Il trattamento farmacologico dell’eroinomane gravida

E’ noto da decenni come l’assunzione di eroina da parte di una donna gravida comporti un grande  rischio per la vita e la salute del feto.[1],[2]

La gravidanza in una donne eroinomane non è un evento infrequente e, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere, l’aborto non è molto praticato. Molte donne eroinomani vogliono tenere il loro bambino, a volte nella speranza che questo possa aiutarle a superare la loro condizione o come gesto di vita in un percorso di morte. La gravidanza in una donna eroinomane può fare emergere un senso materno, che allontana dall’eroina e induce a prendersi cura di sé e del bambino. Essa, quindi, costituisce spesso l’occasione per avviare un percorso di cura e di riabilitazione.

La gravidanza in una donna eroinomane costituisce un’emergenza. La dipendenza dall’eroina durante la gestazione può provocare un ritardo della crescita intrauterina, il parto prematuro ed in qualche caso la morte del feto.[3], [4] La comparsa dell’astinenza nella madre, comporta la stessa condizione per il nascituro, nonché una vasocostrizione placentare con insufficiente circolazione ed ossigenazione del feto e quindi rischio di aborto spontaneo.[5]  A questo ciò si aggiunga la scarsa cura di sé della madre (cattiva igiene e insufficiente alimentazione) e la possibilità che contragga malattie infettive, che possono essere trasmesse al nascituro.

Il feto, durante la gravidanza, va protetto sia dagli effetti dell’eroina, che da quelli dell’astinenza, nonché dallo stile di vita della madre e dai possibili comportamenti a rischio, legati all’assunzione della sostanza.

La disintossicazione di una donna eroinomane gravida con farmaci sintomatici espone il feto ad un rischio elevatissimo. Praticamente ormai tutti, anche le comunità terapeutiche più rigide ed ideologiche, hanno preso atto del fatto che una eroinomane gravida non possa essere disintossicata e richieda l’instaurazione immediata di un trattamento con farmaci oppioidi.

Loretta FinneganIl merito di aver rivoluzionato il trattamento lo si deve a Loretta Finnegan, una neonatologa americana che ha cambiato il destino dei bambini nati da donne eroinomani, tanto da essere insignita di una lunghissima serie di premi e riconoscimenti. In un’intervista, la Finnegan racconta che, nel 1969, quando era un giovane medico, venne chiamata in sala parto per assistere una neonata prematura che, oltre al peso ridotto, presentava convulsioni e gravi difficoltà respiratorie. Le condizioni della bimba erano gravi e la diagnosi difficile. La Finnegan era cresciuta in un piccolo centro e non aveva mai incontrato un eroinomane, ma si ricordò di un insegnante che, fra le altre possibili cause di convulsioni in un neonato, aveva elencato la possibilità fossero dovute alla sindrome di astinenza per la dipendenza da eroina della madre. La Finnegan, dopo aver stabilizzato la prematura, cercò la madre, ma scoprì che questa aveva abbandonato l’ospedale, per farsi una pera. Chiese allora di essere avvisata se si fosse ripresentata e questo avvenne solo sei settimane più tardi. La Finnegan redarguì la madre come fa normalmente un medico, dicendole che aveva fatto male alla bimba e lo stava facendo a se stessa e che avrebbe dovuto smettere di prendere quella robaccia. La madre si disse d’accordo e giurò che avrebbe smesso, ma per due mesi si presentò in ospedale sempre sotto l’effetto dell’eroina. La giovane dottoressa non aveva alcuna esperienza di cura della dipendenza, né l’aveva studiata all’Università, ma si ricordò che poco distante c’era un ambulatorio per la cura degli eroinomani. Qui apprese dell’esistenza del trattamento con metadone (allora agli albori) e chiese al responsabile del centro “Pensi che questo farmaco possa essere utilizzato in una donna gravida?”. La risposta fu “Perché no?”.

In questo modo è iniziata la ricerca della Finnegan sull’utilizzo del metadone nelle eroinomani gravide, che ha rivoluzionato l’approccio alla cura della donna dipendente da eroina e del suo bambino e che ebbe come primo effetto, quello di ridurre il rischio di parto prematuro in una donna eroinomane dal 48% alla stessa percentuale delle altre donne.

