L’Ayahuasca ed i suoi analoghi

Da alcuni anni anche nel nostro Paese sono attive religioni sincretiche con il cristianesimo, originatesi in Brasile, le quali prevedono l’utilizzo all’interno delle loro cerimonie dell’ayahuasca, un’antica bevanda rituale di origine amazzonica. L’ayahuasca in Italia è teoricamente legale, nel senso che non è presente nelle Tabelle del Testo Unico sugli stupefacenti, così come sono legali le piente da cui si ricava. Essa però contiene piccole dosi di DMT, sostanza classificata illegale, che però all’interno dell’ayahuasca ha un effetto farmacologico differente. Pertanto la sua collocazione legale nel nostro Paese è controversa.

In Brasile, invece, l’uso rituale dell’ayahuasca è legale da alcuni decenni e tutti gli studi effettuati sugli utilizzatori rituali non hanno evidenziato in questi ultimi aspetti problematici o danni per la salute ma (paradossalmente?) semmai più benefici, sia per i singoli che per la loro comunità.

Sul piano legale, però, la questione in Italia rimane controversa. Per quanto le dosi di DMT dell’ayahuasca siano limitate e per quanto esso venga assunto per bocca e non iniettato o fumato ed abbia un effetto farmacologico profondamente diverso (a causa della differente farmacocinetica e dell’interazione con le armaline, che sono legali), periodicamente gli appartenenti a queste religioni (riconosciute) vengono sottoposti a procedimenti legali ai sensi del TU sugli stupefacenti, anche se queste finora si sono sempre concluse con l’assoluzione.

Grazie alle autorizzazioni ricevute, pubblico il testo integrale della consulenza di parte effettuata per una di queste vicende. Penso che questo testo dia un’idea precisa di questa ambiguità e si presti a molte riflessioni.


L’Ayahuasca ed i suoi analoghi

L’ayahuasca è la più importante bevanda rituale degli indigeni della foresta  amazzonica, impiegata per scopi religiosi e magico-terapeutici.  Il suo utilizzo è tuttora diffuso presso numerose tribù delle foreste della regione attraversata dal Rio delle Amazzoni (Perù, Ecuador, Bolivia, Colombia e nord del Brasile) e presso le popolazioni meticce che popolano le aree urbane della stessa regione[1], [2]. I riti a base di ayahuasca sono stati descritti per la prima volta dai missionari spagnoli e portoghesi nel XVI secolo, ma il suo utilizzo sembra antico di millenni[3].

Il termine ayahuasca deriva dalla lingua quechua ed in particolare dalla parole aya (traducibile come anima, spirito o anche morto) e waska  (corda, liana). Pertanto la traduzione del termine ayahuasca non è univoca  e potrebbe essere “la liana dell’anima” o la “liana dello spirito” o ancora “la liana dei morti”[4]. Gli altri nomi con cui la bevanda è indicata dalle popolazione locali sono hoasca, daime, yage, caapi, natema.

Presso le popolazioni urbane meticce dell’Amazzonia peruviana l’ayahuasca è il più importante rimedio della medicina tradizionale ed il suo utilizzo è strettamente finalizzato alla diagnosi e alla cura delle malattie, compresa la dipendenza da alcol e droghe: in alcune regioni del Perù, infatti, sono nati di recente alcuni centri  di disintossicazione basati, fra l’altro, sull’uso terapeutico dell’ayahuasca (vedi oltre). In ogni caso, le sedute terapeutiche sono guidate dal vegetalista, ovvero lo sciamano conoscitore delle erbe e delle loro proprietà:  gli sciamani, a loro volta, mettono in guardia dall’utilizzare l’ayahuasca in assenza di una guida di comprovata esperienza[5].

L’influenza delle missioni cattoliche e protestanti ha anche portato un certo grado di sincretismo con il Cristianesimo, che influenza il simbolismo e l’interpretazione dell’esperienza. Infatti, accanto all’utilizzo rituale da parte delle popolazioni di origine indigena (sia quelle che vivono nella foresta che quelle meticce urbane), da alcuni decenni si vanno diffondendo, soprattutto in Brasile, alcuni culti religiosi sincretici e rituali collettivi imperniati sull’uso dell’ayahuasca, quali il Santo Daime e la Uñiao do Vegetalo (UDV), diffusi anche in Europa, in Nord America e in Giappone[6]. In Brasile l’utilizzo con finalità religiose del decotto di ayahuasca è esplicitamente legale dal 1986. Per questo motivo, la maggior parte della letteratura scientifica sugli effetti a breve e lungo termine dell’uso di ayahuasca sull’uomo proviene da quel paese, dove lo status legale chiaro ed esplicito non pone particolari limitazioni alla ricerca scientifica e dove lo stato di salute degli utilizzatori rituali di ayahuasca è stato sottoposto negli ultimi decenni ad un attento studio e monitoraggio.

 

Preparazione dell’ayahuasca

 La preparazione dell’ayahuasca richiede l’utilizzo di almeno due piante, una delle quali è sempre la liana Banisteriopsis caapi, la quale viene messa a bollire ed a macerare assieme alle foglie di un’altra pianta. I vegetali che possono essere associati alla banisteriopsis sono numerosi, i più utilizzati sono la Psychotria viridis (chacruna) e la Diplopterys cabrerana (chaliponga and chacropanga)[7]. Il termine ayahuasca, quindi, non viene mai riferito ad una sola pianta ma ad una mistura appositamente preparata, la quale a sua volta richiede che vengano utilizzate almeno due piante. Ogni sciamano possiede la propria formula per la preparazione della bevanda, solitamente custodita come un segreto e pertanto sono possibili diversi tipi di ayahuasca, ma le ‘vere’ sono  quelle in cui vengono utilizzate contemporaneamente piante che contengono alcaloidi armalinici assieme a piante che contengano DMT [8], [9].

Diplopterys cabrerana

La preparazione tradizionale della bevanda non è un semplice procedimento di cottura, ma segue un rituale preciso: le foglie di chachruna, ad esempio, vanno raccolte con molto rispetto all’alba, recitando una preghiera, mentre la liana va pulita con un cucchiaio di legno e quindi battuta con martelli in legno fino ad essere ridotta in fibra.

Preparazione dell'ayahuasca

 

Chimica e farmacologia dell’ayahuasca

Le proprietà psicoattive dell’ayahuasca sono dovute all’azione farmacologica combinata e contemporanea degli alcaloidi armalinici (armina, tetraidroarmina e armalina) contenuti nelle baniesteropsis[10] e del DMT contenuto nelle foglie di psychotria, della dyplopteris o in quelle delle altre piante contenenti DMT possono essere utilizzate[11].

