Intossicazione da cannabis in età pediatrica

Con una certa frequenza si riscontrano nella stampa casi di intossicazione da cannabis nel bambino, ed oggi ad esempio è il Corriere della Sera a lanciare la notizia . Spesso poi non si viene a sapere come si è evoluto il caso, ma riteniamo in maniera benigna, dal momento che se ci fossero stati decessi o invalidità permanenti, ciò molto probabilmente sarebbe stato riportato dagli organi di stampa o quantomeno dalla Letteratura biomedica.
Lo stesso per gli avvelenamenti nell’adulto: quest’estate è stata in primo piano la notizia dell’uomo delle pulizie che è stato male dopo aver mangiato una barretta alla cannabis (“edible”) dimenticata in camera dagli ospiti di un B&B, ed inizialmente le sue condizioni erano state riportate come gravissime forse con un po’ di eccesso giornalistico. Nulla si è saputo dell’evoluzione del caso clinico, per quanto il silenzio renda probabile che si sia risolto senza particolare sequele.

In ogni caso, è importante documentarsi su cosa attendersi clinicamente dall’intossicazione da cannabis nel bambino, e ci viene in soccorso una recente revisione sistematica pubblicata da Journal of Pediatrics da tre medici dell’emergenza che lavorano in California (stato dove la cannabis è legalizzata sia per uso medico che ricreativo, e che quindi è destinata con molta probabilità ad avere ampie casistiche in tema).

Cosa possiamo apprendere dai colleghi californiani?

Loro hanno preso in considerazione tutti i casi pubblicati che coinvolgevano bambini minori di 12 anni (per escludere – si spera – l’uso consapevole) esposti a preparati cannabinoidi per via orale. Sono stati selezionati 44 studi che coinvolgevano in totale 3582 bambini. Nessuno era prospettico (piuttosto ovviamente) e quindi si trattava di studi retrospettivi, effettuati più che altro da centri antiveleni e reparti di terapia intensiva pediatrica. Nella maggioranza dei casi i bambini avevano ingerito hashish, e in una minoranza prodotti alimentari contenenti cannabis o spinelli interi; solo in casi sporadici oli di cannabis o fumo di cannabis.

Nel lavoro vi è una tabella completa che mostra sintomi principali, terapia ed esiti. Non vi sono stati decessi. La maggior parte dei decorsi si concludeva entro 24-48 ore o meno, e solo in 5 casi provenienti da una casistica italiana dei primi anni ’80 (Roma) il ricovero è durato 3-5 giorni, e sempre senza sequele.

Tra i sintomi più comuni si sono osservati letargia, atassia, ipotonia, midriasi, tachicardia ed ipoventilazione; tanto tipica è la presentazione che gli Autori consigliano in questi casi di partire subito a cercare la presenza di THC ed informarsi di una possibile esposizione, prima di altri interventi diagnostici anche più rischiosi ed invasivi.

In una minoranza di casi invece nella presentazione si riscontrava iperattività, irritabilità, agitazione parossistica ed anche convulsioni.

La pupilla tendeva ad essere in midriasi o media midriasi (il 9% circa miotico), il tono muscolare normale o ridotto (8% aumentato),

Laddove è stata valutata la scala del coma di Glasgow, i valori medi erano di circa 10, e comunque nella metà dei casi (interquartile range) compresi tra 7.75 e 12.25.

Dal punto di vista terapeutico, nella maggioranza dei casi è stata sufficiente l’osservazione. In certi casi si è proceduto a lavanda gastrica e/o somministrazione di carbone attivo, si è sostenuta la resporazione con ossigeno, si è somministrato midazolam o lorazepam nell’agitazione, e in certi casi si è dato anche naloxone e/o flumazenil, probabilmente come cocktail anticomatoso nell’incertezza dell’eziologia.

Il 18% dei casi è stato meritevole di invio in terapia intensiva, ed il 6% ha richiesto intubazione. Nell’11% l’iter ha compreso anche una puntura lombare, probabilmente vista l’incertezza diagnostica (meningiti).

Gli Autori rimarcano come la regolamentazione della cannabis possa in certi casi ridurre l’attenzione da parte delle persone che ne fanno uso per gli aspetti di sicurezza nei confronti dei bambini, anche perché tra gli effetti si possono riscontrare alterazioni della memoria e dell’attenzione.
Ciò pone in primo piano la questione delle procedure di prevenzione del rischio di intossicazioni accidentali, ed è giusto che ogni futura regolamentazione nel settore contempli anche obblighi relativi alla custodia dei prodotti, in confezioni a prova di bambino inserite entro contenitori chiudibili a chiave, sopraelevati, e possibilmente inamovibili.

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