Nella tabella è riportata l’evoluzione del pensiero sull’eroinomane gravida, merito della rivoluzione avviata da Loretta Finnegan.

 

Approccio alla donna eroinomane gravida[6]

1972

1997

·                 La donna eroinomane dovrebbe essere disintossicata prima di partorire.

·                Se non vi è abbastanza tempo per effettuare la disintossicazione prima del parto, la donna dovrebbe essere mantenuta ad oppioidi durante il travaglio, per essere disintossicata subito dopo aver partorito

La donna dovrebbe essere trattata con metadone a mantenimento, perché è il modo migliore per ridurre l’uso di droghe illegali a breve durata d’azione.

·                 Rimuove dall’ambiente e dalla ricerca della droga

·                 Previene la fluttuazione dei livelli dell’eroina durante il giorno

·                 Migliora lo stato di nutrizione della madre

·                 Aumenta le probabilità di cure neonatali

·                 Aumenta la capacità della donna di prepararsi per la nascita del bambino

·                 Riduce il rischio di complicazioni ostetriche

·                 Offre alla donna l’opportunità di proseguire la stabilizzazione e la cura oltre la gravidanza

 

L’unico farmaco utilizzato, fino a pochi anni orsono, è stato il metadone. Il metadone non causa malformazioni al feto e questo era chiaro più di 40 anni orsono.[7] Da alcuni anni, però, esistono anche evidenze confortanti sull’utilizzo della buprenorfina,[8] anche se la letteratura in proposito è notevolmente inferiore a quella disponibile per il metadone.

Entrambi i farmaci offrono vantaggi e svantaggi. Dalla parte del metadone vi è una più lunga e consolidata letteratura, la mancanza di conseguenze per il bambino (verificata in 40 anni di utilizzo) e la possibilità di iniziare subito il trattamento, senza esporre la madre ed il feto alla fase iniziale dell’astinenza, come richiesto dalla buprenorfina. Il metadone, inoltre, ha un effetto migliore sul craving. Gli svantaggi del metadone sono nei tempi maggiori di ospedalizzazione del bambino e nella quantità di morfina necessaria per la sua disintossicazione.

L’interruzione del trattamento con metadone durante la gravidanza non andrebbe effettuato: l’eventuale astinenza, infatti, può favorire l’aborto durante il primo trimestre e il parto prematuro nel terzo. Secondo i dati della letteratura internazionale, inoltre, le gravidanze in cui la madre continua il trattamento fino al parto hanno un esito migliore.[9]

 

Alla luce dei dati disponibili , è ragionevole comportarsi a questo modo.

LA SCELTA DEL FARMACO OPPIOIDE  NELL’EROINOMANE GRAVIDA

Donna eroinomane non in trattamento farmacologico Instaurazione immediata del trattamento farmacologico con metadone
Donna eroinomane in trattamento con metadone Continua il trattamento con metadone
Donna eroinomane in trattamento con buprenorfina Continua il trattamento con buprenorfina

 

Se la donna non è in trattamento è conveniente per il feto instaurare una terapia con metadone e non con buprenorfina, perché questa richiederebbe che la madre (e anche il feto) sviluppasse i primi sintomi di astinenza prima di assumere il farmaco o, peggio, potrebbero svilupparne una più grave a causa della sua assunzione. Se la madre è in terapia con metadone, invece, proseguirà il suo trattamento e lo stesso potrà fare con la buprenorfina, alla luce delle ultime evidenze. Va però precisato che con la buprenorfina non vi è la lunghissima esperienza accumulata col metadone e la madre di questo andrebbe sempre informata e andrebbe tenuto conto del suo parere.

Il dosaggio degli oppioidi andrebbe aumentato durante la gestazione, [10] a causa della crescita del feto e del liquido amniotico, che sottraggono una quota sempre maggiore di farmaco alla madre.