Gli alcaloidi armalinici (o beta-carboline), in particolare, sono dotati di modeste proprietà psicoattive (soprattutto ansiolitica, analgesica e vagamente allucinogena) ed esplicano numerose altre attività psicofarmacologiche: sono antagonisti serotoninergici (in modo particolare la tetraidroarmina), presentano un certo grado di affinità per i recettori della serotonina, inibiscono il re-uptake della serotonina a livello delle sinapsi (in particolare la tetraidroarmina) e sono potenti inibitori delle monoaminoossidasi (MAO inibitori o iMAO). Le monoaminossidasi (MAO) sono enzimi che catalizzano il metabolismo di numerose sostanze endogene ed esogene, fra cui alcuni importanti neuromediatori come la serotonina, la dopamina, la nor-adrenalina e lo stesso DMT[12]. In questo modo le betacarboline partecipano all’effetto dell’ayahuasca sia direttamente (in virtù dei loro effetti farmacologici) che indirettamente, perché consentono l’assunzione per bocca, impedendo che il DMT ingerito venga inattivato dalle monoaminoossidasi presenti nello stomaco e nell’intestino tenue[13]. Il DMT, infatti, qualora venga assunto per bocca, risulta privo di effetti psicoattivi, perché viene inattivato a livello gastrico ed intestinale per l’attività delle moaminoossidasì; l’assunzione contemporanea di alcaloidi armalinici inibisce l’attività delle monoaminossidasi e quindi la digestione del DMT, che può così essere assorbito integro ed esplicare il suo effetto farmacologico[14].

ArmalinaArmalina

L’interazione farmacologica fra alcaloidi armalinici e DMT, però, è in realtà molto più complessa. Le beta-carboline sembrano modificare la risposta dell’organismo agli effetti farmacologici del DMT. La somministrazione di beta-carboline, ad esempio, riduce l’eccitazione locomotoria indotta dal DMT negli animali da esperimento[15]. Gli effetti psicofarmacologici del DMT sono in gran parte dovuti al suo legame con i recettori 5-HT2 della serotonina, per i quali presentano affinità anche le stesse beta-carboline[16]. In altri termini, gli alcaloidi armalinici se da un lato aumentano la biodisponibilità di DMT a livello cerebrale inibendo l’attività delle monoaminoossidasi, dall’altro sembrano alterare la risposta dei recettori serotoninergici al DMT, modificandone o comunque modulandone gli effetti[17].

DMT

DMT

In realtà, il profilo recettoriale e l’attività farmacologica degli alcaloidi armalinici non coinvolge solo i recettori serotononirgeci, ma anche quelli dopaminici, benzodiazepinici, oppiacei, nicotinici, istaminici e imidazolinici, il che lascia presupporre un effetto farmacologico ancora più complesso ed in gran parte ancora da investigare[18].

Per tutti questi ed altri motivi (vedi oltre), gli effetti psicofarmacologici dell’ayahuasca sono quelli dovuti all’azione contemporanea ed all’interazione farmacologica degli alcaloidi armalinici e del DMT e sono differenti e da tenere distinti da quelli del DMT assunto isolatamente.

 

Effetti soggettivi sull’uomo dell’assunzione di ayahuasca

Gli effetti dell’ayahuasca sono unici e sono il risultato dell’azione farmacologica contemporanea degli alcaloidi armalinici e del DMT, della loro interazione farmacologica nonché della via di somministrazione orale.

Pur con variazioni individuali, gli effetti iniziano ad essere avvertiti 20-60 minuti dopo l’ingestione (a seconda delle condizioni di ripienezza dello stomaco) e vanno via via aumentando, raggiungendo la massima intensità dopo ulteriori 30-45 minuti. Segue una fase di plateau di effetto pieno, che dura da 1 a 2 ore, quindi l’intensità inizia a ridursi, per scomparire dopo 1 o  2 ore. In alcuni casi possono permanere dei postumi, che consistono in un leggero stato di ‘frastornazione’ (after effect) e disorientamento, che può durare da una a poche ore[19]. A differenza di quello che avviene con molte altre sostanze psicoattive (compreso l’alcol), gli effetti dell’ayahuasca non sono seguiti da stati sgradevoli di melanconia o francamente depressivi (down, hang-over), né presentano ‘code’ che si prolungano nel giorno successivo all’assunzione.

Durata degli effetti dell’Ayahuasca nell’assunzione orale
Durata totale 4 – 8 ore
Inizio dopo 20 – 60 min
Fase di salita 30 – 45 min
Plateau 1 – 2 ore
Discesa 1 – 2 ore
After Effects 1 – 6 ore
Hangover / Code nel giorno successivo NO

 

Uso rituale

Come avviene per tutte le sostanze psicoattive, gli effetti individuali sono in parte soggettivi e comprendono effetti psicofarmacologici che vengono percepiti come gratificanti (effetti positivi o ricercati), effetti che, pur essendo presenti, non vengono vissuti né in maniera gradevole né in modo sgradevole (effetti neutri o indifferenti) ed effetti che possono causare esperienze di discomfort oppure di franca sofferenza (effetti negativi).

 

Gli effetti positivi dell’ayahuasca possono comprendere:

  • elevazione del tono dell’umore o franca euforia
  • progressiva riduzione dei confini dell’io
  • sensazione soggettiva pervasiva di aumento di contatto con l’universo
  • sensazioni di empatia ed amore verso gli altri e la natura
  • sensazione di pace interiore e di maggiore accettazione di sè
  • sensazione soggettiva di vivere un’esperienza spirituale profonda, destinata ad influenzare positivamente la propria esistenza
  • sensazione soggettiva di purificazione e di guarigione

Gli effetti dell’ayahuasca sulla spiritualità costituiscono gli effetti positivi ricercati da parte degli utilizzatori rituali. Alcune persone che hanno avuto esperienze con l’ayahuasca riferiscono di aver percepito rivelazioni spirituali riguardo lo scopo della loro presenza sulla terra o del vero senso dell’universo, fino alla comprensione profonda di come poter essere delle persone migliori[20]. Secondo lo sciamano peruviano Don Jose Campos, l’effetto dell’ayahuasca indurrebbe in questo modo una sorta di rigenerazione/ rinascita, con una maggiore consapevolezza. L’ayahuasca fornirebbe anche l’accesso a dimensioni spirituali superiori, che permettono di contattare esseri sovradimensionali che possono fungere da guida o da veri e propri guaritori[21]. In questo modo, sempre secondo Don Jose, l’esperienza con l’ayahuasca favorirebbe profondi cambiamenti positivi nelle persone. Queste esperienze, sembrano condurre con il tempo a modificazioni misurabili della personalità, con maggiore consistenza dei tratti che misurano la spiritualità, sostenute a loro volta da modificazioni della struttura e del funzionamento cerebrale (vedi oltre). Queste modificazioni potrebbero costituire il riscontro neurobiologico di quanto affermato dagli sciamani.

