Errori senza ritorno (in memoria di A.)

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Non ci uniremo al coro di quanti hanno rivelato il nome e pubblicato la foto di una ragazzina di 16 anni, morta tragicamente in concomitanza all’assunzione di ecstasy. Per noi è semplicemente A. E neppure al facile coro di coloro che puntano il dito sull’MDMA ed invitano a starne lontani, per non finire in quel modo e non perchè questo non sia giusto in linea teorica, ma molto semplicemente perchè non funziona. Non è per nulla efficace a prevenire altre morti.

Ogni decesso contiene una lezione e per moltissimi ragazzini la lezione non sarà quella che tutti si aspettano, ovvero ‘non la prenderemo più’. Probabilmente la grande maggioranza, se non quasi tutti, continuerà come prima. Allora la domanda è: quale può essere la ‘lezione’ per questi?

Comprendere le possibili cause di un decesso dalle sole notizie dei giornali (il più delle volte distorte ed inattendibili) e senza essere in possesso di evidenze cliniche e tossicologiche è operazione difficilissima, se non impossibile. Però, a leggere bene i tanti articoli pubblicati, si possono comunque valorizzare tre elementi, che possono tutti aver contribuito alla tragedia di A. Sempre che quanto riportato dai giornali corrisponda al vero.

MDMA in cristalli

Abbiamo appreso che lo ‘spacciatore’ era un altro minorenne e che ha ceduto ‘5 grammi di ecstasy’, quindi MDMA in cristalli e non in pastiglie. Non vi è ancora nessuna evidenza nota si trattasse di MDMA o di altra droga sintetica, ma assumendo fosse MDMA, come pubblicato dai giornali, questo può essere stato il primo problema, il sovradosaggio. Un sovradosaggio maldestro ed inconsapevole, perchè dosare una polvere senza un bilancino di precisione non è molto semplice, specie per dei ragazzini. In particolar modo se si tiene presente che in una ragazzina giovane e minuta, secondo farmacologia, i dosaggi dovrebbero essere bassi, fra gli 80 ed 100mg massimo e che dosaggi superiori a 120mg sono già troppo elevati.

Bilancino

Ad un rischio analogo sono esposti i consumatori a causa delle pastiglie ad alto dosaggio provenienti dall’Estremo Oriente. Quando una sostanza viene assunta per bocca, non se ne riescono a valutare gli effetti prima di 30-60 minuti e se è stata ingerita una dose eccessiva può essere ormai troppo tardi. Pertanto la prima lezione per coloro che non se ne vorranno astenere è che se non si conosce il contenuto esatto, è opportuno iniziare con un dosaggio basso: la dose può sempre essere aumentata successivamente, gli effetti tossici invece sono spesso irreversibili.

Alcohol e MDMA

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Un altro dato che sembra emergere dai giornali (sempre che quanto riportato sia rispondente al vero) è che i ragazzi avessero assunto contemporaneamente bevande alcoliche. L’alcol, è noto, aumenta la possibile tossicità cellulare di ecstasy, ancor più in caso di assunzione di una dose eccessiva. Pertanto, la seconda lezione per chi continuerà a non astenersene non può che essere che non bisognerebbe assumere MDMA se si è bevuto e se lo si fa comunque, bisognerebbe ridurre ulteriormente le dosi.

Ambulanza

Alcuni giornali, infine, hanno raccontato che i ragazzi hanno esitato a chiamare i soccorsi, non è chiaro per quanto tempo. Questo sicuramente ha complicato la situazione, perchè ha precluso qualsiasi forma di trattamento in urgenza ed in tempo utile. La tendenza a non chiamare i soccorsi è sempre più diffusa in Italia, in particolare da quando gli interventi per overdose vanno assumendo i connotati di un intervento di polizia, più che di un’emergenza sanitaria. Questo finisce con lo scoraggiare dal chiamare subito, per la paura delle conseguenze e quando lo si fa (perchè costretti dalla situazione) può essere ormai troppo tardi. In altri paesi come gli Stati Uniti, per favorire il soccorso, sono stati varati provvedimenti di Legge che garantiscono il non coinvolgimento delle indagini di quanti richiedano aiuto. Si chiamano Leggi del Buon Samaritano. In Italia l’atteggiamento attuale è l’opposto. Malgrado ciò ed i comprensibili timori per le conseguenze, non possiamo che suggerire di allertare prontamente i soccorsi, in ogni caso e comunque. Non fosse altro perchè le possibili conseguenze sul piano penale potrebbero essere assai peggiori. E questa è la terza lezione.

