Costa adriatica centrale: hub italiano dell’eroina

Sede per il taglio ed il riconfezionamento dell'eroina

 

Quello che è successo negli ultimi giorni in Italia centrale, ovvero i due gravi fatti di cronaca che si sono succeduti in pochi giorni, altro non sono se non l’emergere in forma di cronaca nera di una situazione cronica e assai problematica, che investe tutta la costa adriatica da molti anni. Al di là di tutte le semplificazioni e le speculazioni giornalistiche, la problematica centrale alla base dei recenti avvenimenti non è quella dell’immigrazione, bensì il narcotraffico di eroina.

La costa centrale adriatica costituisce l’hub italiano del narcotraffico internazionale dell’eroina e questo a me è noto da oltre dieci anni, ovvero da quando sono iniziate le migrazioni dei piccoli spacciatori bolognesi verso il territorio marchigiano, per approvvigionarsi di eroina da rivendere sul mercato cittadino. Alcune delle notizie e delle considerazioni riportate in questo post sono tratte dal mio ultimo libro, Il mercato globale dell’eroina, pubblicato per YouCanPrint e disponibile in tutti i maggiori store online, anche in formato elettronico.

Per comprendere la crisi della costa adriatica, bisogna considerare innanzitutto il fatto che la criminalità organizzata italiana, per una serie di ragioni, è interessata solo marginalmente al narcotraffico internazionale di eroina ed è attiva soprattutto in quello di cocaina, nel quale ha un ruolo di rilievo internazionale. L’importazione di eroina in Italia avviene per piccoli carichi, soprattutto da parte di gruppi criminali stranieri. Il gruppo più attivo, nonché quello che riesce ad importare i carichi più significativi (che comunque non superano le poche decine di kg) è quello degli albanesi, che importano in Italia l’eroina proveniente dall’Afghanistan attraverso la via dei Balcani, che attraversa l’Adriatico per sbarcare lungo le sue coste ed i suoi porti oppure via terra, attraverso la via Albania – Kosovo – Bosnia – Croazia – Slovenia –  Italia.

Un altro gruppo criminale straniero presente in Italia centrale è quello dei pakistani. Il Pakistan è il più grande hub dell’eroina afghana sulla via meridionale. Non c’è da stupirsi, quindi, se alcuni cittadini pakistani residenti in Italia possano essere attratti dall’idea di un facile guadagno, importando eroina nel nostro Paese. In Pakistan, infatti, un kg di eroina, così come uscita dal laboratorio (purezza intorno al 70-80%), costa solo 4.000 dollari, ma è in grado di rendere sul mercato italiano almeno 20 volte di più. Questa, per alcuni, può essere una prospettiva allettante.

I pakistani coinvolti nel traffico possono essere stranieri di passaggio (ma che comunque godono di appoggi logistici forniti da connazionali residenti nel nostro Paese), oppure persone regolarmente immigrate: nel 2015 in Italia risiedevano regolarmente più di 100.000 pakistani. Nel febbraio 2016, il tribunale di Macerata ha condannato dieci persone (di cui otto di nazionalità pakistana), a complessivi 60 anni di carcere, con pene da 2 a 12 anni di reclusione. Queste persone sono risultate coinvolte, a vario titolo, in un traffico di eroina internazionale con il Pakistan, per un volume stimato di complessivi 25 kg, spediti via posta ed occultati all’interno di borse etniche. L’avvocato Giuseppe Bommarito ha costituito l’associazione ‘Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza’, per trasformare, come egli stesso afferma, in energia positiva il dolore per la perdita del figlio nel 2009, per overdose da eroina. In un articolo apparso su Cronache Maceratesi polemicamente Bommarito definisce il suo territorio Maceratistan, puntando il dito verso alcuni gruppi di pakistani immigrati residenti in città ed in provincia e risultati implicati, oltre che in questa vicenda, anche in altri episodi di traffico internazionale di eroina tramite ovulatori. Ciò che è importante rilevare, è che la presenza di questo gruppo rappresenta un elemento di ulteriore complicazione della situazione nelle Marche, perché l’eroina importata dai pakistani si somma a quella fatta giungere dagli albanesi via mare. Quello marchigiano, però, sembra essere l’epicentro di una rete più ampia, che appare in via di costruzione: secondo fonti di stampa i gruppi pakistani marchigiani avrebbero diramazioni a Trento, Mantova, Reggio Emilia e Roma.

Alla presenza di questi due gruppi, si somma quella emergente dei nigeriani. A dire il vero, il coinvolgimento della criminalità di quel Paese nel traffico risale addirittura agli anni Ottanta, come ci informa un vecchio articolo del 1992, ancora presente sul sito di Radio Radicale. I nigeriani, come è normale che sia, importano soprattutto eroina proveniente dall’hub africano.

Storicamente i nigeriani sono insediati in Umbria. La mafia nigeriana nasce nelle Università di quel paese ed a Perugia è presente un’Università per stranieri. Alcuni studenti stranieri hanno fatto da base per la penetrazione dei gruppi. Nel 2014, il Questore di Perugia ha fornito alla stampa i dettagli dell’Operazione Turnover, conclusa con 37 ordinanze di custodia cautelare. All’operazione finale, si giunse a conclusione di indagini avviate a seguito di sequestri di eroina a carico di cittadini africani, tutti ovulatori.

