Nature: “Sappiamo troppo poco degli effetti della Cannabis sul cervello”

Ad integrazione delle tre interessanti reviews sulla Cannabis segnalate da Ernesto DE BERNARDIS, ne aggiungo un’altra pubblicata sulla rivista internazionale NATURE (Volume 539 del 17 Novembre 2016) firmata da quattro autorevoli scienziati: Michael A. P. Bloomfield, Abhishekh H. Ashok, Nora D. Volkow e Oliver D. Howes dal titolo “The effects of Δ9-tetrahydrocannabinol on the dopamine system” (a richiesta posso inviare il pdf).

The effects of Δ9-tetrahydrocannabinol on the dopamine system

La Cannabis è la sostanza d’abuso illegale più coltivata, trafficata e consumata al mondo. Ha un giro d’affari miliardario e, stando ai dati dell’OMS, oltre 147 milioni di consumatori: circa il 2,5 percento della popolazione mondiale. Come dimostra inoltre la cronaca recente degli Stati Uniti, il trend globale punta sempre più spesso alla legalizzazione, sia a scopo terapeutico che ricreativo. Per questo motivo, molti scienziati ritengono fondamentale conoscere più a fondo gli effetti della cannabis sulla salute, e la psiche, dei consumatori.

Un argomento più che mai attuale, a cui non a caso è dedicata l’ultima copertina della rivista Nature, che ha deciso di pubblicare un’ampia rassegna degli studi scientifici disponibili riguardo agi effetti della cannabis sulla salute mentale. E la conclusione dei suoi autori è che sappiamo ancora troppo poco sugli effetti a lungo termine di questa sostanza.

Secondo i quattro esperti dell’Imperial College di Londra e del National Institutes of Health americano che hanno firmato l’articolo, oggi più di metà dei giovani statunitensi avrebbe provato almeno una volta la sostanza nella propria vita, e in Europa la cannabis avrebbe ormai scavalcato l’eroina come droga più utilizzata tra chi si rivolge a programmi di disintossicazione. Sempre più indizi inoltre dimostrerebbero uno stretto legame tra il consumo della sostanza e un maggior rischio di sviluppare dipendenza, soffrire di depressione, psicosi e tendenze suicide.

In questo senso, è bene forse ricordarlo, sembra esserci una certa discordanza all’interno della comunità scientifica. Una ricerca pubblicata negli scorsi giorni sulla rivista Clinical Psychology Review indica ad esempio la possibilità che il consumo di cannabis può avere effetti positivi sui sintomi di alcune specifiche patologie mentali, in particolare la depressione, il disturbo d’ansia e il disturbo da stress post traumatico.

A prescindere da queste divergenze, i ricercatori sembrano concordare comunque sulla necessità di approfondire gli effetti a lungo termine del consumo di cannabis. In particolare in vista del numero sempre maggiore di persone che consumerà legalmente questa sostanza, e dei livelli sempre più alti di principio attivo contenuti nelle preparazioni che raggiungono il pubblico. “C’è urgenza di comprendere meglio gli effetti della cannabis sul cervello, per fornire ai legislatori ma anche ai cittadini, le informazioni necessarie per prendere decisioni ben ponderate”, spiega Oliver Howes, psichiatra dell’Imperial College di Londra che ha coordinato l’analisi pubblicata su Nature. “Se si dovesse scoprire che il consumo è dannoso, è bene saperlo il prima possibile, prima che il problema riguardi un numero maggiore di persone”.

Nella loro analisi, i ricercatori guidati da Howes si sono concentrati sugli effetti fisiologici del THC, il principio attivo contenuto nella cannabis. Le ricerche effettuate fino ad oggi, spiegano gli esperti, dimostrerebbero che questa molecola è in grado di alterare il funzionamento dei circuiti cerebrali che sfruttano la dopamina, un neurotrasmettitore che regola i sistemi di ricompensa cerebrale e l’umore. “I sistemi dopaminergici hanno un ruolo centrale nell’apprendimento e nella motivazione – sottolinea Howes – i nostri risultati dimostrano che il consumo di cannabis è collegato a una desensibilizzazione di questi sistemi cerebrali, e in questo senso la cannabis ha effetti simili alla cocaina e alle anfetamine, anche se probabilmente molto meno acuti”.

Gli studi disponibili, insomma, dimostrerebbero che la cannabis ha il potenziale per produrre alterazioni significative, e a lungo termine, nei sistemi dopaminergici del cervello, che potrebbero a loro volta produrre disturbi cognitivi e psicologici di vario tipo. Ad oggi, ammettono i ricercatori, si tratta però ancora di ipotesi: gli indizi derivano da ricerche svolte su animali, e per periodi troppo brevi per poter svelare gli effetti a lungo termine della sostanza sul cervello umano.

Per questo motivo, Howes e colleghi sottolineano la necessità di approfondire in tempi brevi le ricerche in questo campo: se comprendessimo con previsione i cambiamenti indotti dal THC nel cervello sarebbe infatti possibile sviluppare terapie e trattamenti con cui proteggerlo dai possibili effetti nocivi della sostanza. Simili strategie, aggiunge il ricercatore, sarebbero particolarmente importanti per difendere gli individui che entrano in contatto con la sostanza in un periodo in cui il cervello è ancora in formazione: adolescenti, ma anche figli di donne che consumano cannabis nel corso della gravidanza.

2 pensieri riguardo “Nature: “Sappiamo troppo poco degli effetti della Cannabis sul cervello”

  1. debernardis ha detto:

    Ho aggiunto il link all’articolo originale.

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