Quelle della ‘guarigione’ e della ‘purga’ (soprattutto mentale), sono due fra le sensazioni soggettive più comunemente riportate. Così descrive la sua esperienza un consumatore rituale, il quale sostiene di essere guarito dalla depressione ricorrente grazie all’utilizzo dell’ayahuasca: “mi  sentivo come se stessi cercando di mantenere una palla di energia blu. Non ci  riuscivo  perché  era  come  se  le  mie  mani  fossero  i  poli  opposti  di  un  magnete,  che  si  muovevano.  Quando finalmente sono riuscito a tenerla,  l’energia  mi  ha  avvolto  e  tutto  ha  avuto  un  senso.  Da  quel  momento, non ho mai più provato sensazioni di depressione[22].

Al di là delle profonde differenze soggettive con cui viene vissuta l’esperienza spirituale indotta dall’ayahuasca, la maggior parte delle persone concorda anche sulla forte sensazione soggettiva di aver in qualche modo vissuto un’esperienza unica ed irripetibile, destinata ad avere riflessi positivi nella vita quotidiana ordinaria[23].

Spiritualmente connesso

Fra gli effetti neutri dell’ayahuasca possono comparire

  • leggera sedazione
  • visioni, in particolar modo ad occhi chiusi
  • alterata percezione dei suoni
  • alterata percezione del tempo e dello spazio
  • tachicardia con leggera elevazione della pressione arteriosa diastolica.

Le visioni vengono classificate fra gli effetti neutri o indifferenti, in quanto esse non costituiscono l’effetto ricercato nell’uso rituale, che è invece quello sulla spiritualità. L’aumento dell’attività visionaria indotto dall’ayahuasca si manifesta soprattutto se si chiudono gli occhi ed è documentato dall’elettroencefalogramma registrato ad occhi chiusi, in cui viene registrato come un aumento dell’intensità delle onde comprese fra i 36 ed i 44 Hz (la cosiddetta zona dei 40 Hz) a livello occipitale, parietale e temporale[24].

L’assunzione di ayahuasca produce anche deboli effetti cardiovascolari: in genere si osserva una tendenza all’aumento (non significativo) della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sistolica (massima). La pressione arteriosa diastolica (minima) aumenta significativamente, in media di 9mm di Hg rispetto ai valori registrati prima dell’assunzione[25].

 

Gli effetti negativi dell’ayahuasca non sono frequenti, ma possono comunque essere presenti, come può accadere con qualsiasi sostanza presenti attività farmacologica. Si tratta in gran parte di sensazioni soggettive o di sintomi fisici secondari, che non mettono a rischio l’incolumità e la salute degli assuntori, ma che possono essere avvertiti come sgradevoli o provocare sensazioni spiacevoli. La gestione o addirittura l’interpretazione di questi possibili effetti costituisce, in molte culture, uno dei compiti dello sciamano. Gli effetti negativi possibili sono soprattutto di due tipi:

  • Fisici: nausea, vomito, diarrea o sudorazione alternata a brividi. Questi sintomi, quando presenti, tendono a ridursi con le successive assunzioni della bevanda, fino a scomparire.
  • Psichici: soprattutto paura, angosce di vario tipo, crisi acute di panico.

In realtà, secondo l’interpretazione sciamanica, il vomito non va considerato un effetto avverso, ma una parte integrante e fondamentale dell’esperienza stessa, rappresentando il modo in cui ci si libera di tutte le emozioni ed energie negative accumulate e favorendo quel processo di ‘depurazione spirituale’ o di ‘purga mentale’ che costituisce uno degli effetti ricercati dell’uso rituale dell’ayahuasca.

Con l’ayahuasca, la possibilità di reazioni negative di tipo psicogeno (ansia, paura, agitazione) è in realtà molto inferiore a quanto può accadere con il DMT (vedi oltre). Secondo alcuni ciò potrebbe essere dovuto all’azione sedativa delle beta-carboline.

 

Ubiquitarietà degli alcaloidi armalinici e del DMT. Analoghi dell’ayahuasca

Le piante contenenti DMT non sono esclusive della selva amazzonica. In realtà il DMT è ubiquitario e le piante che lo contengono sono molto comuni e altrettanto diffuse in tutto il pianeta.

In Italia, ad esempio, il DMT è contenuto, fra le altre piante, in molte specie del genere Phalaris, ovvero di una delle più comuni erbe da pascolo che si possono incontrare nei nostri prati spontanei, nell’arundo donax (la comune canna domestica), in molte specie del genere delosperma, comunemente utilizzate per la decorazione delle aiuole nei giardini, in alcune specie del genere acacia.

Phalaris Arundinacea

Phalaris Arundinacea

Lo stesso accade anche per le piante contenenti alcaloidi armalinici, la cui presenza non è esclusiva della baniesteropsis. Già nel 1980 erano note 121 specie vegetali contenenti beta-carboline[26], oggi se ne contano alcune centinaia. Una pianta tipicamente mediterranea che contiene betacarboline è la passiflora: sono note almeno 54 specie di passiflora che producono beta-carboline, che si accumulano soprattutto nelle foglie[27].

L’ubiquitarietà delle specie vegetali contenti DMT e beta-carboline, la loro grande diffusione nonché il fatto che si tratti di specie vegetali comuni, fa si che in qualsiasi regione del mondo sia possibile preparare analoghi artigianali dell’ayahuasca utilizzando piante asportate da prati, aiuole o giardini.

Le preparazioni artigianali di analoghi dell’ayahuasca, ottenute con vegetali locali da parte di giovani sperimentatori che si informano su internet, probabilmente sono una delle cause più importanti se non la sola causa dei pochi incidenti che sono stati registrati con l’utilizzo di questa bevanda, soprattutto a causa della mancata conoscenza circa il  contenuto di beta-carboline e DMT di queste piante (con conseguente rischio di sovradosaggio) e dell’eventuale presenza di altri composti farmacologicamente attivi nelle stesse.

E’ da rilevare che nessuna delle specie vegetali contenenti DMT né tantomeno quelle che contengono beta-carboline risulta inclusa nelle Tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope soggette a controllo del Testo Unico sugli Stupefacenti, così come elencate nel DPR 309/90 e nelle successive integrazioni.

DMT e beta-carboline sono presenti anche come sostanze endogene negli organismi dei mammiferi, compreso l’uomo. Dopo decenni di supposizioni, la presenza di DMT e beta-carboline è stata confermata anche a livello della ghiandola pineale[28] (epifisi) e questo sembra confermare l’ipotesi di Callaway secondo cui l’attività onirica sarebbe il risultato dell’azione combinata delle betacarboline e del DMT endogeni: durante il sonno aumenterebbe l’attività delle betacarboline, le quali attiverebbero il DMT endogeno, che indurrebbe le visioni dei sogni[29]. In altri termini, secondo questa ipotesi, i meccanismi neurobiologici che generano l’attività onirica sarebbero sovrapponibili a quelli farmacologici che sostengono gli effetti dell’ayahuasca. Questo meccanismo viene definito endohuasca (ayahuasca endogena)[30].

