Il sistema di allerta inutile

Spice

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Oggi, come molti operatori SerT, ho ricevuto un allerta di grado 3 riguardante 5 decessi avvenuti in Germania associati all’uso di una NPS (Nuova Sostanza Psicoattiva). Ho subito pensato che sarebbe stato utile pubblicare la notizia e che questo poteva servire a mettere in guardia quella fitta schiera di consumatori che si approvvigiona di ‘research chemicals’ su internet.  Mi sono però dovuto fermare di fronte ad una dicitura, riportata in alto in maiuscolo, in grassetto e per di più sottolineata: “VIETATE LA DIVULGAZIONE E LA PUBBLICAZIONE SU WEB”.

Sono rimasto di stucco: in pratica, come tecnico, mi sono trovato in possesso di un’informazione preziosa ai fini della prevenzione, ma con il divieto di utilizzarla a questo fine. Sinceramente non riesco a trovare una sola spiegazione razionale e convincente per questa scelta e, per quanto l’abbia cercata, non l’ho neanche trovata sul sito internet di riferimento.

Perché fosse vietata la divulgazione non è l’unica domanda che mi sono fatto. Mi sono anche chiesto se questa fosse una scelta nazionale o se vi fossero indicazioni precise in questo senso da parte di Bruxelles o dell’EMCDDA. Non sono domande da poco, perché questa scelta finisce per depotenziare il valore di queste  informazioni, restringendole al campo degli addetti ai lavori e rendendole praticamente INUTILI (il maiuscolo è voluto) in termini di prevenzione.

L’Italia non ha un sistema di controllo di qualità delle sostanze d’abuso, a differenza di altri paesi europei (se si esclude un recente progetto attivo in Piemonte, ancora in gran parte in fase sperimentale). A questa grave mancanza si aggiunge un atteggiamento (che non ho problemi a definire ottuso) che lascia i consumatori da soli, esposti a rischio, mentre i ‘detentori della scienza’ si rigirano informazioni di cui se ne fanno poco. A cosa servono queste informazioni se non mettono in guardia nessuno? Forse qualcuno pensa che è inutile diffonderle, che dobbiamo genericamente suggerire di ‘non drogarsi mai’. Certo, questo comportamento mette al riparo da qualsiasi rischio, ma è un suggerimento che, come i dati dimostrano in modo sempre più drammatico, è praticamente inascoltato.

Cercando maggiori informazioni in rete, ho trovato un articolo di Valentina Avon, che già tre anni orsono evidenziava questa palese contraddizione .“Una piccola recente storia racconta bene come siano strutturate la comunicazione e le politiche dal Dipartimento, che ha istituito con grande clamore il portale del Progetto Sistema di Allerta Precoce e Risposta Rapida per le Droghe (www.allertadroga.it anche questo realizzato dal Dipartimento di Verona), dove gli operatori (sanità, polizia) e gli stessi consumatori di sostanze possono segnalare la presenza “su piazza” di sostanze nuove e/o pericolose. Notizie che vengono elaborate dal Dpa che poi a sua volta manda un’allerta agli operatori sanitari. Ma non ai giornalisti, e neppure a associazioni che fanno prevenzione e riduzione del danno sul territorio (con mandato istituzionale). E nelle allerte è specificato per prima cosa che sono “vietate la pubblicazione e le divulgazione sul web”: infatti non circolano, mai.”

[EDIT 3-3-2017 scopriamo in data odierna che il sito internet allertadroga.it non appartiene più dal 25-12-2016 al governo italiano, ma è stato rilevato da un privato cittadino che vi ha messo su un suo blog su questioni legate alle dipendenze patologiche. Per questo abbiamo tolto l’operatività ai relativi link. 
Lasciamo comunque qui l’articolo del nostro blog per ragioni di documentazione – per meglio capire quelli che riteniamo essere seri problemi del sistema nazionale di allerta precoce].

Così, se negli altri paesi europei è possibile far sottoporre ad analisi chimico-fisico dettagliata qualsiasi sostanza illegale ed in Italia no, si aggiunge la beffa che anche i dati provenienti da sistema di allarme europeo non si possono diffondere. Non so quanto costi il progetto, ma fatto così il suo rapporto costi/benefici diventa assai sfavorevole, perché si tratta di notizie relativamente utili per gli addetti ai lavori, la cui mancata diffusione però espone colpevolmente a rischio milioni di consumatori di droghe illegali in Italia. E’ un giudizio severo, ma terribilmente concreto e reale.

Aspetto risposte veramente convincenti (e scientificamente documentate) dai responsabili italiani del progetto.