetti negativi tendono ad annullarsi. Quindi, incentivare la cessazione del fumo nelle madri tossicodipendenti è cruciale. Supporto psicosociale, rooming-in, promozione dell’allattamento e follow-up a lungo termine sono essenziali.

Prevenzione primaria, diagnosi precoce, integrazione ospedale-territorio e continuità assistenziale per queste delicate situazioni devono essere obiettivi prioritari per il futuro.

(Grazie, signora intelligenza artificiale! Per i curiosi, ho usato Claude 2.)

Ecco la presentazione:

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