 

Potenziale d’abuso, reazioni avverse e rischi per la salute dell’uso di ayahuasca nei diversi contesti

L’utilizzo dell’ayahuasca è diffuso esclusivamenmte in ambito rituale e religioso mentre quello dei suoi analoghi lo è in contesti di consumo ricreativo. L’ayahuasca non compare mai fra le sostanze per cui le persone si rivolgono ai servizi per le tossicodipendenze o vi vengono inviate. Anche la comparsa di analoghi dell’ayahuasca sul mercato illegale è da considerarsi eccezionale.

Nel corso della mia attività clinica trentennale con i tossicodipendenti, mi sono imbattuto pochissime volte in pazienti che riferivano di aver avuto esperienze con l’ayahuasca, quasi sempre in contesti rituali. La quasi totalità di questi, inoltre, aveva avuto solo una o due esperienze e nessuna di loro aveva sviluppato una dipendenza da questa bevanda o comunque forme di consumo problematico. Queste osservazioni cliniche personali, trovano conforto nei dati della letteratura scientifica.

Numerosi studi hanno tentato di valutare i possibili rischi acuti connessi all’utilizzo dell’ayahuasca (o dei suoi analoghi) in contesti rituali, gli effetti sulla salute nell’utilizzo a lungo termine, nonché i possibili rischi di sviluppo di una dipendenza.

Uso rituale di ayahuasca

Uso rituale di ayahuasca

Il primo dato da rilevare  è che nell’utilizzo rituale le dosi che vengono assunte sono in genere basse. In uno studio, le dosi utilizzate all’interno dei contesti rituali contenevano in media una quantità di DMT inferiore 5% della dose tossica letale (DL50) e ciò consentiva un ampio margine di sicurezza e giustificava l’assenza di incidenti e di casi letali nei contesti considerati[31]. Di converso, lo stesso studio ha evidenziato la presenza di effetti benefici a lungo termine (soprattutto psicologici) fra coloro che avevano consumato l’ayahuasca all’interno di contesti ben strutturati. Quest’ultima osservazione è stata confermata anche da un altro lavoro, il quale  ha evidenziato effetti psicologici positivi a lungo termine nei seguaci dei culti che prevedono l’utilizzo di ayahuasca, ma che al contempo invita a non estendere queste conclusioni anche ad un eventuale popolazione di abusatori con altre finalità di utilizzo ed al di fuori di qualsiasi contesto[32].

In un’ulteriore indagine, 127 consumatori rituali di ayahuasca sono stati osservati per un anno e confrontati con un gruppo di controllo di 115 non-consumatori: i primi mostravano risultati addirittura migliori  sia nei test di personalità che in quelli psicopatologici e di funzionamento neuropsicologico[33]. In tutti gli studi che abbiano tentato di valutare il rischi connessi all’assunzione di questa bevanda, l’uso rituale di ayahuasca è risultato sempre sufficientemente sicuro e in date condizioni addirittura benefico[34]. I consumatori rituali di ayahuasca, inoltre, mostrano meno frequentemente disturbi psicopatologici rispetto al gruppo di controllo ed un elevato livello di funzionamento sociale[35].

Perfino l’utilizzo rituale o religioso di ayahuasca da parte degli adolescenti non sembra comportare danni significativi allo sviluppo ed alla maturazione cerebrale: i test neuropsicologici degli adolescenti che partecipavano ai riti non mostravano differenze significative rispetto a quelli dei loro coetanei[36], mentre i disturbi psichiatrici si osservano meno frequentemente[37].

Le stesse osservazioni sono state effettuate negli animali da esperimento: in uno studio, la somministrazione a lungo termine di ayahuasca nei ratti non si accompagnava ad alterazioni del comportamento[38].

L’uso rituale prolungato di ayahuasca, infine, non genera dipendenza e quindi non produce i deleteri effetti psicosociali che si osservano nelle dipendenze da droghe[39]. I consumatori rituali di ayahuasca non risultano problematici per la loro comunità, non hanno comportamenti violenti, mostrano propensione alle relazioni umane ed un grado elevato di funzionamento sociale. Queste considerazioni sono contenute anche in uno studio commissionato dal  CONFEN, Conselho Federal de Entorpecentes (Consiglio Federale dei Narcotici) brasiliano nel 1987, il quale conclude che l’utilizzo rituale dell’ayahuasca  aveva “un’influenza molto positiva sulla comunità, incoraggiando l’armonia sociale e l’integrazione personale”. Secondo lo studio, “piuttosto che considerare semplicemente l’analisi farmacologica delle piante, era essenziale considerare l’intero contesto d’uso del decotto (religioso, sociale e culturale)”. In altri termini, l’effetto ricercato dai consumatori rituali di ayahuasca (sulla spiritualità, sull’armonia ed il contatto con la natura, l’universo e con gli altri) non solo non presenta gli aspetti di problematicità tipici del consumo ricreativo di alcol e droghe illegali, ma può avere un effetto positivo sulla comunità cui queste persone appartengono ed in cui sono normalmente integrate.

Secondo studi più recenti, gli effetti a lungo termine dell’uso regolare di ayahuasca possono comprendere anche modificazioni strutturali delle aree cerebrali che sovraintendono i processi dell’attenzione, del pensiero autoreferenziale e dell’introspezione, le quali potrebbero essere a loro volta alla base delle modificazioni della personalità osservate nel senso dell’autotrascendenza, un tratto di personalità che misura la religiosità, la spiritualità ed i sentimenti transpersonali [40].

Una revisione critica recente della letteratura scientifica disponibile ha infine confermato il basso potenziale di tossicità acuta e cronica di questa bevanda quando essa venga consumata in contesti rituali. In queste situazioni controllate, l’ayahuasca ha dimostrato un buon indice di sicurezza molto buono mentre non sono state evidenziate alterazioni psicopatologiche significative nei consumatori abituali[41].

