Le psicosi associate al consumo di cannabis. Parte terza: la letteratura scientifica dei primi cinque anni del secolo.

Psicosi associate al consumo di cannabis. Terza parte

La novità dei primi anni del secolo, rispetto al dibattito in corso in quello precedente, è la comparsa di quattro studi longitudinali effettuati in varie parti del mondo (Svezia, Olanda, Nuova Zelanda ed Israele), i quali segnalano un’associazione statisticamente significativa fra consumo di cannabis e rischio di sviluppare psicosi o schizofrenia.

Il primo studio longitudinale sul rapporto tra uso di cannabis e schizofrenia è quello effettuato in Svezia. In realtà si trattava della prosecuzione di una vecchia ricerca su 50.000 reclute diciottenni dell’Esercito svedese, monitorate negli anni (utilizzando il registro dei ricoveri ospedalieri).[1] Nel primo studio, dopo 15 anni di follow-up, l’utilizzo di cannabis (più di 50 volte in una vita) era associato ad un rischio 6 volte maggiore di schizofrenia ma, dopo aver ricontrollato i dati ed escluso i possibili confondenti, il rapporto di probabilità (OR) si riduceva a 2.3. Questa stessa coorte è stata successivamente riesaminata utilizzando lo stesso modello, 27 anni dopo l’uso di cannabis. Secondo i ricercatori, l’uso di cannabis almeno una volta prima dell’età di 18 anni era associato ad un aumentato rischio di schizofrenia (OR 1.5), mentre l’uso frequente di cannabis (più di 50 volte nella vita) sarebbe risultato associato ad un rischio 3 volte maggiore di schizofrenia.[2]

Nel 2002 vengono pubblicati i risultati del Netherlands Mental Health Survey and Incidence Study (NEMESIS), condotto in Olanda, che ha seguito per 3 anni un campione casuale di 4104 persone di età compresa tra 18 e 64 anni. Le persone che utilizzavano cannabis al momento dell’arruolamento nel protocollo avevano una probabilità 2.8 maggiore di manifestare sintomi psicotici al follow-up (dopo aver controllato i dati per età, sesso, gruppo etnico, istruzione, disoccupazione, stato civile e discriminazione). Secondo lo studio, era presente anche una relazione dose-risposta, con un rischio più alto (OR = 6.8) nelle persone con livelli di consumo elevati. [3]

Il Dunedin Multidisciplinary Health and Development Study ha esaminato una coorte di 759 persone di individui residenti a Dunedin (Nuova Zelanda). I risultati indicavano che l’uso di cannabis all’età di 15 anni era associato ad una maggiore incidenza di schizofrenia (OR = 3.1) al controllo dopo 3 anni.[4] Una simile analisi longitudinale di tipo prospettico è stata condotta in Israele su 413 adolescenti maschi con disturbi di personalità e comportamentali, cui sono state rivolte domande circa l’uso di cannabis. L’uso autoriportato è risultato associato con un tasso doppio di ospedalizzazione per schizofrenia.[5]

Secondo questi studi, quindi, il consumo di cannabis costituirebbe un fattore di rischio per il successivo sviluppo sia di crisi psicotiche che di schizofrenia. Gli OR non sono molto elevati, ma non molto dissimili da quelli del fumo di tabacco per il rischio di cancro al polmone e dell’ipercolesterolemia per l’aterosclerosi e quindi, se confermati, degni di considerazione. Questi studi, però, pur presentando dati significativi, lasciarono assai scettica gran parte della comunità scientifica, soprattutto per il riscontro dell’aumentato rischio di schizofrenia, che non concordava con i dati epidemiologici su questa patologia. Infatti, fra gli anni sessanta e l’epoca in cui sono stati realizzati gli studi, il consumo di cannabis nel mondo è aumentato di oltre dieci volte: se la cannabis costituisse realmente un fattore di rischio per lo sviluppo di schizofrenia, l’incidenza di questa malattia sarebbe dovuta parallelamente aumentare di conseguenza. I dati epidemiologici della schizofrenia in quel periodo, invece, erano discordanti: secondo alcuni vi era stato un aumento[6] (comunque non di entità proporzionata), per altri addirittura una diminuzione.[7]