Poi è anche probabile che nel decesso della ragazza abbia giocato un ruolo anche l’ipersensibilità individuale, sempre possibile. Fatto sta che i comportamenti suggeriti possono ridurre il rischio anche in questo caso.

Fatte salve queste considerazioni, deve essere comunque assai chiaro che queste precauzioni possono ridurre sensibilmente i rischi, ma non potranno mai azzerarli completamente. Ed in questo le droghe non sono diverse dagli altri farmaci.

Chiediamo scusa ad A. ed alla sua famiglia per aver violato per un attimo la sua memoria, ma abbiamo la presunzione di credere che anche lei sarebbe felice se la sua giovane vita, interrotta troppo presto, potesse un giorno servire a salvare quella di qualcun’altro. In particolar modo qualcuna di quelli che non hanno intenzione di astenersene.

Guida all'uso più sicuro di MDMA

2 pensieri riguardo “Errori senza ritorno (in memoria di A.)

  1. Mariagrazia Fasoli ha detto:

    Purtroppo è difficile che chi lavora nella cosiddetta “prevenzione” si renda conto che continuare ad insistere sulla “salute” non serve a nulla (anzi di solito è controproducente) se ci si rivolge persone che adottano comportamenti che con l’obbiettivo salute non c’entrano niente. E’ come spiegare agli alpinisti che la montagna è pericolosa (in effetti sono stati 409 decessi nel 2015) o dire a Valentino Rossi che correre in moto aumenta il rischio di incidenti. Che lo sappiano o no, non gliene importa molto.

    1. Salvatore Giancane ha detto:

      Nutt ha dimostrato che il rischio di morte per gli assuntori di ecstasy è enormemente inferiore di quello di coloro che praticano equitazione. Sembra un paradosso, ma è così, dimostrato con i numeri. La differenza è che per l’equitazione la sicurezza viene insegnata e nessuno si sogna di affermare che la prevenzione si faccia dicendo ‘non andate a cavallo’. Per le droghe si ha la presunzione di pensare che il messaggio debba essere: “l’unico modo per stare sicuri è non farlo’. Messaggio che è anche vero, peccato che però non funzioni. Partendo dall’assunto che neanche uno che prenda ecstasy voglia poi morire, quando i consigli ed i suggerimenti sono dati senza moralismi, questi funzionano. E’ appurato anche questo. E se uno proprio non ci crede, almeno è il caso di provare, visto che l’efficacia dei messaggi che invitano all’astinenza è uguale a zero. Ci abbiamo provato venti anni fa, ma poi assessori, onorevoli, politici timidi, prelati, associazioni di genitori hanno puntato il dito dicendo che ‘incentivavamo l’uso’, senza avere uno straccio di prova. Oggi le prove ci sono ed è ormai chiaro che spiegare alle persone come fare per non morire non aumenta il consumo di droghe. Ma si continua ad essere privi di una politica di prevenzione terziaria, affidandoci ad una inesistente ed altrettanto inefficace (come dicono bene gli svizzeri) prevenzione primaria. Però, consentimi, fra quanti ritengono che non sia il caso di dare certe informazioni, ce ne sono tanti che hanno questa convinzione perchè nel profondo sono convinti che se ci lasciano le penne, ‘peggio per loro’. Che i danni ed i rischi debbano restare inalterati, a perenne monito di chi si vuole drogare. Non sto esagerando, una volta questo discorso in un dibattito cui partecipavo l’ha fatto addirittura un vescovo. Peraltro un esperto in bioetica. Ha sostenuto che “se noi riduciamo i danni da droghe, come facciamo poi a dire ai giovani di non prenderle?”. Ho avuto potenti conati di vomito e ho faticato per non spargere di botto il mio pranzo sul tavolo dei relatori. Ma monsignore era proprio convinto. Convinto e severo. E strappava anche tanti applausi ai politici ‘progressisti’ presenti in sala. Siamo un Paese arretrato e per molti versi anche incivile. Bacchettone e manicheo. Siamo moralisti ed incapaci di cogliere qualsiasi sfumatura oltre al bianco ed al nero. Per nulla pragmatici

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