Per quanto maneggevole, l’ayahuasca è comunque dotata di attività farmacologica e come tale non è esente da possibili complicanze acute, anche se queste sembrano per lo più associate al suo utilizzo (e soprattutto a quello dei suoi analoghi) per fini ricreativi ed al di fuori di un contesto protetto. Assai di recente negli Stati Uniti è stato condotto uno studio retrospettivo che ha preso in esame tutti i casi di chiamate per consulenza ai centri antiveleni da parte dei Pronto Soccorso cui si erano rivolte persone per effetti avversi dovuti all’uso dell’ayahuasca o dei suoi analoghi, in un periodo di 10 anni, che va dal 2005 al 2015. Nell’arco di tempo considerato, l’indagine ha permesso di registrare 538 casi problematici di esposizione all’ayahuasca, ovvero una media di circa 50 l’anno, ovvero lo 0,014% di quanti ricorrono alle prestazioni dei Pronto Soccorso americani per reazioni avverse da droghe e farmaci (grosso modo 350.000 persone ogni anno). Si trattava per lo più di soggetti giovani di sesso maschile (età media 21 anni), il che lascia presupporre appartenessero in buona parte alla popolazione dei giovani policonsumatori piuttosto che a quella dei consumatori rituali, che solitamente appartengono a fasce di età significativamente più alte. Due terzi di queste persone presentava sintomi riferibili ad una leggera intossicazione acuta (allucinazioni, stato di agitazione, tachicardia, ipertensione,  vomito), che si sono risolti spontaneamente al termine dell’effetto. Nel 30% dei casi sono stati somministrati unicamente degli ansiolitici. Solo una minoranza di casi presentava quadri clinici più impegnativi: in 28 casi (5%) è stata necessaria l’intubazione endotracheale con ventilazione assistita, in quattro casi (0,7%) vi è stato un arresto cardiaco ed in 7 (1,3%) un arresto respiratorio. Dodici casi (2,2%) presentavano convulsioni e tre (0,5%) sono deceduti nel corso dei 10 anni[42]. Si tratta di numeri estremamente piccoli se si considera la realtà degli Stati Uniti, dove i decessi per overdose da droghe e farmaci ormai superano i 50.000 ogni anno e svariate centinaia di migliaia di persone ricorrono alle cure del pronto soccorso nello stesso periodo.

In conclusione, l’ayahuasca si è dimostrata abbastanza maneggevole e comporta un basso rischio di reazioni acute avverse, che sono comunque possibili, anche se rare. Tali reazioni nella maggior parte dei casi non sono gravi e si risolvono con la fine degli effetti o con la somministrazione di tranquillanti, ma in casi eccezionali possono essere gravi e  perfino mortali. Il rischio di reazioni acute avverse riguarderebbe soprattutto giovani policonsumatori di analoghi dell’ayahuasca con finalità ricreative[43]. I soggetti deceduti, infatti, presentavano elevati livelli di DMT e di beta-carboline, ma non è dato sapere se essi avessero assunto ayahuasca preparata da un vegetalista esperto oppure, molto più probabilmente, uno dei suoi analoghi artigianali, realizzato con scarsa cognizione di causa con vegetali locali. Gli eventi fatali, in questo modo, potrebbero essere causati da errori di dosaggio oppure dalla presenza di altri composti farmacologicamente attivi (come ad esempio la nicotina) nei vegetali utilizzati o anche dall’associazione dell’ayahuasca artigianale con farmaci, alcol o droghe d’abuso[44].

 

Le interazioni farmacologiche dell’ayahuasca: la sindrome da tiramina e la sindrome serotoninergica

Vi sono casi in cui l’assunzione dell’ayahuasca o dei suoi analoghi può comportare dei rischi rilevanti per la salute e l’incolumità stessa delle persone. Queste possibili reazioni avverse non sono dovute all’attività farmacologica del DMT, ma a quella delle beta-carboline, a causa dell’interazione fra queste ultime ed alcuni alimenti e/o farmaci che siano stati assunti contemporaneamente o prima del decotto. Queste interazioni possono dar luogo a due situazioni cliniche conosciute da tempo: la sindrome da tiramina e, soprattutto, la sindrome serotoninergica. Risulta assai probabile che queste condizioni possano essere state le responsabili dei casi più gravi osservati negli USA in 10 anni.

La sindrome da tiramina: le beta-carboline non sono le uniche molecole dotate di attività inibitoria sulle monoaminossidasi (iMAO): farmaci inibitori delle monoaminossidasi vengono utilizzati da oltre sessanta anni (oggi meno che in passato), ad esempio, per la terapia della depressione. E’ noto da decenni che i pazienti trattati con iMAO per depressione devono osservare un regime dietetico particolare ed astenersi dall’ingerire alcuni alimenti, per evitare di incorrere nella sindrome da tiramina[45]. La tiramina è un’ammina derivata dall’aminoacido tirosina, per decarbossilazione a seguito a processi fermentativi o di decomposizione batterica. Esempi di cibi ricchi di tiramina sono i formaggi stagionati, il pesce secco (ad esempio aringhe affumicate), yogurt, insaccati, vino rosso (in particolare il chianti invecchiato), fave, birra, caffè e lievito. La tiramina possiede attività di tipo simpaticomimetico, in quanto è in grado di favorire il rilascio di noradrenalina, con conseguente vasocostrizione ed aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca: l’assunzione col cibo di una quantità significativa (da 200 a 800mg) di tiramina è in grado di aumentare la pressione arteriosa fino a 30mm di Hg e anche oltre[46]. La tiramina, oltre che favorire la liberazione di noradrenalina, favorisce anche il rilascio di serotonina. Sia che la noradrenalina che la serotonina agirebbero anche da vasodilatatori cerebrali, con aumento della permeabilità capillare e conseguente edema perivasale che può causare emicrania con intensa cefalea, vomito e fotofobia. Per questi motivi ai soggetti con emicrania ricorrente viene consigliato di eliminare dalla propria dieta alcuni cibi ricchi in tiramina[47]. Le monoaminossidasi presenti nell’organismo provvedono al metabolismo della tiramina, della noradrenalina e della stessa serotonina. L’assunzione di inibitori delle monoaminossidasi, pertanto, provoca un accumulo di sostanze endogene con azione ipertensivante e peggiora ulteriormente la sindrome da tiramina. Per questi motivi, l’ingestione di cibi ricchi in tiramina assieme a sostanze con attività inibitoria sulle monoaminossidasi (come le beta-carboline) può scatenare una crisi ipertensiva maligna, la quale può diventare problematica nella gestione e nelle conseguenze nei soggetti cardiopatici, in quelli già ipertesi o nelle persone comunque predisposte. In condizioni estreme, la sindrome da tiramina può evolvere in una sindrome serotoninergica, a causa del rilascio di serotonina indotto dalla tiramina stessa e del suo insufficiente metabolismo per l’azione inibitrice degli iMAO sulle monoaminossidasi.