Fra gli scettici, ancora una volta, Degenhardt e Hall, i quali nel 2003 pubblicarono uno studio[8] in cui incrociarono in un modello matematico avanzato i dati epidemiologici a disposizione sulla schizofrenia e sul consumo di cannabis in Australia nei 30 anni precedenti, testando 4 ipotesi. La prima ipotesi era che la cannabis potesse essere un agente causale della schizofrenia. Questa possibilità, secondo i risultati, non era supportata dai dati epidemiologici perché, mentre il consumo di cannabis in Australia  esplodeva, l’epidemiologia della psicosi rimaneva stabile, perfino considerando la possibilità di un semplice raddoppio del rischio. La seconda ipotesi era che l’uso di cannabis potesse precipitare una psicosi solo in individui predisposti e questa, secondo l’analisi effettuata dagli autori, risultava l’ipotesi più probabile. La terza domanda era se il consumo di cannabis potesse peggiorare il decorso: secondo Degenhardt e Hall un elevato consumo di cannabis da parte di chi è già portatore di un disturbo psicotico potrebbe peggiorarne l’evoluzione e la prognosi e questa sarebbe l’ipotesi cui dare maggiore rilievo clinico. L’ultima ipotesi, infine, era che l’associazione riscontrata da alcuni secondo cui i disturbi psicotici erano significativamente associati al consumo di cannabis, fosse dovuta al fatto che questo consumo fosse più diffuso in questo tipo di pazienti. Secondo gli autori, anche questa ipotesi è degna di attenzione e influisce nei risultati degli studi longitudinali condotti. Degenhardt e Hall concludono che il consumo di cannabis non appare associato alla schizofrenia secondo un rapporto di causa-effetto, ma potrebbe precipitare disturbi psicotici in soggetti vulnerabili e predisposti e peggiorare il decorso della malattia in chi già l’aveva sviluppata, indipendentemente dalla cannabis stessa.

Nel 2002 viene pubblicato uno studio effettuato in Nuova Zelanda su un gruppo di 100 persone ad alto rischio (soggetti con familiarità per schizofrenia, personalità schizotipica, presenza di sintomi psicotici attenuati, pregressi sintomi psicotici di breve durata regrediti spontaneamente). Quelli che avevano utilizzato o utilizzavano cannabis non presentavano un aumentato rischio di sviluppare una psicosi nei 12 mesi successivi rispetto a coloro che non l’avevano mai utilizzata.[9]

Degenhardt e Hall nel 2004 tornano sull’argomento,[10] testando tre nuove ipotesi: 1) che il consumo di cannabis potesse precipitare una psicosi che altrimenti non si sarebbe manifestata 2) che il consumo di cannabis possa precipitare una schizofrenia o peggiorarne i sintomi 3) che l’uso di cannabis possa riesacerbare una psicosi pre-esistente.  Secondo gli autori, la prima ipotesi non sarebbe supportata da alcuna evidenza, mentre la seconda e la terza possono essere prese in considerazione, ma necessitano di maggiori studi. Nello stesso articolo, gli autori richiamano l’attenzione su un altro punto che genera confusione, da cui possono derivare errori nei numeri: nella diagnosi di ‘psicosi da cannabis’ verrebbero comprese da molti anche le reazioni di tipo simil-psicotico (o psicotico-mimetico) come allucinazioni, labilità emotiva, amnesia, depersonalizzazione e sintomi paranoidei, che si risolvono con totale restituito ad integrum nel giro di poche ore o pochissimi giorni e che non si ripresentano se la cannabis non viene più assunta.