I nigeriani, a differenza dei pakistani, molto attivi anche nello spaccio al dettaglio e fanno riferimento ad un’organizzazione criminale verticale e molto attiva, che pratica la riduzione in schiavitù e si occupa soprattutto di narcotraffico,  truffe via internet e racket della prostituzione. Nel 2011, così recitava un’informativa dell’ambasciatore nigeriano nel nostro Paese: “Vorrei attirare la vostra attenzione sulla nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenente a sette segrete, proibite dal governo a causa di violenti atti di teppismo: purtroppo gli ex membri di queste sette che sono riusciti ad entrare in Italia hanno fondato nuovamente l’organizzazione qui, principalmente con scopi criminali”.

A questi gruppi stranieri, si aggiunge quello dei rom abruzzesi, Non è chiaro se i rom residenti in Italia riescano ad importare l’eroina direttamente dai Balcani fino alle coste dell’Adriatico, come sostenuto da qualcuno, oppure se essi si riforniscano dagli albanesi. Ciò che è certo è che sono coinvolti in maniera significativa nello spaccio di eroina lungo il litorale abruzzese e che hanno rapporti significativi con gli esponenti della criminalità albanese.

Le comunità rom sono presenti nelle regioni adriatiche dell’Italia centrale (ed in modo particolare in Abruzzo) fin dalla prima metà del secolo scorso, tanto che essi stessi si autodefiniscono “i rom abruzzesi”.

Anche se non si trovano evidenze significative di un loro coinvolgimento diretto nel traffico internazionale di eroina, i rom abruzzesi sono molto attivi nella distribuzione al dettaglio di quella proveniente dalla rotta dei Balcani e pertanto meritano un cenno. Lo spaccio avviene nelle case popolari dei quartieri Rancitelli e Fontanelle di Pescara, dove vengono ad acquistare eroina non solo i tossicodipendenti locali, ma anche quelli del Molise e delle Marche, spesso per rivenderla sulle loro piazze. Qui l’eroina costa poco, anche se è spesso molto tagliata (come nella tradizione degli albanesi) e si può ottenere anche per baratto. A novembre 2016, una donna rom di 57 anni, residente nel quartiere Fontanelle, è stata arrestata per aver ceduto una dose di eroina ad un tossicodipendente in cambio di una busta di mandarini.

I rom abruzzesi non sono attivi nello spaccio solo a Pescara: nel novembre 2014 i finanzieri del GICO hanno eseguito 19 misure cautelari a carico del cosiddetto ‘clan rom di Giulianova’, attivo anche nel territorio di Tortoreto e Martinsicuro.

Anche se sembrano coinvolti soprattutto nello spaccio al dettaglio, il ruolo dei rom abruzzesi è importante, perché costituiscono un elemento di ulteriore complicazione nella ‘crisi della costa Adriatica’, caratterizzata da una lunga scia di decessi che continua ininterrotta da circa un decennio e che si somma alle altre aree di crisi dell’Italia centrale

Da tutto quanto finora descritto, se ne ricava che nella costa adriatica centrale sembrano concentrarsi i traffici di eroina e sovrapporsi più gruppi di importatori. Se a ciò si somma l’esistenza di una efficiente rete di distribuzione al dettaglio, si può affermare che il mercato dell’eroina in questa parte d’Italia non abbia eguali con nessun’altra regione del Paese.

Nelle regioni centrali adriatiche e nell’Umbria sembrano convergere tutti i traffici italiani di eroina: quelli dal mare, da Albania e Grecia, quelli per via aerea e postale dal Pakistan ed infine quello degli ovulatori nigeriani, che alimentano l’Umbria (ed in parte la Toscana ed il Lazio) con l’eroina proveniente dall’hub africano.

Non è chiaro dalle notizie di cronaca se questi gruppi si siano divisi il territorio in un patto di non belligeranza o se si limitino a operare in un regime di libera concorrenza, quello che è certo è che non si trovano notizie di scontri fra bande di nazionalità diversa, come avviene ad esempio per il controllo del traffico negli Stati Uniti.

Non tutta l’eroina che giunge in Italia approda in questa parte del Paese, ma in nessuna altra parte d’Italia come nell’Adriatico centrale coesistono le condizioni geografiche idonee ed una così alta concentrazione di trafficanti, i quali, peraltro, utilizzano tutti vie diverse: nell’Adriatico centrale, infatti convergono due delle tre grandi rotte dell’eroina: la rotta balcanica (albanesi e rom), e la rotta meridionale-africana (pakistani e nigeriani).

Pertanto, a parer mio ed alla luce delle evidenze prima riportate, la triste recente vicenda di Macerata che ha scosso l’intero Paese, non è da inquadrarsi fra le problematiche dell’immigrazione, ma fra quelle del narcotraffico internazionale di eroina.

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