La sindrome serotoninergica: la sindrome serotoninergica è una condizione clinica molto più impegnativa della sindrome da tiramina. La sindrome serotoninergica  può essere provocata da qualsiasi sostanza o farmaco in grado di interferire con il metabolismo della serotonina, uno dei principali neuromediatori umani[48]. La sindrome da serotonina è scatenata da livelli eccessivi di questo neurotrasmettitore, per sua eccessiva liberazione, per riduzione del suo metabolismo o per entrambi i motivi. Sul piano sintomatologico questa particolare condizione esordisce inizialmente con uno stato di euforia cui progressivamente, a seconda della sua gravità, possono subentrare vomito, convulsioni e perdita di coscienza, fino al decesso in casi estremi.  Alcune terapie farmacologiche tendono ad aumentare i livelli di serotonina. Fra queste, la più nota e la più diffusa è la terapia degli stati depressivi con inibitori del re-uptake di serotonina (o SSRI). Si tratta di una classe di farmaci assai comune ed utilizzata (il più antico e conosciuto è la fluoxetina, nome commerciale Prozac), in cui l’effetto antidepressivo viene ottenuto inibendo la ricaptazione della serotonina a livello delle sinapsi cerebrali, favorendo così la sua permanenza e quindi un suo maggiore effetto. In rari casi, i farmaci SSRI possono scatenare una sindrome serotoninergica già di per se, come effetto avverso del trattamento farmacologico[49]: la contemporanea assunzione di alcaloidi armalinici con attività MAO inibitoria aumenta esponenzialmente questo rischio[50]. Gli alcaloidi armalinici possono favorire questa condizione a causa della loro azione inibitoria sulle monoaminossidasi, che catalizzano il metabolismo della serotonina. Per l’azione dei farmaci SSRI la serotonina non viene ricaptata, mentre per quella dei MAO inibitori non viene metabolizzata. A ciò si aggiunga che alcune beta-carboline inibiscono a loro volta la ricaptazione della serotonina rilasciata a livello sinaptico, aumentandone ulteriormente i livelli, che così possono raggiungere livelli critici. La terapia della sindrome serotoninergica è sintomatica e di supporto alla circolazione e alla respirazione. La prognosi dipende in gran parte dalla tempestività dell’intervento.

E’ da rilevare come la sindrome da tiramina e la sindrome serotoninergica (e le loro possibili conseguenze) siano ben note ai consumatori rituali. Per questo motivo per la partecipazione ai riti viene richiesto di seguire restrizioni dietetiche nei giorni precedenti ed in quelli  successivi la cerimonia e viene effettuato un colloquio preliminare, in cui viene fatto firmare un consenso informato circa i rischi connessi con l’assunzione di preparati contenenti alcaloidi armalinici da parte di persone che effettuano determinate terapie farmacologiche o hanno precedentemente ingerito alcuni alimenti.

 

I motivi dell’effetti protettivo dell’utilizzo rituale di ayahuasca rispetto al rischio di reazioni avverse

Da quanto prima esposto, i dati disponibili in letteratura non evidenzierebbero alcuna problematica particolare nei consumatori abituali di ayahuasca a fini rituali. I consumatori rituali che utilizzano il decotto da un lungo periodo di tempo non sviluppano reazioni acute avverse. Nel contempo alcune evidenze portano a supporre che le poche reazioni avverse registrate (la maggior parte delle quali di scarso impegno clinico) sarebbero soprattutto a carico dei consumatori a fini ricreativi, probabilmente dovute a maldestre preparazioni artigianali della bevanda.

Uso rituale

Alla luce di ciò, è lecito interrogarsi sui motivi di queste differenze e soprattutto sulle ragioni di un presunto effetto protettivo dell’utilizzo rituale in contesto normato e controllato rispetto all’eventualità di reazioni acute avverse.

In realtà, per quanto questo aspetto non sia stato ancora esplorato nel dettaglio, i possibili motivi alla base dell’effetto protettivo dell’utilizzo rituale di ayahuasca rispetto a quello ricreativo sono molteplici:

  • basso dosaggio: come precedentemente esposto, le dosi di DMT che vengono assunte nell’utilizzo rituale sono in genere basse, decine di volte inferiori alla dose tossica letale. Il basso dosaggio è probabilmente uno dei fattori più importanti che giustificano l’assenza di problematicità acuta dell’uso rituale di ayahuasca.
  • corretta preparazione del decotto: il decotto che viene consumato durante l’uso rituale viene preparato da un vegetalista esperto con le piante della selva amazzonica, le stesse che vengono utilizzate da millenni. Ciò consente di ottenere un decotto con concentrazioni note di beta-carboline e DMT ed evita il rischio che il materiale vegetale utilizzato possa contenere, oltre alle beta-carboline ed al DMT stesso, altre sostanze farmacologicamente attive, come ad esempio la nicotina.
  • mancata assunzione di altre sostanze psicofarmacologicamente attive: nell’utilizzo rituale, l’assunzione di ayahuasca non viene associata a quella di altre sostanze psicoattive. Ciò non accade in alcuni contesti di consumo con finalità ricreative, dove l’assunzione di più sostanze (e di alcol) è invece spesso la norma. E’ noto che l’assunzione contemporanea di più sostanze con effetto psicofarmacologico può, in alcuni casi, aumentare esponenzialmente i rischi connessi con l’assunzione delle medesime sostanze prese singolarmente.
  • profonda conoscenza della bevanda utilizzata: i consumatori rituali di ayahuasca solitamente hanno una profonda conoscenza delle bevanda che utilizzano, sia dei suoi presunti effetti benefici che loro ricercano, sia delle precauzioni da adottare per minimizzare il rischio di possibili effetti negativi. Questa consapevolezza genera prudenza e rispetto. Al contrario, i giovani consumatori problematici mostrano a volte la tendenza ad assumere inconsapevolmente qualsiasi tipo di sostanza psicoattiva, senza particolari informazioni a riguardo e con scarsa conoscenza dei possibili effetti negativi.
  • assenza di forme di abuso: nell’utilizzo rituale, le dosi assunte sono predeterminate e non decise dalla persona, così come la frequenza delle assunzioni, dettata dalla cadenza dei vari cerimoniali. Questo evita l’instaurarsi di forme d’abuso, sia rispetto ai dosaggi utilizzati sia rispetto al numero di esperienze. Questo, assieme allo scarso potenziale additivo delle beta-carboline e del DMT, potrebbe spiegare perchè l’eventualità di sviluppo di una dipendenza, già di per se bassissima con l’ayahuasca, è praticamente nulla nell’uso rituale.
  • dieta: le restrizioni dietetiche che vengono richieste per partecipare alla cerimonia minimizzano il rischio di sindrome da tiramina e delle possibili complicanze cardiovascolari che ne possono derivare;
  • anamnesi farmacologica: l’ammissione ad un rito a base di ayahuasca prevede un colloquio preliminare e la sottoscrizione di un consenso informato sui rischi connessi con l’assunzione di ayahuasca (e di beta-carboline in particolare) e quella di alcuni farmaci, alimenti e droghe illegali.
  • setting favorevole: a differenza di quanto accade nel consumo ricreativo, nel quale le sostanze psicoattive vengono spesso assunte in luoghi affollati, rumorosi e soggetti a stimolazione luminosa intermittente, il consumo rituale di ayahuasca avviene per lo più in setting chiusi e confortevoli, in presenza di altre persone con il medesimo interesse e lo stesso credo e non di una folla di estranei. Questo potrebbe spiegare la bassa incidenza di stati di panico e di agitazione che si riscontra nell’uso rituale di ayahuasca.
  • presenza di consumatori esperti: la presenza di consumatori esperti può concorrere, contemporaneamente, a mettere a proprio agio il novizio, limitando il rischio di reazioni acute psicogene e permette di identificare precocemente eventuali situazioni problematiche (che però fino ad oggi non risulta siano mai avvenute) che potrebbero richiedere cure specialistiche tempestive.