Il bias segnalato da Degenhardt e Hall è evidente in lavoro pubblicato nel 2005, contenente due case report di soggetti che avrebbero sviluppato una psicosi dopo l’ingestione di cannabis.[11] Se si leggono i sintomi che vengono riportati, infatti, se ne desume che queste sono per lo più reazioni psicotico-mimetiche, compatibili con quelle che si possono presentare in caso di assunzione di cannabis per ingestione e che si sono risolti con l’esaurirsi degli effetti, con restituito ad integrum e presenza solo di ‘stanchezza’ il giorno dopo in un caso. Proprio per questa poca chiarezza, qualche anno prima, Johns aveva sottolineato che questo tipo di reazioni andrebbe classificato fra i possibili effetti acuti indesiderati della cannabis di tipo tossico e tenuto distinto dalle psicosi.[12]

Nel 2005 viene pubblicata una meta-analisi,[13] secondo la quale l’utilizzo di cannabis in età precoce aumentava il rischio di psicosi (odds ratio di 2.9, intervallo di confidenza 95% = 2.4–3.6). Gli autori aggiungono che tale effetto sarebbe dose-indipendente e che il gruppo più vulnerabile era costituito da quanti avevano iniziato il consumo di cannabis durante l’adolescenza, oltre che da quanti avevano già manifestato sintomi psicotici e da quelli con un profilo genetico ad alto rischio di schizofrenia.

Secondo un follow-up di 14 anni su una coorte di 1580 soggetti effettuato in Olanda, l’uso di cannabis è predittivo di possibile sviluppo di una psicosi, ma anche viceversa la presenza di sintomi psicotici aumenta il rischio di uso di cannabis.[14] Lo stesso anno, i ricercatori olandesi pubblicano i risultati di un’analisi prospettica su un campione di 2437 soggetti giovani di età compresa fra i 14 ed i 24 anni secondo il quale l’uso di cannabis comporterebbe un rischio moderato di sviluppo di una psicosi nelle persone giovani, ma questo effetto sarebbe particolarmente evidente nei soggetti già predisposti.[15]

Intanto continuano le segnalazioni secondo cui l’uso di cannabis diventa sempre più frequente fra i pazienti psichiatrici[16] e che in questi la malattia si presenterebbe con un quadro clinico più severo,[17] specie negli schizofrenici.[18]

Nel 2004 viene pubblicata una lettera di Hall ad Addiction,[19] circa l’eterna polemica se la cannabis possa o meno causare psicosi ed in particolare 1) se possa precipitarla in soggetti che l’avrebbero sviluppata comunque oppure 2) se addirittura potesse esserne causa in persone che, in assenza di consumo di cannabis, non l’avrebbero mai sviluppata. Hall afferma che, ferma restando l’associazione statistica fra uso di cannabis e psicosi, i dati disponibili fino a quel momento suggerivano la prima ipotesi. Hall insiste anche sul fatto che gli studi ed il dibattito su questo argomento devono essere terzi ed estranei alla polemica proibizionismo-antiproibizionismo, da cui sono palesemente troppo inquinati. Per Hall, il sospetto che tali studi vengano condotti a questo fine ridurrebbe l’efficacia di un eventuale messaggio di prevenzione rivolto ai consumatori.

Anche nella letteratura dei primi cinque anni del secolo, quindi, non vi è nessuna evidenza di un nesso diretto di causalità fra consumo di cannabis e successivo sviluppo di una psicosi. Negli studi epidemiologici longitudinali effettuati in varie parti del mondo, però, viene costantemente confermata l’associazione statistica fra consumo di cannabis e patologie psichiatriche e questo induce un maggiore consenso sull’ipotesi che la cannabis possa precipitare una psicosi in soggetti predisposti. Se così fosse, però, il suo ruolo non sarebbe maggiore di quello delle delusioni amorose, del servizio militare, dei lutti o delle emigrazioni, che possono avere il medesimo effetto.

Quello che è certo, però, e che non va sottovalutato, è che il consumo problematico di cannabis, specie se frequente ed a dosaggi elevati, ha complicato la clinica e la prognosi di molti disturbi mentali e messo gli psichiatri di fronte ad un riscontro clinico cui non erano abituati. La medesima complicazione, nei decenni precedenti (ed ancora oggi), era costituita dall’abuso di alcol. L’alcol, però, ha effetti prevalentemente sedativi e conseguenze soprattutto comportamentali e psico-involutive, mentre la risposta di una mente già compromessa alla cannabis può essere imprevedibile.

