Terapia dell’intossicazione e dell’astinenza da cannabinoidi sintetici

“Adverse Effects of Synthetic Cannabinoids: Management of Acute Toxicity and Withdrawal”

L’articolo, recentissimo, di Ziva D. Cooper, pubblicato su Curr Psychiatry Rep (2016) 18:52, mi sembra interessante perché dà al clinico qualche elemento riassuntivo su come affrontare la patologia indotta dai cannabinoidi sintetici, una categoria di “nuove droghe” particolarmente insidiosa e dannosa.

Visto che l’articolo non è ad accesso libero, riporto qui di seguito alcuni dei punti più interessanti.

  • Sono stati sintetizzati centinaia di analoghi sintetici dei cannabinoidi naturali, agonisti dei recettori CB1 e/o CB2, e come i cannabinoidi naturali inducono tolleranza, sottoregolano i recettori e inducono sindromi astinenziali dopo sospensione della somministrazione. Vi sono differenze di potenza, di farmacodinamica e di farmacocinetica che rendono molti di questi analoghi sintetici più pericolosi di quelli naturali, e con maggior rischio di abuso e dipendenza (infatti alcuni vengono autosomministrati dall’animale da laboratorio, a differenza del THC).
  • I rischi dell’uso, che possono comparire anche dopo la prima somministrazione, si sintetizzano in psicosi, depressione resporatoria, disturbi cardiaci compreso l’arresto cardiaco, nefrotossicità, disturbi gastroenterici compresa l’iperemesi, rabdomiolisi grave, ipertermia, ischemia cerebrale acuta e convulsioni.
  • Nei consumatori abituali, sono frequenti e precoci (anche soltanto un quarto d’ora dopo l’uso!) i disturbi astinenziali; tra questi convulsioni, palpitazioni, dispnea, tachicardia, dolore toracico, e inoltre craving, cefalea, ansia intensa, insonnia, nausea e vomito, perdita dell’appetito e sudorazione profusa. Il rinforzo negativo promuove un uso continuativo della sostanza.
  • Per quanto riguarda la terapia, ad oggi si ritiene che le benzodiazepine siano in prima linea nei segni e sintomi di ipereccitabilità nervosa (irritabilità, agitazione, ansia, convulsioni). Nei casi che non rispondevano alle benzodiazepine, si sono avuti successi con la quetiapina. I neurolettici sono stati utilizzati per le psicosi acute con agitazione e la mania psicotica. Per l’iperemesi sono stati adoperati gli antiemetici, anche se con limitata efficacia. In un singolo caso, si è osservata una riduzione del craving con il naltrexone.
  • Altri farmaci usati e documentati sono stati: fenitoina e fenobarbitale per le convulsioni, clonidina per i sintomi astinenziali, escitalopram oer ansia e depressione, tizanidina per gli spasmi muscolari, metoclopramide per la nausea, ciproeptadina per aumentare l’appetito, pramipexolo per l’insonnia. Sono stati considerati inefficaci invece idrossizina, difenidramina, prometazina, zopiclone, e in alcuni casi anche quetiapina e clonidina).

L’articolo poi si conclude con un’ampia sezione sull’epidemiologia di queste sostanze a New York, probabilmente di minore interesse per il lettore italiano.

http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs11920-016-0694-1

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