Tutti questi fattori potrebbero spiegare  l’assenza di problematicità acuta che è stata osservata fra coloro che utilizzano l’ayahuasca a fini rituali o religiosi. Fra questi motivi, il setting riveste un’importanza particolare, che può condizionare in modo determinante il valore dell’esperienza. L’effetto complessivo di una sostanza psicoattiva, infatti, dipende sempre da tre fattori: il sé (ovvero la struttura della persona che assume la sostanza), gli effetti farmacologici della sostanza assunta e le condizioni in cui avviene l’assunzione/esperienza.  Tutti e tre questi fattori concorrono all’effetto finale. La non problematicità dell’ayahuasca assunta nei contesti rituali è una ulteriore conferma di questo meccanismo.

Per tutti questi motivi la letteratura disponibile in precedenza citata concorda nel concludere che utilizzo rituale e utilizzo con finalità ricreative non possono essere assimilati e sono da tenere nettamente distinti.

Possibili applicazioni terapeutiche dell’ayahuasca

Negli ultimi decenni vi è stato un notevole interesse nei confronti delle possibili applicazioni terapeutiche del decotto di ayahuasca, anche da parte della medicina ufficiale[51]. Ciò non deve stupire: la ricerca farmacologica negli ultimi tempi ha mostrato un grande interesse nei confronti dei vegetali e dei rimedi della foresta amazzonica, alla ricerca di nuove molecole per il trattamento di condizioni cliniche che fino ad oggi hanno dimostrato di non rispondere adeguatamente alle terapie classiche.

La prima considerazione è che, al di là dei possibili effetti farmacologici dell’ayahuasca e della loro efficacia nel trattamento di alcuni stati morbosi, la somministrazione di ayahuasca favorisce l’instaurarsi di un setting terapeutico favorevole, condizione necessaria ed indispensabile per il successo di qualsiasi terapia. Secondo uno studio recente, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’ayahuasca esalterebbe il cosiddetto pensiero creativo divergente, che facilita in particolare gli interventi psicoterapeutici[52].

Un campo in cui l’utilizzo dell’ayahuasca si è dimostrato promettente è la terapia degli stati depressivi. Le proprietà antidepressive dell’ayahuasca sembrano dovute soprattutto all’attività farmacologica delle beta-carboline e sono ormai riconosciute. Gli effetti antidepressivi si rendono evidenti anche dopo una sola assunzione della bevanda (a differenza di quanto accade con i farmaci antidepressivi, che hanno un periodo di latenza di almeno 15 giorni) e perdurano per alcune settimane. Una sola somministrazione di ayuhuasca produce una significativa riduzione della Hamilton Rating Scale for Depression, Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale, Brief Psychiatric Rating Scale nei pazienti con depressione ricorrente[53]. L’effetto antidepressivo sarebbe dovuto all’attività inibitoria delle beta-carboline sulle monoaminossidasi, che favorirebbe l’aumento dei livelli di monoamine biogene (soprattutto serotonina, noradrenalina e dopamina) a livello dello spazio sinaptico,[54] ma anche alla riduzione dello stress ossidativo[55].

Un’altra frontiera delle possibili applicazioni terapeutiche del decotto di ayahuasca è quella del suo possibile utilizzo nella terapia di alcune malattie neurodegenerative come il Morbo di Parkinson[56]. Anche in questo caso, gli effetti farmacologici che vengono valorizzati sono quelli delle beta-carboline. Gli effetti dell’ayahuasca sul morbo di Parkinson sono noti da quasi un secolo: negli anni ’20 il farmacologo tedesco Louis Lewin si autosomministrò l’ayahuasca e ne intuì il suo possibile utilizzo per il trattamento della sindrome rigido/acinetica del morbo di Parkinson e dei parkinsonismi secondari.  In seguito a questa osservazione, somministrò l’ayahuasca ad alcuni pazienti con parkinsonismo post-encefalitico, ottenendo un miglioramento apprezzabile della rigidità ma non dei tremori. Questi studi, all’epoca, fecero un certo scalpore e Lewin intuì che gli effetti positivi dell’ayahuasca sul parkinsonismo fossero dovuti soprattutto alle sostanze contenute nella liana. Gli studi pioneristici di Lewin sono stati abbandonati dopo la sua morte, per essere rivalutati 60 anni dopo. Senza entrare nello specifico del complesso meccanismo neurofarmacologico con il quale le beta-carboline normalizzerebbero alcuni sintomi del morbo di Parkinson e proteggerebbero da alcune malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer, le osservazioni di Lewin sono state confermate da osservazione effettuate sugli assuntori rituali di ayahuasca affetti da morbo di Parkinson, i quali presentano un miglioramento sia della rigidità che dei tremori[57].

 

L’ayahuasca nella terapia delle dipendenze

Fra i possibili utilizzi terapeutici dell’ayahuasca, particolare rilievo hanno assunto negli ultimi anni le potenzialità offerte dal suo impiego come supporto al trattamento degli stati di dipendenza da sostanze[58], [59].

L’impiego  dell’Ayahuasca  nel  trattamento  delle  dipendenze  ha  una storia  di  circa venti anni e origina  dall’attività  di  Takiwasi, una clinica dell’Amazzonia  peruviana  diretta  dal  medico  francese  Jacques  Mabit,  che  si  basa  sull’integrazione  delle  tecniche  della  medicina  occidentale  con le conoscenze sciamaniche, la  cui  efficacia  terapeutica  è  stata in vario modo riconosciuta sia dal governo peruviano che da alcuni organismi dell’Unione Europea. Nel protocollo  del  centro  è  previsto  un  ampio  impiego  di  emetici  tradizionali  congiuntamente  a  una  periodica  assunzione  di  Ayahuasca,  e  il ciclo terapeutico completo si sviluppa  su  un  periodo  di  9  mesi.  Il  modello Takiwasi si è  diffuso in diverse cliniche amazzoniche  ma anche in alcuni paesi occidentali. Purtroppo,  nonostante la mole di risultati aneddotici  positivi[60],  queste  cliniche  non  hanno ancora prodotto una statistica dei risultati soddisfacente dal punto di vista metodologico[61]. Recentemente, però, sono stati condotti alcuni studi controllati, i cui risultati sembrano confermare le osservazioni dei terapeuti delle cliniche amazzoniche. Uno studio su 12 soggetti sottoposti a terapia assistita con ayahuasca in Canada ha evidenziato, oltre che una riduzione significativa dei livelli di ansia e depressione nei soggetti trattati, un miglioramento significativo della consapevolezza, dell’empowerment e della qualità della vita, con un declino dell’abuso di cocaina, amfetamine, alcol e tabacco. I risultati sulla dipendenza da cocaina e da eccitanti in genere, in particolare, erano particolarmente significativi, mentre non vi è stato effetto sui dipendenti da oppioidi. I risultati sono stati confermati nel follow-up a sei mesi[62].