Si può infine aggiungere, come ulteriore elemento di complicazione, che sono anche di comune riscontro (anche da parte di chi scrive) situazioni in cui il consumo di cannabis, più che complicare, normalizza molti dei sintomi, come alcuni studi negli anni successivi segnaleranno.

[1] Andréasson S, Allebeck P, Engström A, Rydberg U. Cannabis and schizophrenia. A longitudinal study of Swedish conscripts. Lancet. 1987; 2(8574):1483-6

[2] Zammit S, Allebeck P, Andreasson S, Lundberg I, Lewis G. Self reported cannabis use as a risk factor for schizophrenia in Swedish conscripts of 1969: historical cohort study. BMJ. 2002; 325(7374):1199

[3] van Os J, Bak M, Hanssen M, Bijl RV, de Graaf R, Verdoux H. Cannabis use and psychosis: a longitudinal population-based study. Am J Epidemiol. 2002; 156(4):319-27

[4] Arseneault L, Cannon M, Poulton R, Murray R, Caspi A, Moffitt TE. Cannabis use in adolescence and risk for adult psychosis: longitudinal prospective study. BMJ. 2002; 325:1212-1213

[5] Weiser M, Reichenberg A, Rabinowitz J, et al. Self-reported drug use in male adolescents with behavioral disturbances, and follow-up for future schizophrenia. Biol Psychiatry. 2003; 54:655-660

[6] Cavanagh JT, Shajahan PM. Increasing rates of hospital admission for men with major mental illnesses: data from Scottish mental health units, 1980-1995. Acta Psychiatr Scand. 1999; 99:353-359

[7] Woogh C. Is schizophrenia on the decline in Canada? Can J Psychiatry. 2001; 46:61-67

[8] Degenhardt L, Hall W, Lynskey M. Testing hypotheses about the relationship between cannabis use and psychosis. Drug Alcohol Depend. 2003; 71(1):37-48

[9] Phillips LJ, Curry C, Yung AR, Yuen HP, Adlard S, McGorry PD. Cannabis use is not associated with the development of psychosis in an ‘ultra’ high-risk group. Aust N Z J Psychiatry. 2002; 36(6):800-6

[10] Hall W, Degenhardt L, Teesson M. Cannabis use and psychotic disorders: an update. Drug Alcohol Rev. 2004; 23(4):433-43

[11] Favrat B, Ménétrey A, Augsburger M, Rothuizen LE, Appenzeller M, Buclin T, Pin M, Mangin P, Giroud C. Two cases of “cannabis acute psychosis” following the administration of oral cannabis. BMC Psychiatry. 2005; 5:17

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[14] Ferdinand RF, Sondeijker F, van der Ende J, Selten JP, Huizink A, Verhulst FC. Cannabis use predicts future psychotic symptoms, and vice versa. Addiction. 2005; 100(5):612-8

[15] Henquet C, Krabbendam L, Spauwen J, Kaplan C, Lieb R, Wittchen HU, van Os J. Prospective cohort study of cannabis use, predisposition for psychosis, and psychotic symptoms in young people. BMJ. 2005; 330(7481):11

[16] Graham HL, Maslin J. Problematic cannabis use amongst those with severe mental health problems in an inner city area of the UK. Addict Behav. 2002; 27(2):261-73

[17] Rey JM, Martin A, Krabman P. Is the party over? Cannabis and juvenile psychiatric disorder: the past 10 years. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 2004; 43(10):1194-205

[18] Isaac M, Isaac M, Holloway F. Is cannabis an anti-antipsychotic? The experience in psychiatric intensive care. Hum Psychopharmacol. 2005; 20(3):207-10

[19] Hall W. The psychotogenic effects of cannabis use: challenges in reducing residual uncertainties and communicating the risks. Addiction. 2004; 99(4):511-2

 

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