Il bambino, alla nascita, presenta un peso corporeo ridotto ed i sintomi dell’astinenza da oppioidi, sia in quelle che assumevano metadone che buprenorfina.[11] Il peso diventa normale dopo 3-4 settimane e l’astinenza viene trattata con morfina per bocca (o con gocce di laudano) riducendo progressivamente i dosaggi. Non vi è ragione di esporre il neonato all’astinenza né ad altri farmaci diversi dagli oppioidi, perché questa scelta contiene rischi maggiori a quelli dovuti all’utilizzo della morfina a scalare.

I giorni di ospedalizzazione sono maggiori per il metadone rispetto alla buprenorfina, a causa dei tempi richiesti dalla disintossicazione.[12]

In ogni caso lo sviluppo successivo dei bambini è normale e questi non mostrano differenze significative rispetto ai loro coetanei.

La grande utilità dell’utilizzo dei farmaci oppioidi in gravidanza è ulteriore elemento di prova dell’utilità del trattamento farmacologico nella cura della dipendenza da eroina.

 

[1] R.A. Bashore, J.S.Ketchum, K.J. Staisch, Cynthia T. Barrett, Emery G. Zimmermann Heroin Addiction and Pregnancy, West J Med, 1981; 134(6):506–514.

[2] Hutchings DE Methadone and heroin during pregnancy: a review of behavioral effects in human and animal offspring, Neurobeh Toxicol Ter, 1982; 4(4):429-434

[3] Hulse G, Milne E, English D, Holman C. The relationship between maternal use of heroin and methadone and infant birth weight. Addiction. 1997; 92(11):1571–1579

[4] Alroomi L, Davidson J, Evans T, Galea P, Howat R. Maternal narcotic abuse and the newborn. Arch Dis Child. 1988;63(1):81

[5] The American College of Obstetricians and Gynecologists, Opioid Abuse, Dependence, and Addiction in Pregnancy http://www.acog.org/Resources_And_Publications/Committee_Opinions/Committee_on_Health_Care_for_Underserved_Women/Opioid_Abuse_Dependence_and_Addiction_in_Pregnancy

[6] da Lowinson e coll: Substance Abuse, Williams and Wilkins, Baltimore, 1992. Finnegan LP and Kendall SR: Maternal and neonatal effects of alcohol and drugs, 628-56

[7] Janet K. Markham, J.L. Emmerson N.V. Owen Teratogenicity Studies of Methadone HCl in Rats and Rabbits Nature, 1971; 233:342-343

[8] Hendrée E. Jones, Karol Kaltenbach, Sarah H. Heil, Susan M. Stine, Mara G. Coyle, Amelia M. Arria, Kevin E. O’Grady, Peter Selby, Peter R. Martin, and Gabriele Fischer. Neonatal Abstinence Syndrome after Methadone or Buprenorphine Exposure. N Engl J Med, 2010; 363:2320-2331

[9] Peles E, Schreiber S, Bloch M, Dollberg S, Adelson Duration of methadone maintenance treatment during pregnancy and pregnancy outcome parameters in women with opiate addiction. M. J Addict Med, 2012; 6(1):18-23

[10] Albright B, de la Torre L, Skipper B, Price S, Abbott P, Rayburn W. Changes in methadone maintenance therapy during and after pregnancy. J Subst Abuse Treat. 2011; 41(4):347-53

[11] Ingunn O Lund, Heather Fitzsimons, Michelle Tuten, Margaret S Chisolm, Kevin E O’Grady, Hendrée E Jones. Comparing methadone and buprenorphine maintenance with methadone-assisted withdrawal for the treatment of opioid dependence during pregnancy: maternal and neonatal outcomes. Substance Abuse and Rehabilitation,  2012; 3(Suppl 1):17–25

[12] Jones HE, Johnson RE, Jasinski DR, O’Grady KE, Chisholm CA, Choo RE, Crocetti M, Dudas R, Harrow C, Huestis MA, Jansson LM, Lantz M, Lester BM, Milio L. Buprenorphine versus methadone in the treatment of pregnant opioid-dependent patients: effects on the neonatal abstinence syndrome. Drug Alcohol Depend. 2005; 79(1):1-10.

Lascia un commento