Una revisione critica recente della letteratura scientifica in materia, effettuata sui cinque studi quantitativi disponibili sull’argomento, ha rilevato come in quattro di questi la terapia delle dipendenze assistita con ayahuasca si fosse dimostrata efficace nel trattamento degli stati di dipendenza, mentre in uno studio non si erano evidenziati risultati particolarmente significativi[63].

Secondo un’ipotesi molto suggestiva, l’ayahuasca agirebbe attraverso un meccanismo farmacologico che normalizzerebbe i processi neurobiologici che sono all’origine delle dipendenze[64] ed in particolare interferirebbe con il cosiddetto circuito reward (o della gratificazione), particolarmente coinvolto nella dipendenza da sostanze eccitanti come la cocaina e le amfetamine[65], [66].

 

Il DMT

La N,N-dimetiltriptammina (DMT) è una triptammina psicoattiva con effetti psichedelici, che può essere isolata in piccole quantità nel liquido cerebrospinale umano, che è presente in molte piante e che infine può essere sintetizzata in laboratorio. Il DMT è stato dapprima sintetizzato in laboratorio (1931)[67] e solo dopo 15 anni è stato identificato per la prima volta in una specie vegetale[68]. Negli anni ’60 è stato isolato per la prima volta nell’organismo di alcuni mammiferi[69], [70].

Il DMT sintetico rientra fra le droghe con  un potenziale d’abuso[71] e può essere presente sul mercato illegale, anche se assai poco frequentemente rispetto ad altre sostanze.  Se viene assunto isolatamente, il DMT sintetico non può essere ingerito, in quanto verrebbe disattivato dalle monoaminossidasi presenti nella parete dello stomaco e dell’intestino tenue. Pertanto il DMT sintetico viene autosomministrato per via intramuscolare    oppure per via inalatoria (viene cioè fumato).

DMT assunto per via inalatoria

Quando il DMT viene assunto per via inalatoria, ha un effetto assai potente ma molto breve, che può variare dai 5 ai 15 minuti, a seconda della dose iniettata o inalata (in genere fra i 15 ed i 60 mg di principio attivo). La fase di “salita”, inoltre, è assai rapida e gli effetti raggiungono la loro massima intensità nel giro di un minuto. Per questo motivo, negli anni ’60, il DMT era noto anche come l’allucinogeno dell’uomo di affari, ovvero di chi si poteva concedere un ‘viaggio’ solo nella pausa pranzo[72]. La farmacocinetica dell’iniezione intramuscolare e di quella inalatoria hanno tempi sovrapponibili , ma nell’utilizzo della via parenterale si raggiungono livelli plasmatici maggiori.

L’assunzione isolata di una dose di DMT per via inalatoria o parenterale ha un effetto allucinogeno che, oltre ad essere molto breve, è assai intenso. Nell’assunzione di dosi elevate di DMT  per via intramuscolare vengono spesso riportate esperienze caratterizzate dalla percezione soggettiva di entità aliene, vissute come abitanti di una realtà parallela. Dosi elevate di DMT per via intramuscolare possono anche accompagnarsi ad esperienze extracorporali con sensazione di ingresso in realtà indipendenti dell’esistenza, popolate di creature fatte di luce, con le quali si può interagire. In alcuni rari casi possono essere possibili esperienze che vengono vissute soggettivamente come simili alla morte[73].

 

Differenze fra ayahuasca assunta per via orale e DMT assunto isolatamente per via inalatoria o parenterale

Da quanto prima descritto, gli effetti soggettivi del DMT assunto isolatamente per via parenterale o inalatoria sono profondamente diversi da quelli dell’ayahuasca assunta per bocca, sia sul piano qualitativo, che su quello quantitativo, nonchè di durata degli effetti. Queste differenze dipendono dalla differente farmacocinetica e dal diverso profilo farmacologico.

  • Qualora venga iniettato o fumato, il DMT raggiunge il picco plasmatico entro un minuto: ciò conduce ad un repentino effetto farmacologico, che espone l’organismo ad uno stress notevole, dovuto alla pressoché istantanea modificazione dello stato di coscienza, che non concede tempo per l’adattamento dei processi mentali. Nell’assunzione orale, invece, gli effetti iniziano ad essere percepiti 20-60 minuti dopo l’assunzione ed aumentano in modo lento e progressivo, raggiungendo il loro massimo dopo ulteriori 30-45 minuti e pertanto 1-2 ore dopo l’ingestione. Ciò rende possibile l’adattamento dell’organismo e dell’ideazione agli effetti psicofarmacologici.
  • La farmacocinetica dell’assunzione per via orale dell’ayahuasca influenza significativamente il livello plasmatico di DMT, da cui dipende l’intensità dell’effetto psicoattivo di questo. La concentrazione plasmatica media di DMT dopo l’assunzione per bocca di una dose rituale di ayahuasca è di 15.8±4.4 ng/ml[74], mentre dopo l’assunzione di una dose (0,4 mg/kg) di DMT sintetico per via parenterale si possono raggiungere concentrazioni plasmatiche di 200 ng/ml e oltre[75].
  • L’ingestione di ayahuasca comporta l’assunzione di due composti psicofarmacologicamente attivi, i quali interagiscono fra loro in modo complesso e competono per gli stessi recettori cerebrali. Come prima documentato, gli alcaloidi armalinici non solo rendono possibile l’assorbimento del DMT attraverso la parete intestinale inibendo le monoaminossidasi, ma modificano in maniera significativa gli effetti farmacologici e la farmacocinetica stessa del DMT[76], sia direttamente che indirettamente. Il profilo farmacologico dell’ayahuasca, pertanto, è assai complesso e non coincide con quello del DMT.

Per tutte queste ragioni, gli effetti psicofarmacologici dell’ayahuasca correttamente preparata ed assunta per via orale sono profondamente differenti da quelli del DMT sintetico assunto per via parenterale e non possono essere assimilati a questi ultimi.

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